Non si parla d'altro, da qualche giorno, delle dimissioni da sindaco di Roma di Ignazio Marino. Secondo molti, tanto fra gli opinion makers (leggi "gli imbecilli a cui hanno affidato uno spazio per comunicare con il pubblico") quanto fra i cittadini comuni, si tratterebbe di un caso di sciacallaggio politico. In fondo, Marino sarebbe finito nell'occhio del ciclone per qualche mollichella, cifre irrisorie rispetto a quelle che siamo abituati a scoprire sottratte ad enti pubblici o finanziati in qualche modo da noi contribuenti.
Ora, a me non interessa dibattere sulla colpevolezza o meno di questo signore, che è tutta da provare, nè sulla venialità o meno delle spese indebitamente messe in nota. Ci metto poco a dirvi la mia: Ignazio Marino è uomo del PD, non viene da una lista civica e non è un signor nessuno. Se è vittima, è vittima di giochi di potere che sono il pane quotidiano dei potenti come lui. E a chi mi dice che era stato legittimato da una votazione, rispondo che andrebbe fatto un lungo, approfondito discorso su come la democrazia non possa essere ridotta a un televoto, e che i processi di selezione dei candidati, tanto a livello locale che nazionale, non hanno proprio niente di democratico, perchè lasciano tagliata fuori la massima parte dei cittadini.
Ma è un altro l'aspetto su cui vorrei soffermarmi. Sì, ammettiamo pure che siano mollichelle quelle per cui si è scatenato un moralismo che da parte di molti è certamente ipocrita nei confronti di Marino. Ammettiamolo pure. La domanda che io mi sto ponendo da giorni è questa: e non è per quattro mollichelle che tante persone comuni, appartenenti al ceto medio, condannate a lavorare per vivere (a differenza dell'aristocrazia borghese che esprime gente come Marino) lisciano il pelo ai potenti e li emulano nell'ethos, nel linguaggio, nel modo di argomentare, con risultati fra il rivoltante e il grottesco? Non è nella speranza di racimolare qualche mollichella che gente il cui modello Unico gronda lacrime come una Madonna dei miracoli sposa la causa degli optimi, di persone che li disprezzano e non li considerano degni di una frazione di secondo della loro attenzione?
Qualcuno penserà che sia populista questa posizione. Qualcuno, più lucido o forse più imtellettualmente onesto, penserà che essere orgogliosi di svegliarsi ogni mattina e andare a lavorare per due mollichelle sia ridicolo. Quando è così, bisogna avere il coraggio e la coerenza di arrivare alle conclusioni ultime: e cioè che non ha alcuna importanza se rubano 100 euro o 100.000, perché noi, i lavoratori, abbiamo già perso. Abbiamo perso il senso di comunanza e solidarietà che ci sembrava un tempo conseguenza ovvia di un destino comune. Ci hanno buttato qualche mollichella e ci siamo dispersi, nel tentativo disperato di raccoglierle. Ecco, in questo trovo un punto di contatto fra noi inferiori, noi sottoposti, e il notabile Marino: come lui, ci siamo fatti fottere per qualche mollichella.
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