Signori, qua il fatto è serio. Non sono più i tempi in cui tutto era lecito fin quando non si mettevano le mamme in mezzo; oggi il linguaggio è una selva di divieti e trappole. Puoi dire a qualcuno, ad esempio, che è la schiuma di mezzo alle pacche dei cavalli di Bellomunno quando arrancano sulla salita di Capodimonte sotto il sole di Agosto, trainando un morto chiattone, e nessuno avrà molto da eccepire; ma prova a mollare il classico "ricchione" e sarai subito nell'occhio del ciclone. La rima non era voluta, è che non so scrivere. Non c'è neanche bisogno di pronunciarlo con quella carica di disprezzo di quando uno dice "sì 'nu ricchione 'e mmerda!". Qui anche un ricchione semplice, un frocio o un finocchio, è passibile di gogna. Ma che ci sarà mai di offensivo nell'essere ricchione? Niente. Infatti, ormai nessuno che abbia completato la terza media ti chiama più ricchione per denigrare la tua omosessualità. Ad esempio, se io trovo dopo mille giri a vuoto un posto auto e faccio per entrare, ma vengo preceduto all'ultimo momento da un astuto lestofante, potrei esclamare "ma tu vide a 'stu ricchione!", pur non avendo alcun elemento probatorio sul quale basare la mia ingiuria. Se lo chiamassi "figlio 'e zoccola", il ragionamento da fare sarebbe lo stesso. Le probabilità che io conosca la madre dello stronzo in questione, in una grande città, sono scarse. Succede che a volte usiamo certe parole ed espressioni in un modo che abbiamo ricevuto in eredità dal passato, quando i padri prendevano i figli a cinghiate e il delitto d'onore era punito con minore severità di un furto d'auto.
Ma una cosa è vera, nel mondo del calcio c'è tanta omofobia. La mia teoria, che forse troverete irrispettosa e irriverente, o forse bislacca, è che non possiamo dare tutta la colpa agli scostumati che spostano con la bocca. Un po' di responsabilità ce l'hanno anche i responsabili del design e del marketing (due parole discretamente gay, a mio parere), che hanno arricchiunito il meraviglioso giuoco del calcio. Ecco le mie umili proposte per riportare un po' di ommità nel mondo dell'arte pedatoria e così contrastare l'annoso problema dell'omofobia sul rettangolo verde:
- Abolire gli scarpini colorati. Cioè, voglio dire, porti lo scarpino fucsia e poi ti sorprendi se ti danno del buliccio? A questo punto mettiti il tacco dodici...
- Decretare per legge che la superficie esterna del pallone deve essere composta tassativamente da pentagoni di colore nero ed esagoni di colore bianco; o, ancora meglio, presentare una colorazione omogenea, quella del bruno, ruvido cuoio non verniciato. Ommità a manetta.
- Togliere i nomi dei giocatori dalle maglie. Che cos'è questo vezzo da prime donne? Maradona non aveva scritto niente sulla schiena, ma la gente sapeva chi era. Certo, se sei un fesso qualsiasi rischi che nessuno ti riconosca quando tocchi palla. Ma se sei un fesso qualsiasi, perchè ricordarlo continuamente a tutti?
- Le maglie stesse devono essere in lana per i tempi freddi e in cotone - rigorosamente non acetato - per quando fa più caldo. Saranno ammesse solo tinte unite e strisce. Se guardando la divisa sociale in controluce si riesce a intravedere femminei ghirigori, il club riceve una penalizzazione di 10 punti.
- Ai giocatori non sarà consentito lamentarsi o restare a terra per più di cinque secondi, a meno che non abbiano subito un infortunio grave. Nel caso in cui un perito medico super partes dovesse verificare che il calciatore sta simulando, procederà con un apposito randello a procurare l'infortunio, e ristabilire così un clima di leale virilità.
- Per finire, gli arbitri torneranno a indossare la casacca nera e saranno diffidati dal sorridere. Un arbitro come si deve è brutto, cornuto e di estrema destra.
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