Stamattina, cari lettori, mi sono svegliato a un orario al quale il sabato mattina una civiltà degna di tale nome dovrebbe imporre il coprifuoco: le otto. A quell'ora le persone rispettabili, nel fine settimana, dovrebbero dormire. Svegliarsi alle otto di sabato mattina è l'inizio della barbarie. Si comincia così e si finisce a suicidarsi con una spada da samurai perchè non si sono raggiunti gli obiettivi aziendali.
Perché mi sono svegliato così presto? Perché avevo un colloquio di lavoro, cari i miei loro. E siccome io ho avuto la sfortuna di nascere a Napoli (Bocca diceva tante fesserie, ma questa è una verità incontestabile), lavoro vuol dire nel mio caso sfrenata, deregolata, orgiastica celebrazione del feudalesimo, delll'ancién regime, di un ordine sociale fondato sulla servitù della gleba e sulla dittatura della gente di sfaccimma e della anomia che la partorisce e riproduce. Nella fattispecie, una supplenza rigorosamente non retribuita in una scuola paritaria di un paesone alle porte della mia città che puzza di percolato assortito e plastica bruciata, dove quando esci dalla fermata di quello straordinario omaggio alla poetica del Pasolini di Una vita violenta e Ragazzi di vita che è la Circumvesuviana ti dici "ma dove cazzo sono finito?" e cominci a vagare come Dante all'Inferno quando si perde Virgilio.
Purtroppo mi hanno preso.
Sulla bacheca di un amico di Facebook si commentava la deriva della sinistra, e di come usi idee e richiami simbolici completamente svuotati del loro significato originario per raccogliere un consenso che non si tradurrà mai in un progetto alternativo di società. Persone di cultura, politica come generale, palesemente superiore alla mia, e che in virtù di una carta di identità più "importante" hanno vissuto anni di lotte e conquiste che io non ho visto, discutevano di come si possa raccogliere la bandiera del marxismo e portare avanti quelle lotte che ormai rivivono solo in grottesche e ipocrite pantomime. Io, cari amici, sono un fesso reoconfesso e un semi-analfabeta dichiarato, per cui non è a me che dovete chiedere analisi ed elaborazioni di ampio respiro. Ma di impressioni e riflessioni posso offrirvene qualcuna.
Mentre tornavo dalla scuola verso la fermata della vesuviana pensavo a come un sistema di assegnazione dei punti nelle graduatorie scolastiche fatto a uso e consumo dei furbi condanni me e altre decine di migliaia di persone ad una effettiva servitù della gleba. No, non è un'iperbole, è proprio così. La trafila di supplenze nelle scuole private per fare punteggio è davvero una forma di servitù. Noi laureati in materie umanistiche oggi siamo quello che era 50 anni fa il proletariato, con la differenza che noi abbiamo spesso nella famiglia una rete sociale in più. D'altro canto, le nuove forme di flessibilità del lavoro (un modo elegante per indicare la posizione più adatta a facilitare la sodomia) ci rendono più facili da sfruttare. E siccome siamo soli, spesso gli uni contro gli altri perchè siamo cresciuti in famiglie piccolo borghesi che ci hanno inculcato valori di merda, non siamo in grado di reagire.
L'unica speranza, riflettevo mentre due cani allo stato ferale mi curriavano in mezzo alla wasteland diossinata di Casalnuovo, è in un netto rifiuto di quella logica. Ci sfruttano, c'è poco da fare. Ci sfruttano al dettaglio, nel nostro isolamento, nella nostra solitudine, nella nostra diffidenza verso i nostri compagni, coloro che mangiano il nostro stesso pane. Questi i pensieri che mi attraversavano il cervello, mentre affrettavo il passo per sfuggire al Cerbero suburbano che difendeva il suo territorio come un soldato del Sistema con la faccia lampadata e la tuta adidàs, queste le tristi constatazioni che mi ispirava quel panorama di abbandono, di negazione implicita della perfettibilità dell'uomo e di tutto ciò che l'Umanità abbia prodotto in quello spirito. Uno stuolo di invisibili sanfedisti aveva appeso la mia dignità a un lampione con un cartello in bella mostra che recitava "ACHTUNG BANDITEN". Il mio culo era dell'istituto paritario, come avrebbero detto in un film americano. Non era il primo e non sarebbe stato l'ultimo. Ripeto: homo solus, homo nullus.
Da dove ricominciare a lottare, si chiedevano i due attempati compagni su Facebook. Buttiamola lì: da ciò che ci fa compagni: dal lavoro. Dallo stato di abiezione in cui siamo costretti a svolgerlo. Dallo sfruttamento al dettaglio. Come? Prendendo coscienza del fatto che non siamo soli. Ti può sembrare, quando il cagnaccio ferrigno e scostumato ti abbaia alle calcagna e le macchine sfrecciano incuranti del tuo destino sulla via Nazionale delle Puglie. Eppure non è così. Siamo sfruttati al dettaglio, ma siamo tutti sfruttati essenzialmente allo stesso modo. Siamo proletariato. Non dobbiamo illuderci di essere altro, o la nostra condizione di asservimento sarà perpetua. Dobbiamo ridurre quelle distanze, ritrovarci intorno alla comune disgrazia di una vita che, come dice un saggio e poliedrico artista delle mie parti, ha sconocchiato. Compagni dai call center e dagli istituti di recupero, dalle ditte di consulenza e dagli studi di professionisti, dalle salumerie e dai megastore, e voi, i pochi che rimanete ancora nelle nostre fabbriche e nei nostri campi: non c'è niente che possa salvarci, se non il riconoscerci nella nostra comune sorte di sfruttati. E poi vediamo chi sono i banditi, e chi le persone per bene.
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