Per un po' mi sono trattenuto dallo scrivere questo post. Pensavo, a che pro scatenare un flame inutile, nella quasi assoluta certezza di essere frainteso dalle genti, o perlomeno dalla massima parte di esse? Poi però scatta l'insofferenza, e il bisogno di andare a sfrocoliare la mazzarella di S. Giuseppe, atteggiamento senza il quale sono certo che saremmo ancora nelle palafitte, o peggio. E, infine, c'è da considerare che questo è ormai diventato un blog di difesa personale. Io qui butto mazzate alla cecata, come amano dire a Milton Keynes. Se vi sta bene, mi leggete. Se non vi sta bene, mi darete in cuor vostro dell'imbecille e/o quant'altro, e vi allontanerete inorriditi da questo spazio molto poco educato.
Ieri camminavo per via Luccoli, elegante strada del centro storico di Genova. Mo', voi forse sapete che questa è la capitale mondiale dei vecchi; se non lo sapete, ve lo dico io. E, sarà che con Genova ho avuto un buon impatto, avendomi questa città salvato da un destino ingrato di disoccupazione/sottoccupazione/peluria di mezzi, ma a me il vecchio ligure pare quasi sempre bello e aggarbato. Il ligure, quando è signore, è signore assai. Ci saranno poi sicuramente i vecchi scostumati, sgraziati e lazzari (cadrei nella trappola del razzismo di cui parleremo in questo post se lo negassi), ma fortunatamente io non li incontro mai. Dicevo, ero a via Luccoli e, passando davanti a due signore anziane che, mi dovete credere, trasudavano signorilità, ho afferrato qualche parola della loro conversazione. Una diceva all'altra di essere ultimamente diventata razzista, cosa che non si sarebbe mai aspettata. Io, che abito nell'epicentro dello squallore del centro storico, a pochi passi dalla succitata via Luccoli, posso facilmente indovinare cosa ha spinto quella signora amabile e aggarbata a diventare razzista. Sarebbe facile, per chi conosce la topografia della città e ragiona per facili stereotipi, scagliarsi contro la vecchiaccia borghese e reazionaria, che sicuramente avrà il guardaroba pieno di pellicce e i cassetti pieni di gioielli, in disprezzo della sofferenza dei poveri mustelidi uccisi e dei disgraziati minatori sudafricani sfruttati per farla elegante e signorile. Ma vi assicuro che i radical chic di cui questo centro storico abbonda, in massima parte non vengono certo dalla Valpolcevera e non si sono mai seduti a un tavolo per fare i conti e quadrare il bilancio familiare.
E, allora, qual è il punto? Dove voglio arrivare? Provo a spiegarmi. Però mi dovete seguire, perché se vado diretto all'obbiettivo il rischio di essere frainteso aumenta. Mi dovete seguire fiduciosi, e senza la spocchia di chi legge solo per trovare il punto e virgola da criticare.
Vi sarà capitato, se siete napoletani (e molti di voi lo sono, non negate), di trovarvi di fronte a settentrionali che lodavano l'inventiva, il senso dell'umorismo, l'arte dell'arrangiarsi del partenopeo. Vi è capitato o no? Dite la verità! Ecco, quelli sono gli stessi che poi si lamentano del napoletano delinquente, maleducato e via dicendo. Il problema sta nel modo in cui si sovrappongono insiemi che non andrebbero sovrapposti. Il napoletano può essere simpatico e originale come può essere violento e disonesto. Probabilmente una delle due cose escluderà l'altra. La contrapposizione da fare, in questo caso non è meridionale-settentrionale, ma persona onesta-delinquente. Il fatto è che qui a Genova, per molti anni, c'è stata una fiorente criminalità napoletana. I cosiddetti "napoletani di via Prè". Non gli spacciatori, i contrabbandieri, i ruffiani di via Prè. Nossignore. I napoletani.
Oggi, nella zona di Via S. Luca, nella quale ho avuto la sfortuna di venire ad abitare, c'è una fiorente criminalità centro-africana. Pur non essendo napoletani, si fidano di fare una quantità di tarantelle ragguardevole. Spacciano droga (quella infame, non quella per fare la sigaretta simpatica), derubano, imbrogliano, ti imparoleano e alla fine della giostra restano con i tuoi venti euro in mano e ti mandano via con un calcio in culo. Praticamente dei napoletani. Al supermercato di fronte casa, pressoché circondato dal percolato umano di cui sopra, due ragazzi di colore provenienti quasi certamente dalla stessa zona dell'Africa scaricano merce dalla mattina alla sera. La signora di via Luccoli però, quando pensa ai neri, non pensa a loro, che sono praticamente italiani. Pensa a quegli altri, a quelli praticamente napoletani.
E adesso credo di poter dare l'affondo, perchè se non avete capito ancora siete di ferro, come dicono nel Lanarkshire orientale. Non esistono "i migranti", se non quando salgono su quei terrificanti barconi che non ci si spiega come facciano a galleggiare. Appena mettono il piede a terra, se non siamo dei completi imbecilli, dovremmo pensare a loro nello stesso modo in cui pensiamo ai napoletani. Ce sta 'o bbuono e ce sta 'o malamente. Il vero razzismo è metterli tutti insieme. Hanno già fatto un viaggio infernale nella stessa barca. Una volta scesi, per carità , non ce li rimettiamo.
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