martedì 31 maggio 2011

Napoli anno zero


Questo post, una volta tanto, non è polemico nè satirico; è, da una parte, una celebrazione della straordinaria vittoria elettorale di Luigi De Magistris al ballottaggio per la poltrona di sindaco di Napoli, e dall'altra un contenitore di personalissime considerazioni su questo evento che possiamo tranquillamente definire epocale.
Ieri pomeriggio Napoli ha stupito tutti gli osservatori, e probabilmente anche sè stessa, eleggendo il candidato palesemente più pulito con un margine di vantaggio straordinario sul suo rivale. Possiamo dire finalmente non solo che a Napoli esiste altro dal malaffare, dalla criminalità, dal compromesso; ieri Napoli ha dimostrato di essere fatta soprattutto di brave persone (espressione che dobbiamo imparare a usare senza timore di cadere nella retorica). Per una città come la mia, non è poco.
Mentre alcuni sostenitori di Lettieri dimostravano ancora una volta chi era il loro candidato, aggredendo a colpi di casco alcuni simpatizzanti di De Magistris nei pressi del loro comitato elettorale, i numeri sancivano l'ingresso della città di Napoli nella società occidentale contemporanea. Cari amici, siete sulla buona strada, dovete solo imparare un po' di inglese e mettervi in testa che quando si dice "ci vediamo alle cinque" nei paesi normali significa "ci vediamo alle cinque", non alle cinque e un quarto. Ma io ho fiducia nel mio nuovo sindaco, e lo ritengo capace finanche di trasformarvi (io, in quanto essenzialmente britannico in ogni mia manifestazione, mi dissocio da voi) in gente produttiva, e tenervi lontani da bar e caffetterie durante l'orario di lavoro.
Al di là delle facezie, è proprio questa la sfida che si troverà ad affrontare chiunque voglia cambiare Napoli per il meglio: passare dall'arte di arrangiarsi, quell'atteggiamento culturale proprio di un popolo impossibilitato a migliorare le proprie sorti, e quindi incentivato solo a limitare i danni e rendere più sopportabile la propria soggezione, a una sana ambizione di progresso economico, certo, ma anche e soprattutto morale e sociale.

 Un napoletano dei Quartieri Spagnoli dopo la cura De Magistris

Adesso proviamo ad ampliare un attimo il campo visivo. Intanto ricordiamo che una scelta analoga a quella dei napoletani è stata fatta dai milanesi e dai cagliaritani;  facendo un ulteriore salto all'indietro di prospettiva, dobbiamo guardare alla Spagna, agli Indignados, a tutte quelle persone, soprattutto giovani, che occupano la Plaza de Catalunya, a Barcellona, nonostante le ripetute cariche della non democraticissima polizia spagnola. Era ovvio che le varie cariatidi del centro-sinistra si affrettassero qui da noi a catapultarsi in TV a rivendicare questa vittoria; cavalcare il sentimento popolare costituisce l'unica base del consenso per il PD (e prima di esso l'ex PCI, con le sue varie denominazioni), e può addirittura essere un'occasione per scongelare personaggi inquietanti, dai quali ci credevamo ormai liberi, ma che evidentemente, come nella migliore tradizione dei film di zombie, continueranno a tornare fin quando qualcuno non gli farà saltare la testa (calmi, è una battuta innocente, non torneranno gli anni di piombo, quelli no). Ieri sera credo di aver visto in un programma di "approfondimento" politico Paolo Cirino Pomicino; vero è che avevo festeggiato la vittoria di De Magistris con una buona quantità di birre, dunque voglio coltivare l'illusione che la memoria mi stia giocando uno scherzo di cattivo gusto. Questi sigjnori mi fanno pensare a quel film con Kevin Costner, quello in cui lui parla con i fantasmi dei giocatori di baseball. "Se lo costrusci, verranno". Il successo elettorale di De Magistris, Pisapia e Zedda è il metaforico campo di baseball che attrae in gran numero i fantasmi della vetero-politica. Ma questa, cari signori, non è la vostra partita. Questo è un segnale lanciato forte e chiaro dal popolo italiano (popolo, un'altra parola che non dobbiamo avere paura di usare), e con altre modalità da quello spagnolo, che si traduce così: "Vogliamo contare". Non era questione di centro-destra e centro-sinistra, come dimostra chiaramente il fiasco elettorale di Mario Morcone. Ad entrare in crisi è stato un modo di fare politica che non definirei nemmeno antidemocratico, ma addirittura indifferente al concetto di democrazia. Questa tornata elettorale, per una volta, l'abbiamo vinta noi, gli elettori. Il popolo. Il popolo sovrano.

Paolo Cirino Pomicino, fotografato dopo una lunga sessione di make-up, per eliminare ogni traccia della sua condizione di non-morto.

E allora adesso che succede? Per tornare a Napoli, i più scettici sostengono con ferma convinzione che Giggino la Manetta non riuscirà a cambiare proprio niente. A volte, come in questo caso, ho l'impressione che certe persone trovino una sorta di perverso conforto nella sfiducia. Forse traggono dall'avverarsi delle loro profezie di sventura un rassicurante senso di continuità, chissà...
Io dico che questo aspetto è addirittura secondario: quali che siano i risultati raggiunti dal nostro nuovo sindaco, quel che conta è che noi l'abbiamo eletto. Dobbiamo smettere di pensare alla cosa pubblica come a qualcosa da occupare e saccheggiare, con il nostro ruolo che si limita a poter scegliere da chi farci depredare; i nostri amministratori devono essere persone che ci rappresentino TUTTI, che facciano l'interesse comune nel modo che ritengono più giusto; e dunque, se sbagliano, devono farlo comunque in buona fede. Forse Luigi De Magistris non riuscirà a vincere la partita contro secoli di malamministrazione e disprezzo del popolo napoletano da parte dei suoi governanti. Ma almeno, e su questo potete fidarvi, la partita non se la venderà.

lunedì 16 maggio 2011

Il prezzo della vittoria

 Lo sguardo di Walter sembra scrutare un futuro nebbioso...
 
