sabato 28 novembre 2015

Una brutta fine

Il signore che vedete nella foto è Francis Fukuyama. Nel 1992 pubblicò un libro dal titolo The End of History, "la fine della Storia". Il libro espandeva concetti già esposti in un articolo di qualche anno prima, nel quale si suonava una marcia trionfale per la "American way of life" e si infieriva sul nemico agonizzante. La Storia era finita, o stava per finire. Si era arrivati al capolinea, si era visto tutto, nulla rimaneva da conquistare. L'essere umano, se non perfetto, non era comunque più perfettibile, perchè non esisteva più la spinta necessaria per mettere in moto cambiamenti significativi. Marx si era sbagliato: il capitalismo era sopravvissuto, e alla grande. Presto avrebbe portato benessere in ogni angolino del globo ancora non raggiunto. E questo perchè per Fukuyama la democrazia, intesa come liberaldemocrazia borghese, vale più di un piatto a tavola. 
Farneticazioni, naturalmente. Chiunque abbia mai avuto il problema di mettere il piatto a tavola capisce bene come il bisogno sia gerarchicamente superordinato rispetto al desiderio. Per esempio, tanti giovani oggi lavorano in quelle aberrazioni morali che sono i call centre; il desiderio di libertà li porterebbe altrove, il bisogno li inchioda alla loro postazione. Dunque, o traiamo la conclusione che la Storia si chiude per Fukuyama con il banchetto di pochi a fronte di un resto del mondo che muore di fame, o rimettiamo in discussione le (involontariamente) sacrosante parole di Malthus: non cè posto per tutti al grande banchetto della Natura. Non c'è posto per chi consuma il suo, il mio e il vostro.
Ma Fukuyama, è evidente, ha vinto.  Ce ne accorgiamo dalle dichiarazioni di molti esponenti della nostra "classe dirigente". Quelli che ci chiamano "choosy", "sfigati", "mammoni", che ci danno dei fannulloni e ci esortano a terminare gli studi in fretta, e correre a farci sfruttare come schiavi nell'antico Egitto. Ce ne accorgiamo dal fatto che, nell'epicentro della American way of life, la gente fa letteralmente a botte per un televisore in saldi. Ce ne accorgiamo, infine, dal livello di abietto servilismo raggiunto da buona parte dei nostri "intellettuali" e "giornalisti", che risponde alla tragica evidenza che la Storia non è AFFATTO finita con letture da sottoproletariato analfabeta, se non con forme di malcelato razzismo.
E me ne accorgo io, misero e tapino, quando faccio lezione. L'assoluta incapacità dei miei alunni di collegare quei quattro eventi e fenomeni a cui si fa riferimento nell'imancabile historical background mi conferma che questi poveracci sono stati privati degli strumenti per capire da dove viene l'orrore in cui li fanno vivere. La mia sfida personale, quest'anno, è di far capire a qualcuno, fosse anche una sola persona, che sangue della colonna sono state le enclosures nell'Inghilterra della prima età moderna, e quanto siano tristemente attuali. Dare a qualcuno la possibilità di capire che il modus pensandi feroce di gente come Poletti, come Martone, come la Fornero, è atrocemente vicino a quello dei Puritani di 400 anni fa che spiegavano con la predestinazione alla dannazione la causa di ogni male sociale.
No, non credo che questa sia la fine. La Storia non è finita. Un'opera così grandiosa, nel bene e nel male, non può avere una fine di merda come questa. Noi, se non ci diamo un svegliata, sì.

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