giovedì 15 marzo 2012

Ma quanti giganti può mai abbattere Davide?


E così è finito il sogno. Si torna alla dura realtà. A soffrire contro il Siena e il Cesena, a lanciare bestemmie all'indirizzo di Cannaguaio, a sperare in una finale di Coppa Italia che impreziosisca una stagione esaltante, ma che ha palesato finora anche limiti e difficoltà. Vincere il trofeo appare invece impresa difficile, alla luce della manifesta incapacità della nostra squadra di amministrare i 180 minuti.

Sapete quanto io goda nell'attaccare il presidente del nostro club. Sapete che lo ritengo un cazzaro, un esaltato, un narcisista con una visione distorta della realtà e una cupidigia che se esistesse il padreterno lo farebbe andare dritto dritto all'inferno. Ma oggi non voglio abbandonarmi agli insulti e al turpiloquio, bensì fare delle semplici constatazioni. Ieri in campo c'erano due squadre separate da un chiaro divario: da una parte campioni affermati ed esperti, con altri campioni seduti in panchina e pronti a sostituirli, dall'altra un manipolo di ragazzotti volenterosi, non privi di tecnica, talento e fiato, ma evidentemente non ancora completi e pronti a muoversi agevolmente su un palcoscenico come quello della Champions League.
Per arrivare a sfidare il Chelsea, abbiamo dovuto affrontare altre corazzate del calibro di Manchester City e Bayern Monaco. Quanto abbiamo fatto è straordinario, alla luce dei nostri mezzi, della nostra rosa, delle difficoltà più volte evidenziate in campionato contro compagini anche modeste. Straordinario se si tiene conto che abbiamo affrontato dei giganti; noi, squadra di discreto livello ma niente di più, armati della nostra fionda. 

Irriverenti e francamente assurdi paragoni sono stati fatti tra questo Napoli e quello che partecipò alla Coppa dei Campioni nella stagione '90-'91. Siamo seri, ragazzi: quello era uno squadrone, questa è una squadra dal grande, grandissimo cuore. Nel calcio di oggi per primeggiare bisogna spendere paccate di milioni, per usare un'espressione cara al nostro ministro del lavoro; non si può sperare di vincere con una difesa titolare formata da Cannavaro, Campagnaro e Aronica. Non è un attacco personale a questi giocatori, professionisti seri e attaccati alla maglia, ma una semplice presa di coscienza. Per far fuori Golia con una fionda ci vuole anche una buona dose di fortuna: ieri non ne abbiamo avuta. 

Mi sono volutamente astenuto dall'ascoltare o leggere interviste, stamattina. Non mi interessa cosa hanno da dire il grandissimo Walter Mazzarri, al quale dobbiamo il 60-70% del nostro successo, ma che spesso offre analisi poco lucide e obbiettive delle sconfitte; e non mi interessa, soprattutto, quello che ha da dire il presidente. Carnevale è passato, le chiacchiere non ci servono a niente. Applaudo Davide, pesto e malconcio dopo il faccia a faccia con un Golia cinico e spietato, e mi auguro che anche noi si abbia un giorno un gigante da far scendere in campo contro le grandi del calcio europeo. Nella contingenza, attendo con ansia il 21 marzo e la sfida contro il Siena per conquistare la finale di Coppa Italia. Una sfida a colpi di fionda, come si conviene a noialtri militi normodotati.

martedì 13 marzo 2012

Caro Giacobbo...


Caro Roberto Giacobbo, come sarebbe bello se avessi ragione tu. Se esistessero i marziani, i vampiri, dio, Capitan America e la rabdomanzia. Se io, incapace di imprimere un qualsiasi cambio di direzione alla mia vita, seppur minimo, potessi restare sprofondato in un divano, avviluppato dal tanfo della deboscia, mentre i leprecani e le fate intrecciano il mio destino danzando al ritmo di una giga irlandese nelle colline di Connemara... Se all'improvviso, mentre affronto la titanica impresa di grattarmi il punto più centrale della schiena, arrivasse una letterina dal Polo Nord, in cui Babbo Natale mi comunica di aver versato un sostanzioso bonifico sul mio conto. Se, infine, dopo la morte per inedia che di certo mi attende le Valchirie mi prendessero per mano e mi conducessero verso i verdi prati del sempiterno coito, accompagnato da smodate libagioni di idromele e dalla immortale e vagamente guerrafondaia musica di Richard Wagner.
Sarebbe bello, ma non sarà. Perchè di tutto quello che ho nominato solo tu, caro Giacobbo, esisti. E scusate se è poco.