Ebbene, finalmente il Napoli ha conquistato la matematica certezza del terzo posto, e dunque dell'accesso diretto alla competizione europea per club più prestigiosa. Possiamo allora trarre le somme di una stagione che neanche una eventuale sconfitta contro la Juventus nell'ultima gionata di campionato rischierebbe di macchiare. Gli azzurri sono stati protagonisti di un'annata straordinaria, considerato l'organico non stratosferico e la deludente campagna acquisti dell'estate scorsa. Da ieri sera il Napoli è entrato di prepotenza nel salotto buono del calcio europeo, un po' come il proverbiale zappatore, e senza cercare permesso si accinge a ballare sulle note dell'inno ufficiale della Champions League.

Una fitta nube incombe però sul futuro di questa nostra amata squadra, dispensatrice di emozioni e cardiopatie: l'incapacità di intendere e di volere del nostro presidente, Aurelio Mac Laurentiis. Analizziamo il suo comportamento ieri sera, al termine della partita. Prima l'abbiamo visto incedere con il passo lento e cadenzato del pavone per il terreno di gioco, tutto impettito e fiero, come se quello che si è fatto un culo così, settimana dopo settimana, fosse stato lui. Poi ha chiesto un microfono, per dare inizio a un indegno spettacolo di caudillismo. Nemmeno il Perón dei giorni migliori riusciva a essere così populista. In più, come al solito, dalle sue labbra sono uscite una serie di frasi incomprensibili (come quando ha lodato i tifosi per la loro "professionalità"?!?!?), di quelle che mi spingono a paragonare i discorsi del cazzaro di Cinecittà a una indigestione da peperoni. Ma questo è ormai una routine a cui siamo abituati. Ciò che deve preoccuparci è che lui e Mazzarri non hanno festeggiato insieme, anche se bisogna ammettere il fair play del presidente nel ringraziare il suo allenatore. Insomma, il divorzio fra il Napoli e il tecnico che l'ha trasformato in una bella favola sembra adesso ancora più probabile.

Ci fu una mezza rivoluzione a Napoli l'estate scorsa, quando Quagliarella fu ceduto alla Juventus. Devo dire che quella reazione mi parve esagerata, di fronte all'addio di un giocatore che, diciamoci la verità, aveva piuttosto deluso in maglia azzurra. Se tanto mi dà tanto, l'addio di Mazzarri dovrebbe scatenare una sommossa da far impallidire quella del 1799. Dovremmo prendere d'assalto Castel Sant'Elmo, e da lì cannoneggiare casa del cazzaro maledetto, fino a quando costui non si arrendesse al popolo sovrano e cedesse tutte le sue ricchezze (frutto di orrendi misfatti cinematografici) alla santa causa del Napoli, per fare una squadra finalmente degna di questa città. Perchè, incidentalmente, nessuno deve avere il minimo dubbio sul fatto che questi ragazzi si siano superati, e che un'altra stagione così la potremo fare solo se ci rafforziamo considerevolmente .

Sapete, io provo un certo fastidio quando mi si dice che il Napoli non sarà mai all'altezza di Milan, Inter o Juve. Volete sapere perchè? Perchè questo giudizio implica la minorità della nostra città rispetto a Milano o Torino. Questa, cari amici, è una città che vive di calcio e poco più. Questa è una città che è già stata nell'Olimpo del calcio italiano, riuscendo a vincere due scudetti proprio negli anni in cui Berlusconi cercava di fare grande il suo Milan, senza badare a spese, ma anzi regalando ai suoi tifosi campioni del calibro di Van Basten, Gullit e compagnia bella. Non siamo diversamente abili: quando ci mettiamo d'impegno, siamo capaci di fare grandi cose. Abbiamo però un grosso limite: ci crediamo molto, ma molto più furbi di quello che siamo in realtà. Quanti napoletani hanno abboccato alle cazzate di Mac Laurentiis sul fair play finanziario e sulla politica dei piccoli passi? Sono ovviamente mastodontiche stronzate, come risulta evidente a chiunque abbia un'istruzione superiore e un quoziente intellettivo appena adeguato. Tutte le grandi squadre vanno sotto col bilancio, e anche il Napoli dovrà farlo, se vuole essere una grande squadra. L'alternativa è emulare quelle compagini di centro classifica che lanciano giovani sconosciuti per poi rivenderli a società più danarose quando le loro quotazioni sono salite a sufficienza. Ma io sono un cittadino di Napoli, non di Udine. Non ho un lavoro decente, e non l'ho mai avuto (forse mai lo avrò); i miei amministratori locali sono tradizionalmente dei ribaldi senza pari; la mattina, quando esco di casa, devo farmi largo con grande fatica fra catene montuose di rifiuti; e allora quando arriva la domenica mi voglio arricreare.

Si dice che Walter Mazzarri sia molto vicino alla Juventus, e che comunque Mac Laurentiis non gli darà le garanzie tecniche necessarie per restare. Vedremo. E rendiamoci conto che da questo si vedrà quanto vale il cazzaro come presidente. Perchè il calcio è una strana industria: un'industria in cui chi vince, perde. E chi non vuole perdere, non vince. Al massimo gioca a fare l'imperatore di fronte alla plebe incolta e ottusa.

 La plebe incolta e ottusa ascolta il cazzaro di turno