Allora, io ve l'ho detto svariate volte che sono nato per rompere le scatole e sfrocoliare la gente con i miei punti di vista originali. E quindi adesso, come se niente fosse, mi metto a ragionare senza vergogna e senza finte indignazioni. Non è normale, non è fisiologico che maree di uomini, donne e bambini fuggano da un paese o da una determinata area geografica. Questo è ovvio. Eppure sta cominciando a farsi strada, nel campionario dei nostri luoghi comuni, la subdola frase "scappano dalla guerra". Da quale guerra? Aylan, bambino siriano della foto in questione, scappava da Kobane, città del Kurdistan siriano stretta fra l'Isis a sud e un governo tradizionalmente ostile ai Curdi, nonché testa di ponte della Nato nel Vicino Oriente, a nord. Dunque, i problemi di Aylan si chiamavano "fondamentalismo islamico finanziato e fomentato da GB e USA insieme alle monarchie del Golfo" e "ostilità del governo turco". Eppure, dal sempre colmo cilindro dell'idiozia i nostri giornalai hanno lestamente tirato fuori Al Assad e Salvini, strana coppia che però risulta perfetta per l'occasione. Chiunque sia critico dell'ordine mondiale sciagurato e antisociale che si sta costruendo sull'asse Washington-Berlino-Londra è un bersaglio legittimo e opportuno. Il Vicino Oriente va destabilizzato, va diviso, è necessario per impedire che alzi la testa come fecero negli anni Settanta, lasciandoci letteralmente a piedi. I migranti in Europa devono arrivare in massa, è necessario ad aumentare la competizione sul mercato del lavoro e distruggere quello che resta del welfare state, nella realtà e nella nostra concezione del vivere sociale.
Ora in Europa c'è una corsa alla solidarietà, commovente e lodevole. E quanto più è nobile lo slancio dei comuni cittadini che dimostrano umanità e affetto alle vittime di una guerra targata USA-UE, tanto più gli architetti di questo ordine mondiale disastroso si sentiranno esautorati dall'agire per porre fine alla tragedia. Arriveremo a considerare normale l'esodo di un popolo dalla terra che gli appartiene di diritto e nella quale nessun Salvini lo costringeva a restare sotto la pace antidemocratica del perfido Assad. Gli Aylan si moltiplicheranno e passeranno di moda, soppiantati da altri stimoli all'indignazione calati su di noi dai think tank della comunicazione massmediatica. L'impatto dei flussi migratori farà salire la popolarità del tanto odiato, ma tanto utile Salvini, e la catena dell'indignazione si alimenterà di nuovi oltraggi alla nostra umanità. E ci troveremo sulle spalle, già debilitate da cinque lustri di barbarie neoliberista, il peso di un mondo tutto sbagliato. Chissà per quanto reggerà, sotto quel peso, il nostro grande cuore.
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