Come alcuni di voi sapranno, sono nato a Napoli ma vivo a Genova da alcuni anni, per la precisione dal 2014. Il secondo alloggio che ho abitato in questa città che ormai considero casa era un monolocale di 25 metri quadri affacciante su una piazza di spaccio del centro storico. Vi garantisco che niente, nell'annetto scarso che passai in quel budello oscuro, era normale. Non deve destare quindi sorpresa il fatto che, in un monotono pomeriggio d'estate, ricevetti la visita di alcuni testimoni di Geova e li feci entrare.
Ora, io non conosco i testimoni di Geova delle altre città (compresa Napoli, dove non ricordo mai di un loro tentativo di approccio), ma i testimoni di Geova di Genova hanno una strana reazione quando li inviti a entrare. Non si fidano. Deve essere uno scenario nuovo, insolito. Voi vi starete forse chiedendo se io avessi sentito una sorta di vocazione, un richiamo da parte di un ente supremo infinitamente buono; niente di tutto questo. Ero curioso di sentire cosa avrebbero detto. Dunque, dopo esserci studiati per qualche secondo con l'uscio di mezzo, finalmente vennero dentro.
Non sbagliai ad accoglierli. Quella fu una delle esperienze più istruttive della mia vita. Come vi ricorda il nome di questo blog, io sono un fesso reoconfesso. Penso di avere tanto da imparare, e quel pomeriggio imparai qualcosa. Sì, perché ogni volta che chiedevo a queste persone di giustificare le loro affermazioni, mi mostravano un passo della Bibbia. In pratica, nel loro testo di riferimento c'era una spiegazione completa e dettagliata di tutta l'esperienza umana. E questo mi sembra ovvio, visto che quel libro è stato messo insieme, editato, espunto e corretto nel corso dei secoli da chissà quante mani e quante teste molte più sofisticate delle nostre. Su quel libro si è fondata una religione che ha conquistato miliardi di persone in più continenti; è ovvio che abbia una certa coerenza interna, e che anche laddove sembra contraddirsi siano state proposte soluzioni per risolvere il contrasto.
La domanda era, in quell'assolato pomeriggio di luglio, e resta sempre la stessa: cosa rende la Bibbia una fonte affidabile? La Bibbia è la parola di Dio, mi venne risposto. A quel punto non c'era più niente da dire. Era diventato ovvio che il motivo per cui queste persone si erano avvicinate a un credo forte come quello che erano venute a propormi era proprio la sicurezza che mostravano nel rispondere a ogni mia obiezione. Non vacillavano mai. Penso che proprio a quello servisse la loro fede: a non vacillare. Ci lasciammo senza che nessuno convincesse nessuno, ma nel mutuo rispetto. Io con il mio rito assolutamente pagano della birretta alle sei, loro con Geova. Non li biasimo. In un certo senso, sono certamente più ricchi di me.
Biasimo, invece, coloro che applicano questo genere di atteggiamenti non già a insolubili domande di ordine metafisico, ma alla conoscenza del mondo sensibile. In quel campo l'unico lume possibile è il dubbio, la sperimentazione, il costruire sugli errori. Una spiegazione di un fenomeno fisiologico non è vera in quanto scritta da qualche parte, come la parola di Geova. L'autorevolezza del più grande scienziato deve necessariamente, in nome della scienza stessa, rinnovarsi giorno dopo giorno nel confronto con ipotesi diverse. Il vituperio, il rifiuto al dialogo, il ricorso a principi di autorità premoderni e indegni della nostra civiltà destano sospetti e preoccupazioni. Perché, vedete, i testimoni di Geova vi fanno una testa così, ma alla fine se ne vanno; i tribunali ecclesiastici e gli inquisitori, una volta che gli abbiamo aperto la porta, si piazzano lì e ci impongono di vivere come dicono loro.
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