Buonasera a lor signori. Mi presento: sono un fesso. Non sono un intellettuale, un artista, un uomo di potere e/o di responsabilità Sono un fesso. Sono ignorante, ignavo, stupido magari no, ma neanche una cima. Non ho le carte in regola per fare lucide e complesse analisi storiche, sociali e politiche.
Ma mi sono francamente sbrindellato i coglioni di vivere in un paese in cui gli intellettuali, gli artisti e gli uomini di potere e/o responsabilità sono penosamente mediocri, quando non in mala fede e, per usare un termine caro al mio professore di italiano delle superiori, dei "gaglioffi". Quando un intellettuale come Pasolini, un giornalista come Giancarlo Siani o Peppino Impastato, un giudice come Falcone o Borsellino si mettono in testa di fare il loro lavoro per bene, sul serio, i poteri costituiti di questo paese (eterogenei e apparentemente incompatibili, ma effettivamente sempre in equilibrio e in simbiosi) li emarginano, li privano di credibilità finché possono, e se non basta li uccidono. Parafrasando Wilde, per quelli che hanno una conoscenza della lingua inglese pari alla mia e a quella del partigiano Johnny (ovvero quella di un fottuto lord), potremmo parlare della inconvenience of being earnest.
La "macchina del fango", la chiama quello scienziato di Saviano. Se vi piace il saputello zelloso, tenetevelo e non mi leggete più. Anzi, non mi salutate più se mi incontrate per strada. Perché Saviano è organico ai nostri poteri costituiti, rinsaldati dall'inveterata permanenza in essere, placidi e simbiotici, né più né meno di Ezio Mauro o del boss di Casal di Principe, chiunque egli sia in questo momento (e scusatemi se non sono informato come lo zelloso vostro). Se qualcuno esce fuori dal coro, te ne accorgi. Se un chitarrista comincia a improvvisare su una scala di SI quando il pezzo è in DO, senti subito che c'è qualcosa che non va. Lo senti tu e lo sentono a maggior ragione i musicisti. Si fermano, smettono di suonare. Chiedono spiegazioni al chitarrista. Se non passa alla tonalità giusta, finiscono per cacciarlo dalla band. E se quello continua a presentarsi in sala prove con la chitarra a tracolla e il jack in mano, pretendendo di attaccarsi a un amplificatore che renda udibili le sue note, finisce che gli danno pure due schiaffi.
Ma veramente pensate che la civiltà (la nostra, eh) sia un bel salotto elegante in cui ognuno può dire tranquillamente la sua? Veramente pensate che, a fronte di tutti i soldi (e dunque di tutto il potere) che si possono guadagnare o perdere a seconda delle oscillazioni delle opinioni e della sensibilità popolari, e della loro conformità o meno a condizioni economiche, finanziarie e geopolitiche pre-esistenti, i vostri padroni lascino dire la loro a cani e porci? Ah, vi siete offesi perché ho parlato dei "vostri padroni"? Suvvia, adesso non mi direte mica che vi ritenete liberi?
Il potere, cari amici miei, ci appoggia la sacca scrotale in testa. Lo ha sempre fatto, e sempre lo farà, fin quando accetteremo di pensare il consorzio umano con modalità verticali, anziché orizzontali. In altre parole, fin quando esisteranno persone più potenti di noi, le loro metaforiche gonadi (vi prego, non tacciatemi di maschilismo!) saranno sulle nostre teste. Presi uno per uno possono essere più o meno simpatici, accattivanti, carismatici e quant'altro; ma il loro ruolo è, è sempre stato e sempre sarà quello di opprimerci e sfruttarci per trarne vantaggio.
Ecco, ho già detto quella che a me pare un'ovvietà. E visto che non mi pare ci siano ugole più eloquenti e coraggiose a prestarmi la loro voce, mi trovo costretto a dirne subito un'altra. La lotta alla mafia non si può fare sul serio senza affrontare la questione meridionale, né in un'ottica neoliberista.
Ogni tanto le cosiddette "forze dell'ordine" arrestano qualche malignone con la faccia da pitbull, e il borghese progressista applaude perchè pensa - giustamente - che una faccia così è meglio se sta dietro una cancellata, dove non può minacciare la sua incolumità o la sua proprietà. Poi magari quel malignone dava lavoro con i suoi traffici a più persone di quelle impiegate nell'azienda più o meno legale (siamo a posto, ma se non viene il controllo è meglio...) del nostro borghese targato PD, e non è da escludere che pagasse anche meglio i suoi "dipendenti". Perché questo è la "camorra": un'istituzione sostitutiva di un'altra istituzione (lo stato) percepita in alcune regioni geografiche, e in alcuni settori della società, come inutile, se non addirittura nociva. Questa percezione potrebbe avere qualcosa a che fare con il modo in cui è stato unificato questo paese? E perché mai la politica italiana, che al Sud ha sempre coltivato buona parte del suo elettorato con i metodi del clientelismo, ovvero la promessa di concedere a Tizio o a Caio quello che spetterebbe di diritto a tutti, dovrebbe andare a intervenire sul divario fra Settentrione e Mezzogiorno? Quando questo divario è una miniera d'oro, non solo per i politicanti che possono così letteralmente ricattare molti dei loro elettori, ma anche per industriali, speculatori e criminali d'ogni sorta?
No, Borsellino non l'hanno ucciso la mafia, lo stato, Nicola Mancino o chi cazzo ne so io. L'ha ucciso l'Italia. L'Italia conservatrice, l'Italia che ha sempre qualcosa da perdere, quella pavida, gattopardiana, pagnottista e "moderata". L'ha ucciso l'Italia che nel '20 aveva più paura degli scioperi che non dei fascisti. L'ha ucciso l'Italia che votava DC perché lo diceva il parroco, e perché se no finisce che arrivano i rossi e si prendono la mia vacca. L'ha ucciso chi si accorge che il capitalismo forse non è il paradiso in terra solo quando prende il bagno dalle azioni Parmalat o quando sale lo spread. Paolo Borsellino l'ha ucciso Pippo Baudo. I varietà del sabato sera, il Bagaglino, i fratelli Vanzina, i cinepanettoni, il pulloverino buttato sulle spalle e l'ondata di caldo anomalo che si presenta puntuale tutte le estati.
E non c'è niente da fare, non è che io la voglio sempre buttare sul ridere. Ma lasciate perdere il TG della 7, le intercettazioni e tutta quella roba là. Ha ragione il compagno Folagra: è a monte che dobbiamo distruggere.
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