Cari lettori, buonasera. Dal momento che il caldo è ormai arrivato, i raggi del sole si abbattono impietosi su chiunque abbia l'ardire di esporvisi, e le mosche ronzano intorno alla carcassa putrefatta della civiltà occidentale come intorno a una testa di porco, non v'è che una soluzione: chiudersi in casa e non aprire a nessuno. Ma come sopravvivere? Al di là di qualche rapida sortita per approvigionarsi, come passare il tempo che ci separa dal prossimo autunno, quando sarà di nuovo sicuro avventurarsi nel mondo esterno? Io posso dire solo che mi impegnerò per fare la mia parte. Comincio subito.
Il successo elettorale del M5S in diversi comuni (in particolare Roma e Torino) nelle ultime amministrative ha scatenato un'ondata di ironia e sarcasmo. Sappiamo bene che, con l'avvento dei social network, siamo diventati tutti grandi filosofi e/o comici. Nulla sfugge alla nostra comprensione, e mai e poi mai perderemmo la possibilità di sfoggiare il nostro sublime senso dell'umorismo attraverso qualche arguto motteggio, che naturalmente non manca mai di suggerirsi alle nostre eccelse menti. Grazie a Mark Zuckerberg e compagnia, non siamo più costretti ad essere dei poveri coglioni che lavorano tutta la vita per pagarsi il mutuo e, magari, comprarsi la macchina nuova ogni cinque o sei anni. Oggi possiamo essere tutti qualcuno. Guardate, perfino io!
Però devo confessarvi che a volte dubito della mia intelligenza. A dirla tutta, ne dubito quasi sempre. Il fatto è che non vi capisco. Avendo un'intelligenza rozza e poco sviluppata, non arrivo dove volano le acquile come voi. Ad esempio, non sono mai riuscito a capire una cosa, ve lo confesso con tutto il candore del caso (tè tè, beccati questa allitterazione!): com'è che il popolo qualche volta è bue, mentre altre è un'entità di ineffabile purezza, una fonte di suprema legittimazione morale alla quale solo i giusti hanno il diritto di abbeverarsi?
In attesa delle vostre risposte, che spero arrivino presto e numerose (parlo con voi, sommi sacerdoti della ragione!), proverò ad arrangiare qualcosa da solo. E, poiché sono così stupido, non posso che andare avanti a botte di domande. Di quelle ne ho tante; di risposte, ahimé, poche. La prossima domanda è questa: ma chi è il popolo?
No, perchè il linguaggio è complesso (scusate se ogni tanto mi concedo un'affermazione) e c'è una cosa che si chiama "polisemia": le parole hanno più significati. A volte questi sono distanti fra loro, e allora possiamo distinguerli chiaramente. Ad esempio, "canto" può essere l'atto del cantare, ma anche un angolo (sebbene questo secondo significato sia un po' desueto). Altre volte, invece, i vari significati di un lemma possono essere più vicini. Ed è lì che l'affare si imbroglia. Il popolo, ad esempio, può essere l'insieme dei cittadini di un paese (il popolo italiano, il popolo francese ecc.) ma anche qualcosa di diverso, meno neutrale, più connotato. Vediamo un po' di definizioni. Secondo il Sabatini/Colletti, consultabile sul sito del Corriere, nell'accezione numero 4:
In senso sociale, il complesso dei cittadini che costituiscono la parte più numerosa, meno agiata di uno stato.
Per il Garzanti online:
L’insieme delle classi sociali di più modeste condizioni economiche e civili.
Per l'Hoepli, consultabile sul sito di Repubblica:
Il complesso delle classi sociali meno abbienti della popolazione di uno Stato.
Dunque, oi polloi, come dicevano i pederasti olivofagi, la moltitudine, la turba, la zantraglia, la mazzamma. La sfaccimma della gente. Gente che ha poco e conta poco. Cari amici, se ci togliamo il prosciutto dagli occhi ci rendiamo conto che noi ne facciamo parte. Se la smettiamo di confondere ottocentesche narrative romantiche sul proletariato con la realtà che abbiamo fuori da quella porta (oltre la quale torno a implorarvi di non mettere piede nelle ore più calde, e comunque mai più del tempo strettamente necessario) ci renderemo conto che il popolo oggi, quella sentina della storia disgustosa e nauseabonda, siamo noi. Se mi stai leggendo vuol dire che non sei su un panfilo, circondato da donnine in topless; e quindi anche tu, che ti piaccia o no, sei popolo.
E qui sono certo di aver causato a molti profonda insofferenza. Dice "noi abbiamo studiato!" E 'sticazzi, le menti raffinate che mandano avanti la baracca saranno sempre un passo avanti. Dice "il dentista e l'avvocato non sono come l'operaio!" Certo che non lo sono. E l'operaio non è come il precario del call centre, il quale a sua volta non è come il disoccupato. E perfino il disoccupato, se può godere di qualche rete sociale (in genere la famiglia) non è come il nullatentente costretto a chiedere la carità per non morire di fame. Ma è anche vero che, più sei ai margini di una società, più sei disperato, meno riesci a interessarti alla cosa pubblica. Non è che sei bue. Hai altri cazzi per la testa. E questo non ti nobilita.
Un processo politico rivoluzionario, per avere successo, deve essere portato avanti da una base di consenso quanto più ampia è possibile, specialmente se te la stai giocando con un nemico che riesce a produrre tanto consenso, giocando sporco. I marginali in una società non hanno mai prodotto, e mai produrranno, significativi cambiamenti politici. Questo mi arrischio ad affermarlo con certezza. Le rivoluzioni le fanno oi polloi: il che in Italia nel 2016 vuol dire l'operaio, l'impiegato, il salumiere, il farmacista e pure l'amministratore di condominio. Ecco perchè il M5S guadagna voti. Vuole fare la rivoluzione che si può fare, quella del bue che si è stancato di arare il campo al padrone e poi essere disprezzato, di essere insomma cornuto e mazziato. E il bue magari non sarà intelligente come voi che avete studiato e leggete i libri scritti fitti fitti e senza le figure, ma è forte. E la forza si sconfigge con la forza, non con le citazioni e le battute di spirito. Per questo, essendo io un idiota, chiudo parafrasando Majakovskij: attenti al bue, non sia mai gli venisse in mente di torcere il collo ai canarini che cinguettano contro la sua rivoluzione.
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