E così è finito il sogno. Si torna alla dura realtà. A soffrire contro il Siena e il Cesena, a lanciare bestemmie all'indirizzo di Cannaguaio, a sperare in una finale di Coppa Italia che impreziosisca una stagione esaltante, ma che ha palesato finora anche limiti e difficoltà. Vincere il trofeo appare invece impresa difficile, alla luce della manifesta incapacità della nostra squadra di amministrare i 180 minuti.
Sapete quanto io goda nell'attaccare il presidente del nostro club. Sapete che lo ritengo un cazzaro, un esaltato, un narcisista con una visione distorta della realtà e una cupidigia che se esistesse il padreterno lo farebbe andare dritto dritto all'inferno. Ma oggi non voglio abbandonarmi agli insulti e al turpiloquio, bensì fare delle semplici constatazioni. Ieri in campo c'erano due squadre separate da un chiaro divario: da una parte campioni affermati ed esperti, con altri campioni seduti in panchina e pronti a sostituirli, dall'altra un manipolo di ragazzotti volenterosi, non privi di tecnica, talento e fiato, ma evidentemente non ancora completi e pronti a muoversi agevolmente su un palcoscenico come quello della Champions League.
Per arrivare a sfidare il Chelsea, abbiamo dovuto affrontare altre corazzate del calibro di Manchester City e Bayern Monaco. Quanto abbiamo fatto è straordinario, alla luce dei nostri mezzi, della nostra rosa, delle difficoltà più volte evidenziate in campionato contro compagini anche modeste. Straordinario se si tiene conto che abbiamo affrontato dei giganti; noi, squadra di discreto livello ma niente di più, armati della nostra fionda.
Irriverenti e francamente assurdi paragoni sono stati fatti tra questo Napoli e quello che partecipò alla Coppa dei Campioni nella stagione '90-'91. Siamo seri, ragazzi: quello era uno squadrone, questa è una squadra dal grande, grandissimo cuore. Nel calcio di oggi per primeggiare bisogna spendere paccate di milioni, per usare un'espressione cara al nostro ministro del lavoro; non si può sperare di vincere con una difesa titolare formata da Cannavaro, Campagnaro e Aronica. Non è un attacco personale a questi giocatori, professionisti seri e attaccati alla maglia, ma una semplice presa di coscienza. Per far fuori Golia con una fionda ci vuole anche una buona dose di fortuna: ieri non ne abbiamo avuta.
Mi sono volutamente astenuto dall'ascoltare o leggere interviste, stamattina. Non mi interessa cosa hanno da dire il grandissimo Walter Mazzarri, al quale dobbiamo il 60-70% del nostro successo, ma che spesso offre analisi poco lucide e obbiettive delle sconfitte; e non mi interessa, soprattutto, quello che ha da dire il presidente. Carnevale è passato, le chiacchiere non ci servono a niente. Applaudo Davide, pesto e malconcio dopo il faccia a faccia con un Golia cinico e spietato, e mi auguro che anche noi si abbia un giorno un gigante da far scendere in campo contro le grandi del calcio europeo. Nella contingenza, attendo con ansia il 21 marzo e la sfida contro il Siena per conquistare la finale di Coppa Italia. Una sfida a colpi di fionda, come si conviene a noialtri militi normodotati.