Su questo riflettevo ieri sera dopo ua conversazione con una signorina la cui identità non sarà rivelata per proteggerla dalle famigerate logge massoniche segrete dei malvagi gnomi venusiani. Nell'essere informato di emanare energia, reagivo come il pythoniano sig. Praline quando il sindaco di Derby entra nell'ufficio postale in pompa magna, su un paio di trampoli. Io emano energia? Possibile? Ma se potessi incanalarla...quante cose potrei farci...mi viene in mente la vecchia pubblicità del lievito Bertolini...
Potrei trovare un lavoro ben pagato, accendere un mutuo, comprare una casa di quattro stanze, fidanzarmi con una donna che non mostri alcun segno di squilibrio mentale e farci un paio di figli modello, che non si drogano, non bestemmiano e non guardano le donne nude su Internet.
Certo, se gli antichi Egizi hanno costruito le piramidi...e caro Giacobbo, tu sai bene che in realtà gli Egizi altro non erano che alieni, se vogliamo anche male camuffati, con quegli assurdi copricapo, e che sono venuti sulla terra a colonizzarla, ma poi a un certo punto è successo un fatto che va' trova tu che è successo, e se ne sono tornati nella galassia di Alpha Centauri a suonare sempre le stesse cinque note sul sintetizzatore.

Come sarebbe bello, caro Roberto, abbandonare ogni rigore scientifico e rinunciare finanche ai nostri averi, per seguirti sulle strade polverose dellla Galilea a dorso di mulo. E se si resta senza provviste qual è il problema? Si guarda in cielo con le fauci spalancate a ricevere la manna che non tarderà a scendere su di noi. E se finisce il vino? Si trasforma l'acqua, che ci vuole? Io ti seguirei proprio, caro Roberto, perchè qui, come si dice a Roma, non c'è trippa per gatti. E sai, quando le tenebre calano sulla Terra (che pare non sia piatta, secondo recenti scoperte), e insieme all'alcol offuscano la luce del giorno, l'ipotalamo prende il sopravvento e la ragione si fa un bel weekend lungo; allora si sogna, e nel sognare si rimuove qualsiasi ostacolo a ciò che nella mia bella lingua d'adozione si chiama wishful thinking, ovvero la tendenza a pensare che qualcosa sia semplicemente perchè noi vorremmo che fosse. Ma, ahimè, il giorno non tarda ad arrivare, e a dissipare, anche con una certa brutalità, i sogni e le visioni formatisi in cotale stato. Il bonifico di Babbo Natale non è arrivato, ne sono certo. Ho fatto l'estratto conto. La donna che aveva preso forma nella melassa dei sogni era solo un riflesso di una gentil dama che ora chissà dov'è, semmai esista, e nutro forti dubbi sul fatto che le Valchirie mi condurranno in un qualsivoglia luogo dopo il mio trapasso.

Caro Giacobbo, non serve cercare prove dell'esistenza del mostro di Loch Ness, o dell'abominevole uomo delle nevi: queste bislacche creature esistono nella nostra immaginazione, e tanto ti basti. L'immaginazione è l'unica risorsa del tutto gratuita, che nessuno potrà mai sottrarci. In un derelitto angolino della mia psiche, io credo in te. Credo nei leprecani, nelle fate, nella felicità coniugale e nel tempo indeterminato. Ti seguirò sempre, d'ora in poi. Su Voyager, quando le tenebre scendono sul mondo. Se invece tu dovessi indossare una veste di ruvida iuta e vagabondare per villaggi e deserti della Giudea, temo che dovrò passare la mano. Una forza occulta e misteriosa mi attrae verso un triangolo che ha come vertici il mio letto, la mia postazione Internet e la cucina. Saranno i poltergeist degli antichi Babilonesi?

