Questa, amici del Bradipo, è una storia d'amore. Dell'amore fra un giovincello e una bevanda. E, più tardi, di quello che sbocciò fra un ometto che di questa bevanda si inebriava e la libertà. Mettetevi comodi e aprite una birra. Narrerovvi.
Cominciò tutto quando aveva nove anni. Era a casa di una zia materna, quando vide il cugino prendere una bottiglia dal frigo, stapparla e versare il dorato liquido schiumoso in un bicchiere. Era birra. Aveva imparato a riconoscerla dalla colorazione del vetro che la conteneva, una tonalità di marrone inconfondibile. Il cugino lo guardò, lo soppesò con gli occhi...e stabilì che era pronto. Versò un po' di quel misterioso nettare in un altro bicchiere, e glielo porse. Il giovane Bradipo lo portò alle labbra con la cautela della prima volta. E fu sopraffatto da una sensazione di amarezza, come se si fosse messo in bocca una manciata di terreno. Il cugino lo capì dall'espressione del viso, rise e profetizzò: "imparerai ad apprezzarla".
Aveva ragione. Ostregheta, se aveva ragione. Sei o sette anni dopo l'adolescente Bradipo cominciava a uscire il sabato sera con gli amici, e a fare consumo di birra. L'ebbrezza giungeva dopo pochi sorsi, in quei tempi felici di folte chiome. Dopo una settimana di studi matti e disperatissimi, sotto la rigida sorveglianza di una madre professoressa, il sabato era l'occasione per evadere un po'. Era il giorno di libertà.
Venne il 1990, e portò la Pantera. La Pantera, che non c'entra niente con il giaguaro che il povero Bersani voleva smacchiare, è stato un ciclone, nealla realtà politica e sociale italiana di quegli anni. Era l'antagonismo che faceva capolino e diceva "Cucù! Io sono qui! Non sono morto!" Per un ometto di 16 anni fu l'occasione di imparare, dopo tanto latino e greco, qualcosa di veramente utile e concreto sulla vita. Non dico che non bisogni studiare il latino e il greco, dico che prima di tutto c'è la formazione, che io non posso dire di aver ricevuto dalla scuola, fino a quando non l'ho occupata. Non era più il giorno di libertà: era la scuola della libertà. Ma non è questo il luogo per analisi storico-politiche. Qui si parla di birra e libertà. Di come si impara ad apprezzare il gusto della birra bevendola, e della libertà praticandola. Sono gusti spigolosi, ostici, è difficile capirli e amarli al primo sorso.
Perchè tornai ad assaggiare quella bevanda amarostica, dopo quella prima volta con mio cugino? Perchè c'era qualcosa in coloro che vedevo berla, mentre la bevevano, che mi faceva desiderare di capire meglio quel sapore, e soprattutto che cosa c'era dietro quel sapore. E così me ne innamorai. Ai primi sorsi, la libertà adulta, quella che non era più evasione ma assunzione di responsabilità, era altrettanto ostica. Anche quello è un gusto che si acquisisce, il bambino non lo può apprezzare. Ma l'adulto, se vuole essere tale, e non un eterno bambino, deve esplorarlo e farlo suo. Certo, con la birra è facile: basta aprire il frigo, prenderne una e stapparla con un apribottiglie. Per arrivare alla libertà bisogna aprire la mente, non il frigorifero. E per stappare la bottiglia ci vogliono umiltà, rispetto del prossimo e un grande amore per la verità. Ma ne vale la pena, credetemi: il sapore è ottimo, e la sbornia non passa mai.
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