sabato 2 luglio 2011

La morale dell'ostrica: da Padron 'Ntoni ad Aurelio McLaurentiis

Giovanni Verga; di lui ci si chiede se siano più notevoli le sue opere letterarie o i suoi baffi.
 
Ne ho subite di angherie, nella vita. Una di queste è stata la lettura forzata de I Malavoglia in un'epoca della mia vita difficile di per sé come l'adolescenza, in cui avrei avuto bisogno di qualche motivo di ottimismo; e invece giù con la morale dell'ostrica, la futilità di qualsiasi tentativo di migliorare, il pessimismo eletto ad aurea regola di vita. Si dice che Giovanni Verga abbia scritto il succitato romanzo per descrivere e denunciare le condizioni di sfiducia e abbandono in cui la versava la sua Sicilia nel tardo Ottocento. Ne siamo proprio sicuri? Possiamo, in tutta onestà, escludere l'esistenza di un impulso sadico, di una insana aspirazione a trasformarsi in uno degli aguzzini della prima giovinezza di milioni di italiani? Il povero diciassettenne, già colpito da acne, episodi di bullismo e dubbi sulla propria identità sessuale, doveva per giunta sorbirsi le disavventure di questi rustici pescatori, i loro amori di cattivo gusto e il sapere cristallizzato e apodittico che Padron 'Ntoni sciorinava con i suoi stramaledettissimi proverbi ogniqualvolta aprisse bocca. Ma i diciassettenni dovrebbero leggere Oscar Wilde, altro che Verga. Già ci è capitata la disgrazia di nascere in Italia, perchè volete infierire?

Tutto questo, però, non è che un preambolo, sul quale mi sono evidentemente soffermato più del dovuto. Il punto è che la morale dell'ostrica non è esclusivo appannaggio dei nostri amici di Aci Trezza, ma pervade buona parte della società italiana. Su questo il buon Verga ci aveva visto giusto. Prendiamo ad esempio il caso della Società Sportiva Calcio Napoli: negli ultimi anni, quando è diventato sempre più evidente che eravamo finiti nelle mani di un presidente poco avventuroso, per usare un eufemismo, molti dei tifosi azzurri si sono trasformati in tanti piccoli Padron 'Ntoni, e sostengono con convinzione la politica "dei piccoli passi" del loro intellettuale di riferimento.

Aurelio McLaurentiis, intellettuale di riferimento di Bastianazzo e del compare Alfio
 
Costui, lungi dall'essere il vivace innovatore per cui vorrebbe farsi passare, pensa per piani quinquennali come Stalin e parla di gestione aziendale come lo farebbe un qualsiasi pavido gesuita. E i tifosi abboccano. Oggi chi deve sostenere un esame di economia aziendale non ha bisogno di aprire un libro; basta assistere a una qualunque discussione fra tifosi del Napoli. Improvvisamente, la maggior parte di questi è diventata espertissima di quadratura dei bilanci, plusvalenze e, soprattutto, fair play finanziario. Quando si fa notare a queste persone quello che a me risulta evidente, ovvero che la politica di McLaurentiis è tale da precluderci la possibilità di aprire un ciclo vincente,  ti rispondono che non si può fare altrimenti, pena un nuovo fallimento. La morale dell'ostrica. Ma l'Inter, il Milan, la Roma, finanche la Juventus, che è ormai una squadra da centro classifica, spendono tutte più di noi per gli ingaggi. Perchè noi no? Perchè se no torniamo in Serie C. Così sentenzia Padron 'Ntoni.

Ma quello che più mi allibisce, mi perplime e mi scombussola, è ciò che questi tifosi rispondono quando fai loro notare che negli anni '80 il Napoli è stata una delle corazzate del calcio italiano: "Sì, e poi siamo andati in serie B e successivamente siamo falliti..."
Mi fate capire, di grazia, quale sarebbe il nesso fra il ciclo vincente del Napoli di Maradona e il declino successivo alla sua dipartita (declino peraltro graduale)? Avremmo forse commesso un peccato di ὕβρις nel vincere qualcosa anche noi, interrompendo decenni di bulimia sull'asse Torino-Milano? Gli dei ci hanno punito con il fallimento per aver osato vincere quello scudetto che faceva addirittura strano vedere cucito su una maglia a tinta unita?

A questo punto, fiducioso di essermi conquistato, se non la vostra stima, il vostro timore reverenziale, avendo sfoggiato la mia conoscenza del greco antico (e vi avverto che vi siete persi un riferimento joyciano), posso anche io far valere la mia prosopopea; la quale non ha proprio niente da invidiare a quella del cazzaro di Cinecittà. E allora posso avviarmi alla conclusione di questa arringa, certo che non potrete far altro che condannare l'imputato Aurelio McLaurentiis per i reati di tirchieria e mediocrità finanziaria, con le aggravanti della falsa testimonianza e della circonvenzione di incapaci. Vi piacciono le frasi fatte? Bene, se Padron Aurelio dice che chi va piano va sano e va lontano, io rispondo che chi non risica non rosica; e vi faccio notare che la storia del progresso è disseminata di persone che hanno innovato e rischiato. Dalla mia parte ci sono Cristoforo Colombo, Giordano Bruno, Galileo Galilei, i fratelli Wright, i fratelli Marx e i Monty Python; dall'altra molluschi e crostacei. Preferite la certezza dello scoglio, o il periglioso pelago dell'ambizione? Per quanto mi riguarda, io cazzo la gomena e salpo: l'acqua salmastra non mi si addice.

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