mercoledì 8 luglio 2015

A Genova non si gira a sinistra


Cari amici, buonasera. Vi scrivo dalla ridente Genova, altresì detta Zena, città di mare, e pertanto di stridenti contraddizioni e flagranti contrasti. Questa, cari i miei loro, è un'allitterazione, non è mica una pipa! Ma secondo voi Totò, quando diceva al sergente Quaglia che la sua era una pipa, non un capitone, stava facendo un ironico riferimento a Magritte? Bah, comunque restiamo sull'argomento. Il quale è il seguente: il dogmatismo delle umane genti.

E partiamo, come si addice ai solipsisti quale io sono, dai cazzi miei. Da quando ho acquistato un Kimco Grand Dink 250 usato, me ne vado allegramente a zonzo per questa bella città, che in meno di 10 minuti ti porta dal mare alla montagna e viceversa. Orograficamente, Genova si può paragonare a Salerno, anche se per dimensioni è molto più simile a Napoli. Ma sto di nuovo divagando. Il punto è che, in questa meravigliosa città, per andare dove devi andare, non si capisce mai da che parte devi andare. La cosa più difficile, come avrete capito dal titolo del post, è che non ti fanno mai girare a sinistra. Ilo sistema della viabilità è molto rigido al riguardo. E quando il semaforo dice VERDE, il genovese proveniente dal senso di marcia opposto parte de capoccia, con una guapparia e una determinazione di matrice meroliana. E provaci, a girare a sinistra... Il brutto è che, mentre nella natia Partenope l'automobilista è tanto circospetto quanto tollerante, qui a Zena, come noi medaglia d'oro della Resistenza, egli si proietta verso la meta con una proterva iattanza di stampo futurista, D'Annunziano, quasi fascista. Nunn'o faje niente. Quando il semaforo è verde, lui arrota pure Gesù Cristo, se gli si para innanzi. 

Cari lettori, l'irriformabile imbecille che state leggendo è sempre più inquietato da questo tipo di atteggiamenti. Egli, per indole e formazione, predilige la flessibilità, la reciproca comprensione, la composizione pacifica e ragionevole dei bisogni e degli interessi. Si è persuaso che, più leggi ci sono, meno ordine c'è. Si è convinto che è questione di mettersi d'accordo, in barba a quello che qualche deficiente rivestito di autorità ha fatto dipingere sull'asfalto o su un cartello stradale. O genovese, renditi malleabile: guarda la mia freccia lampeggiare, prova compassione per il mio predicament, come dicono a Mugnano di Napoli, e schiaccia pietoso il pedale del freno. La Madonna, pur essendo priva dell'attributo dell'esistenza fattuale, te lo rende. Io eviterò di girare a vuoto per un quarto d'ora, con il rischio non trascurabile di finire a Voltri invece che a Caricamento, e tu sarai in autentica comunione con il Creato, persino con le sue forme di vita più semplici e gerarchicamente pi basse, come il sottoscritto. 

Sai cos'è? Non è tanto il fatto di girare a sinistra. E' piuttosto che le regole andrebbero fatte per vivere meglio insieme, per non arrecarci danno l'uno con l'altro. Si comincia col mandare me a Savona per fare un'inversione e si finisce con gli ultimatum del FMI e le atrocità dell'ISIS o del battaglione Azov. Il dogma. Quello è il problema. Quella pesante coltre di violenza implicita che, mentre scorazziamo con lo scooter per la città  finalmente liberi dal gioco dell'IPSSAR Bergese, ci fa sentire come Butch Cassidy ogni volta che vorremmo girare a sinistra.  

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