Cari amici del Bradipo, buona domenica. Il tempo è oltremodo uggioso, fa relativamente freddo e c'è un'umidità di tutto rispetto; quale modo migliore per passare la mattinata che scrivere due castronerie su questo ricettacolo di castronerie? Quando ero piccolo la parola "castroneria" mi affascinava, quasi mi ipnotizzava. Mi faceva pensare ai castori, instancabili operai dell'ingegneria idraulica. Lode ai castori, dunque, e ai produttori di castronerie.
Ciò di cui vorrei parlarvi oggi è l'ambiguità del presente. Sapete, io sono cresciuto in un mondo che di ambiguo aveva ben poco. O, per meglio dire, le ambiguità in quel mondo erano ancora in nuce. In apparenza, tutto era chiaro. Quando nel 1990 arrivò a Napoli la "Pantera", il movimento studentesco nato in reazione alla riforma Ruberti, capostipite di una lunga serie di attentati dinamitardi sotto forma di legge contro la pubblica istruzione, sembrava chiaro che in paradiso qualcuno odiava gli studenti. Protestare sembrava la cosa più naturale del mondo. E quando alla protesta seguirono le reazioni del corpo docente, del preside, dei genitori, degli studenti contrari all'occupazione, diventò ancora più chiaro che quella particolare riforma rappresentava poco più che un episodio, un pretesto, per scagliarsi contro una sopcietà in cui chi arriva in cima si tira la scala e prende a calci sul cranio chiunque provi a salire la china.
Eravamo continuamente in piazza, in quei mesi. La stampa e la televisione (Internet non c'era ancora) ci seguivano, ci raccontavano. Questo vostro umile servo apparve fugacemente nelle riprese di un telegiornale Mediaset, mi pare fosse Retequattro. Ripeto, allora non c'era Internet, questo accesso di massa alla dimensione pubblica te lo potevano dare solo i media tradizionali. E dunque scendere in strada in migliaia, in decine di migliaia, voleva dire irrompere nella dimensione pubblica.
Oggi siamo tutti connessi. Molti di noi hanno uno smartphone o un tablet, e si inviano in tempo reale qualsiasi tipo di immagine. Mangiamo pane e immagini. Lo spazio riservato alla parola è stato invaso da format studiati apposta per neutralizzare qualsiasi dialogo o dibattito, e trasformarlo in ammuina. Abbiamo tutte le informazioni che ci occorrono per capire il mondo che ci circonda, ma allo stesso tempo siamo soggetti, o perlomeno esposti, a pratiche e discorsi tesi a impedirci di approfondire. Invadere le piazze le strade non basta più: dobbiamo invadere le coscienze.
Ricordate le primavere arabe? Con quale unanimità sono state applaudite dai media occidentali e dalla quasi totalità dell'opinione pubblica! Sembrava l'alba di un nuovo giorno per il Nord Africa. Non si può fare a meno di osservare che i risultati sono stati piuttosto deludenti. Il fatto che un tentativo di rovesciamento dall'alto di un governo formalmente legittimo, che vi piaccia o no, come quello di Assad in Siria sia stato presentato come l'ennesimo episodio di quel presunto risveglio dovrebbe darci un indizio rispetto al ruolo che sta assumendo l'informazione nel manipolare la nostra percezione degli eventi. E se non bastasse la Siria, basta guardare a Ucraina e Venezuela. Del paese est-europeo ci hanno raccontato la valorosa resistenza al neo-zarismo putiniano, l'indomito spirito di indipendenza, la pacifica rivoluzione arancione. Poi, di botto, ci troviamo le piazze invase di neo-nazisti con il braccio teso che inneggiano, fra gli altri, a un imbianchino austriaco di trista memoria e linciano comunisti: qualcosa non quadra. Così come non quadra la narrazione delle guarimbas venezuelane fatta dai nostri quotidiani, in primis dall'ormai scandalosa Repubblica, l'unica giustificazione della quale sarebbe che il suo inviato Omero Cia - pardon, Ciai - fosse atterrato nel paese sbagliato.
Le piazze non sono sempre buone, come pensavo da adolescente, quando chi manifestava ci portava un messaggio chiaro e soprattutto generato dal basso. Questo flusso costante di notizie, di informazioni, di immagini a cui siamo sottoposti 24h rischia di renderci sudditi dell'errore, intrappolarci in una rete di equivoci. Oggi tutti facciamo informazione, tutti partecipiamo a quel flusso: bene, dobbiamo farlo responsabilmente. Dobbiamo resistere alle trappole del narcisismo, al richiamo dell'omologazione, alle sirene della popolarità. Dobbiamo scrivere e diffondere quello che pensiamo, e pensare quel che è giusto. Proprio come si sforza di fare il vostro Bradipo, titolare di un blog che non fa mai più di 50 accessi al giorno. Buona domenica e forza Napoli.
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