martedì 4 ottobre 2011

...and justice for all


Cari amici, oggi purtroppo non vi posso sollazzare con arguti motteggi e astrusi concetti sull'amore, la vita e quella grande posteggia che è la ricerca della felicità. Purtroppo ieri sera Gallo's si è trasformato da ameno luogo di sbarazzina socialità in teatro di una indignazione e di una rabbia da parte mia che molti dei presenti hanno probabilmente trovato eccessiva, e che comunque ha reso l'atmosfera un tantinello pesante. Di questo mi scuso con tutti e soprattutto con i festeggiati Simona e Mauro, ma una volta ogni tanto capita anche a me di essere scosso da emozioni e sentimenti estranei alla mia immagine pubblica da Oscar Wilde vestito da Pulcinella. 

Il motivo di cotanto scorno è stata la notizia, ricevuta in tempo reale dal nostro mescitore di ebbrezza Giacomo, della assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito nel processo d'appello per l'omicidio di Meredith Kercher. Prima di entrare nel vivo del post, vorrei ricordare chi era Meredith, e cosa le è successo.

Meredith Kercher era una studentessa inglese di 21 anni, a Perugia con il progetto Erasmus. La notte fra il 1 e il 2 novembre 2007 è stata molestata sessualmente (forse stuprata, la perizia non ha potuto darne la certezza) e accoltellata più volte alla gola e ad altre parti del corpo. La morte è avvenuta per soffocamento causato dal suo stesso sangue. I primi ad essere sospettati del delitto sono stati Sollecito e la Knox, in quanto le dichiarazioni da loro rilasciate alle forze dell'ordine prima sul posto (la casa di via Pergola 7, nel centro storico di Perugia), poi in commissariato, sono risultate subito lacunose e contraddittorie. Solo molto più tardi, dopo diversi altri interrogatori (con ulteriori contraddizioni e incongruenze, e con Amanda che ha cambiato per ben tre volte la sua versione dei fatti calunniando peraltro l'innocente Patrick Lumumba) è emersa la figura di Rudy Guede, l'ivoriano che è stato poi condannato a 16 anni con il rito abbreviato per concorso in omicidio. Fin da subito è apparsa chiara l'estrema imperizia con la quale sono state raccolte le prove scientifiche, imperizia che ha compromesso il castello accusatorio ed ha costituito il motivo centrale degli attacchi costantemente portati da buona parte dei media americani al nostro sistema poliziesco e giudiziario dal 2007 a oggi. Le uniche prove a essere risultate ammissibili e inconfutabili sono state quelle a carico di Rudy, per ovvi motivi: lui non è tornato nella casa di via Pergola, e non ha quindi avuto modo di cancellare le proprie tracce. Amanda Knox, la mattina del 2, aspettava l'apertura di un esercizio commerciale della zona per effettuare l'acquisto di alcuni prodotti per la pulizia della casa. Le perizie hanno evidenziato la presenza di tracce di sangue in uno dei bagni della casa, invisibili all'occhio nudo, appartenente sia a Meredith che ad Amanda. Lo sprovveduto Guede, al contrario, aveva addirittura dimenticato di tirare lo sciacquone dopo essere andato di corpo. Potrei continuare a tediarvi a lungo con prove, testimonianze e resoconti, ma il mio scopo con questo post non è dimostrare la colpevolezza di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Di quella sono profondamente convinto, ma ognuno di voi potrà farsi la propria idea, se vuole, informandosi altrove. Quello che vorrei fare qui è una considerazione sul rapporto fra la giustizia come valore fondante della convivenza civile e il modo in cui viene amministrata.

In un bellissimo film del 1979 che dà il titolo a questo post, Al Pacino interpreta Arthur Kirkland, un giovane avvocato che cerca di interpretare la sua professione con coscienza e senso morale. All'inizio della pellicola lo vediamo in cella, per aver aggredito fisicamente il guidice Fleming, responsabile a suo giudizio di aver condannato un suo cliente senza prove sufficienti. Dal seguito del film emerge chiaramente l'innocenza di Jeff, piccolo spacciatore accusato di omicidio per una semplice omonimia (vi dice niente?), ma il sistema (nella persona dello stesso Fleming) è sordo al suo grido di innocenza e alle iniziative di Arthur per farlo rilasciare. Potete immaginare la sorpresa di Arthur quando il giudice che aveva preso a pugni viene accusato di stupro e chiede proprio a lui di difenderlo, minacciandolo di tirar fuori una vecchia storia che gli stroncherebbe la carriera in caso di rifiuto. Mentre Arthur prepara la difesa del giudice Fleming, Jeff cerca di evadere dal carcere, dopo aver subito violenze da parte di altri detenuti, e viene ucciso da un cecchino. Il malessere di Arthur cresce esponenzialmente, e quando si rende conto della colpevolezza del suo assistito matura una decisione apparentemente folle. In una sequenza straordinaria, che valse a Pacino una candidatura all'Oscar, l'avvocato parla alla corte della discrepanza fra la giustizia come ricerca della verità e il modo effettivo di amministrare la giustizia nel sistema americano (che non è poi tanto diverso dal nostro, o da quello di qualsiasi altro paese occidentale). Tutti concordano sul fatto che gli innocenti vadano assolti e i colpevoli condannati, ma c'è un problema: entrambe le parti vogliono vincere, a prescindere dalla verità. Il PM (o procuratore distrettuale), prosegue l'avvocato Kirkland, non ha che la testimonianza della vittima, mentre dalla parte dell'imputato ci sono diversi testimoni e il prestigio che gli viene dalla sua posizione sociale e professionale. A questo punto l'uomo si sovrappone all'avvocato, e Arthur si chiede ad alta voce per quale motivo la vittima avrebbe dovuto mentire. Semplice: non esiste un motivo, perchè la vittima non ha mentito. Ed ecco il geniale colpo di scena: Arthur Kirkland punta il dito contro il suo assistito, e lo dichiara colpevole. Nell'aula non c'è più il legale di Fleming, ma un cittadino, un essere umano indignato e disgustato che si sbraccia e si accalora, rendendo la mia performance di ieri sera uno spettacolo di atarassia.


La professione di avvocato è ben remunerata, quando la si svolge con successo. Pertanto non meraviglia che attragga persone di acuto ingegno, e di notevole capacità e determinazione. L'avvocato vuole vincere, come osserva giustamente Kirkland, il suo obiettivo non è la ricerca della verità, non è la giustizia. E se si trova di fronte una pubblica accusa costretta a lavorare sulla base di prove forensi ingenuamente contaminate e in presenza di comportamenti non sempre corretti e rispettosi dei diritti dei fermati/indiziati da parte delle forze dell'ordine, il suo compito è notevolmente semplificato. E allora l'avvocato vince. E la giustizia?

 
Questa era Meredith Kercher, uccisa barbaramente a 21 anni senza neanche un motivo. Non mi interessano prove, perizie, esami del DNA e quant'altro. Mi interessa sapere chi l'ha accoltellata ed è poi fuggito via, lasciandola a soffocare mentre i suoi polmoni si riempivano di sangue. Mi interessano la verità e la giustizia.



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