lunedì 7 settembre 2015

Trasfusioni di idiozia


Cari amici del Bradipo, l'estate sta finendo. Tra poco ricominceranno a piovere le convocazioni delle scuole, che mi contenderanno come è giusto contendersi un giovanotto brillante e lavoratore, e chi mi fa il pernacchio è fetente. Tra poco non avrò più tanto tempo per scrivere, perché sarò travolto dai mille impegni e dalle mille problematiche che riempiono la giornata di un docente di scuola superiore, fosse solo per macerarsi nel dubbio di come provare a salvare gli infelici che gli hanno affidato. Approfittiamo di questi ultimi scampoli di ozio per scrivere qualche altra scempiaggine.

Ieri parlavamo di come la maggior parte degli utenti di Internet, e soprattutto dei social network, non abbia capito o non abbia voluto sviluppare nella prassi le potenzialità positive del mezzo; quelle negative, invece, vengono sistematicamente esplorate e sfruttate. Quando mi iscrissi a Facebook, nel 2007, gli utenti erano relativamente pochi e condividevano contenuti personali (foto, video, blog) o notizie. Oggi, ogni volta che entro nel social network, mi sembra di essere nella sala d'attesa del dentista. Sì, perché nelle sale d'attesa del dentista non mancano mai i rotocalchi di pettegolezzi ai quali ormai Facebook e i suoi fratelli somigliano tanto. Notizie non verificate, foto ritoccate, chiacchiere da bar, pregiudizi di destra e di sinistra. Ed è questa, amici miei, la grandissima vittoria riportata dai professionisti della comunicazione. I quali, come è naturale, si vendono a chi ha soldi per pagarli. Non esiste più nessuna possibilità di reale cambiamento sociale, politico, economico. Esistono chiese, sette, coacervi di identità affini che si attraggono per paura di essere sole, di essere niente. Il logos è finito, o è reliquia custodita gelosamente, si spera, da pochi eletti. E coloro che si credono e si dicono intellettuali sono i peggiori. Non c'è differenza, al di là delle eventuali supercazzole, fra il becero livore del salviniano o del neofascista e il buonismo aeriforme del sinistrato laureato e informato. Quest'ultimo non riesce a far altro che sbraitare e trasudare inane moralismo  di fronte alla deriva politica e morale del suo naturale uditorio, le masse di lavoratori e marginali bisognosi di soluzioni, non certo di liturgie.

Alla fine tutti, ma proprio tutti, subiscono credendo di essere protagonisti in prima persona. La vostra identità, le vostre priorità, perfino le vostre emozioni rispetto a quella parodia di vita pubblica che sono diventati i social... vi stanno sparando tutto in vena. Perché non mi metto nel novero di quelli che subiscono? Perché penso di essere meglio di voi? Lungi da me. Semmai, io sono peggio. Però io, se proprio mi devo fare un complimento, cerco di guardare le cose per quello che sono. E mi sono convinto che nessuna liturgia, nessuna appartenenza, nessuna interpretazione precotta della realtà che mi circonda cambierà di una virgola il fatto che fra due o tre settimane io ricomincerò a lavorare, da precario, in una scuola sempre più penosa, mirabile espressione e organo di riproduzione di una società sempre più imbecille, egotista e fregnona.

Nessun commento:

Posta un commento