giovedì 1 marzo 2012

Quando le pecore fanno il gioco del lupo


Sempre alieno al contesto, ormai è un'abitudine consolidata. Nel giorno in cui vengono a mancare simultaneamente Lucio Dalla e Germano Mosconi, il vostro Bradipo sente l'impulso a scrivere di tutt'altro. La Repubblica online pubblica oggi un'intervista al carabiniere ormai noto all'Italia intera con l'appellativo di "pecorella". Leggo l'articolo, e rifletto sul concetto di violenza, che è a mio parere molto più complesso e problematico di come venga posto dall'informazione mainstream

Essendo stato uno studente di linguistica, ed essendo uno che si diletta a giocare con le parole, mi sembra naturale partire proprio dal lessema violenza, e chiedermi cosa voglia dire. Molto spesso si usa il sostantivo violenza, o l'aggettivo corrispondente, per riferirsi a qualcosa di rude, duro, ma non violento in senso stretto. Il rugby è uno sport violento, opina qualcuno; se parliamo poi di pugilato, il giudizio è quasi unanime. Eppure, quando due pugili salgono sul ring, sanno benissimo di doversi prendere a pugni, e di solito sono preparati atleticamente e psicologicamente a subire i colpi dell'avversario. Dunque sarà più appropriato dire che la boxe è uno sport rude, duro, piuttosto che violento. Se pensiamo al verbo violare diventa più visibile quell'area semantica coperta dai termini "violenza" e "violento", e spesso dimenticata. Se risaliamo all'etimo di questa famiglia di parole, ci rendiamo conto che l'essenza della violenza non sta nell'uso della forza, ma nell'uso illegit timo, perverso (nel senso latino) di essa. Violenza è un sinonimo quasi perfetto di prepotenza. Un pugno non è necessariamente violenza, mentre un tratto di penna può essere un gesto smodatamente violento. La violenza non implica l'esercizio della forza fisica o un atteggiamento rabbioso e scomposto; anzi, la peggiore violenza è quella talmente strutturata e consolidata da poter essere praticata in assoluta serenità.

Facendo un ulteriore passaggio logico, possiamo affermare che il concetto di violenza è indissolubile da quello di prevaricazione. Quando il debole tira un pugno, è invariabilmente per difendersi. E non lasciamoci ingannare dal fatto che il forte se ne sta lì serafico, senza una piega o una gualcitura sul doppiopetto di Saville Row: la sua violenza è delegata ad altri, e quel magnifico esempio di alta sartoria che indossa è, a ben vedere, una sorta di uniforme della peggiore categoria di violenti. 

Il ragazzo sardo di 25 anni che si è guadagnato l'encomio del suo capo e il plauso di qualche radical chic che legge Repubblica è uno strumento di violenza. Impassibile, senza titrare un solo colpo di manganello, senza reagire alle provocazioni che subiva, il giovane F. ha difeso con il suo corpo, unito a quello di tante altre pecorelle, un sopruso di inusitata violenza. come altro definire un'opera che si fa passando su un dissenso così forte e diffuso? Il carabiniere F. non è cattivo, come Mario Placanica. Certo, non è neanche Salvo D'Acquisto o uno di quegli eroi delle fiction. Fa il suo lavoro di pecorella, a difesa dell'altrui violenza, usando la forza solo se è necessario. Ma non è una vittima, quello no. Lasciate stare Pasolini, e non ci rompete i coglioni con la storia che F. è figlio di un operaio. La violenza, quella seria, quella pesante, è un fiume di merda che sgorga da sorgenti d'alta quota. Quando arriva da noi, qui a valle, si può scegliere solo se navigarlo oppurtunisticamente o cercare di arginarlo. E il giovane F. ha scelto di farci rafting, in quella merda, sulle teste di chi ci affoga.