Ebbene, un post con questo titolo non poteva che recare la mia immagine, un'illustrazione grafica della quintessenza dell'idiozia. Guardatelo, rimiratelo, questo sontuoso imbecille, mentre si ingozza di focaccia, sfoggiando un sorriso ebete e incosciente. E pensate che voi state leggendo cosa ha da dire un simile deficiente. Alla gente colta, quella che ha letto i libri scritti fitti fitti e senza le figure, questa cosa non sta bene. E ci mancherebbe! Adesso uno arriva, tomo tomo, e si mette a esercitare il diritto alla libera espressione senza prima avere sostenuto un esame di idoneità. E che diamine...
Esponiamo l'antefatto, per chi non avesse ancora capito a cosa mi riferisco: il prof. Umberto Eco, leggenda vivente del mondo accademico e intellettuale italiano, ha tuonato contro Internet. In una esternazione che per i suoi toni ricordava più la mamma di Robertino che non un Marshall McLuhan, se l'è presa con queste diavolerie moderne che consentono a cani e porci di dire la loro, senza che li si possa mettere a tacere. Ora, sarebbe lecito chiedersi: visto che il prof. Eco non è in fila per vedere un film come Woody Allen, e può tranquillamente sottrarsi a tutta questa libera idiozia, che cosa lo infastidisce tanto? Io, come tutti gli idioti, ho sempre una teoria su ogni cosa. Anche su questa esternazione. Se volete evitare di leggere una stupidaggine, siete ancora in tempo.
Ci siete ancora? Bene, avete esercitato il vostro libero arbitrio. Questo, e niente altro, infastidisce secondo me il prof. Eco. Proviamo a pensare a quante stupidaggini abbiamo letto sui giornali, anche nella versione cartacea, durante le nostre vite. O, per meglio dire, a quanto di quello che abbiamo letto ci è sembrato stupido. Io, per esempio, trovo "l'amaca" di Michele Serra insopportabile, se qualche volta mi forzo a leggere un'uscita è per poterla criticare con consapevolezza e precisione. Eppure non ho interesse a proibire a Serra di esprimere la sua visione della vita snob, classista e perbenista. Capisco invece molto bene che, se fosse costretto a giocarsela ad armi pari con lo sterminato esercito di scafessi che tengono un blog in Rete, non sarebbe affatto scontato il suo successo. Rischierebbe di finire nelle sabbie mobili di un pluralismo eccessivo. Rischierebbe di essere surclassato dagli idioti. Ma che cos'è un idiota?
Nel 1869 Dostoevskij pubblica un romanzo intitolato, appunto, L'idiota. Il protagonista è un nobile decaduto affetto da epilessia, che a causa della sua malattia si è trovato estromesso dal mondo, relegato in un villaggio svizzero, sotto le cure di un medico russo. Tornato in patria, l'idiota mette in subbuglio le vite di tutti coloro che entrano in contatto con lui. Come? Dicendo sempre quello che pensa e che sente, e comportandosi di conseguenza. Facile intuire che, con un atteggiamento del genere, il principe Myškin non tarda ad attirare su di sé sentimenti di paura e odio. Poche cose fanno paura al borghese quanto la libera espressione del pensiero, quando cessa di essere appannaggio di pochi individui accomunati nel privilegio. Si teme, e giustamente, che l'idiota strappi la foglia di fico che nasconde la vergogna della disuguaglianza, dello sfruttamento, dell'oppressione, della violenza socialmente ed economicamente organizzata.
E questa paura non è certo nuova. Ha accompagnato la specie umana per molti secoli. Esattamente come gli idioti. Che hanno riempito il teatro, la letteratura, il cinema, tutte le forme di espressione culturale dall'antica Grecia a oggi. Il candore dell'idiota ci spaventa e, proprio per questo, ci affascina. All'idiota si perdona tutto. A patto, ovviamente, che rimanga nel suo spazio, e non pretenda di mettersi sullo stesso piano dei dottoroni. Dobbiamo vederlo arrossire e scusarsi della propria semplicità, come il principe Myškin, o fare buffe capriole con il suo berretto a sonagli, come un giullare medievale. Se gli viene in mente di prendere la parola, ricordarci che questo è anche il suo mondo, e che quindi anche lui ha diritto di essere ascoltato e tenuto in conto, gli rovesciamo addosso improperi. Se, ad esempio, qualcuno che non ha fatto l'università dice che non è giusto pagare tasse per finanziare la corruzione e il malcostume, anziché l'erogazione dei servizi ai quali avremmo diritto, è un populista. Se constata l'ovvio nel far notare che la nostra classe politica non si occupa più del benessere del paese (sostituire la formulazione ingenua con il sostantivo "masse"), cosa che nella Prima Repubblica faceva, pur con mille storture e all'interno di un paradigma esecrabile, è un disinformato, che non sa quante cose buone ha fatto il governo Renzi (segue lista di provvedimenti dall'impatto sociale limitatissimo o nullo). Allora non sorridiamo più, ma ci trasformiamo in tanti Rogožin, pronti ad uccidere l'idiota prima che sia troppo tardi.
Ora, cari amici, mi metto a lavorare. Devo preparare le programmazioni finali e gli esami di riparazione per quegli idioti che si sono fatti rimandare. Devo consentire loro di "redimersi". Io, che di idiozia ne ho subita davvero tanta, in un anno di insegnamento all'IPSSA Nino Bergese, mi sono persuaso che non vanno messi a tacere gli idioti, ma l'idiozia.