"E non hai pietà tu di me?" Così Michelle Apicella, alter ego cinematografico del primo Nanni Moretti, apostrofava un suo alunno durante un'interrogazione in Bianca. C'è pochissima pietà nella nostra scuola, miei cari lettori. Pochissima pietà e quantità industriali di astio e diffidenza. L'ignoranza dei nostri pargoli non dipende dall'impreparazione dei docenti, o almeno non solo da quello; è prodotta, in larga parte, dalla quasi totale assenza di empatia fra insegnanti e alunni.
Ho introdotto un concetto in un post di qualche mese fa, quello della trincea. Tutt'ora la mia immagine personale su Facebook è Gianmaria Volontè in Uomini contro. Un insegnante coscienzioso oggi è ipso facto in trincea contro un'idea di società fondata sul più completo e arrogante disprezzo per l'idea della perfettibilità dell'uomo. I nodi stanno venendo al pettine, la civiltà dei consumi non riesce più a spargere benessere diffuso, e il capitalismo sta scoprendo il suo vero volto. Nel paese dei balocchi c'è sempre meno posto, il futuro ci riserverà sempre meno zucchero filato e sempre più manganelli. Sapere, in questa triste epoca, equivale praticamente a ribellarsi. Per questo la diffusione del sapere va boicottata, a partire proprio dall'istituzione che in teoria dovrebbe favorirla: la scuola.
Il modo principale in cui la scuola boicotta la diffusione del sapere è la creazione di un clima di sfiducia. Questo viene fatto in vari modi: tagli alle risorse, precarizzazione degli insegnanti, ma soprattutto assenza di dialogo. Escludere gli alunni dalla creazione delle regole che dovrebbero instaurare un clima favorevole alla loro formazione, che può aversi solo con la loro partecipazione attiva, significa condannarli a essere subalterni. Non sfideranno mai l'autorità sul piano della sua legittimità, cercheranno di aggirarla con dei sotterfugi o magari anche apertamente, ma solo sul piano della loro capacità di sfuggire alla sanzione; in questo modo, sostanzialmente la validano.
Recentemente la presidenza della mia scuola ha emanato una circolare in cui si vieta agli alunni di lasciare la classe durante le ore di lezione, circoscrivendo questa possibilità a due ricreazioni di dieci minuti l'una. La motivazione di questo provvedimento è il costante abuso che gli alunni facevano della normale, direi, facoltà di uscire dall'aula per andare in bagno. Trasformatasi la scuola nell'Accademia di Atene, ricolma di peripatetico filosofeggiare, colà dove si puote si è deciso di ricordare ai docenti che esiste un regolamento, e che va rispettato. La risposta di alcuni alunni a questa "astuta mossa padronale" (cit.) è stata quella di munirsi di un certificato medico attestante il loro presunto bisogno di recarsi continuamente ai servizi igienici.
Il vostro Bradipo, cari amici, si è molto arrabbiato. A suo parere, non si reagisce così a un'ingiustizia. Ora io dovrei fare uscire solo i furbacchioni, e lasciare a pisciarsi addosso quelli che non hanno trovato un medico compiacente? Ma, soprattutto, mi fa ribrezzo il fatto che, come mi pare sostenesse un famoso erotomane calvo, i carcerati diventano talvolta i propri carcerieri più efficienti. Io vi manderò tutti nel cesso, miei confusi discepoli, ma vorrei anche che ne usciste.
Scriveva il nonno di Frankenstein che non esiste, non può esistere una forma di governo scevra da coercizione, e che dunque qualsiasi governo è un male; ma è d'altro canto un male necessario, dal momento che la specie umana non è ancora in grado di farne a meno. Solo studiando, migliorando la nostra concezione del mondo, liberandola dalla sfiducia in noi stessi e nei nostri simili, potremo uscire dal cesso in cui ci vorrebbe tenere chiusi chi ha cara la necessità del male minore. Uscirne, per poi andarci quando ne abbiamo bisogno senza dover esibire certificati.
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