Cari amici, ho capito di essere come Concetta Cupiello: mi sono fatto vecchio, sono diventato aspro... sarà che in questi giorni si sta chiudendo l'anno scolastico e, per quanto possa sembrare incredibile a gente della nostra generazione, che ai primi di giugno si "ritirava", i miei alunni stanno sostenendo ancora interrogazioni. Perfino domani, ultima giornata ufficiale di lezioni, dovrò sentire due persone. Di questo, come di ogni altra manchevolezza dei miei studenti, il responsabile sono naturalmente io; io, che ho osato mettere in discussione il dogma del lieto fine, in cui questi ragazzi sono stati allevati.
Sono diventato, come dicevo, aspro. Un tempo, quando io stesso ero fra i banchi di scuola e sul mio capo cresceva qualcosa di simile alla scarola, ero propenso ai frizzi e ai lazzi. Allietavo i compagni col mio buonumore e le mie rime spiritose e mordaci. Oggi questo continua ad accadere, in una certa misura, in aula professori; non più, ahimé, in classe. Sapete com'è, oggi sono un insegnante. Sento di avere delle responsabilità. Per questo somministro insufficienze e traumi psicologici, e per questo devo temere la tremenda vendetta dello spirito di Julie Andrews.
Ma non è solo uno sfogo personale, questo. Come spesso accadde, o mythos deloi, ovvero, per i non grecisti, il fatterello da cui parto non è che uno spunto aneddotico per insinuare le mie teorie più o meno bislacche. Quando vedo i giovani radical chic, penso due cose: la prima, naturalmente, è una semplice constatazione di quanto ossigeno si sprechi all'interno dell'atmosfera terrestre; la seconda è che un simile scempio debba avere delle cause. Dove sono, dunque, le radici del male?
Come dicevo, i miei studenti sono stati presi da un improvviso, irrefrenabile impulso a parlarmi di Wordsworth e Coleridge. Per questo mi fermano ognora nei corridoi, al che io non posso fare a meno di domandare, come l'ospite dello sposalizio della famosa poesia, quella dove qualcuno spara a un gabbiano (cit.),
Now wherefore stopp'st thou me?
Ma non sono che affettazioni di maniera. So bene cosa vogliano. Vogliono portarmi nella terra of ice and snow del gelo psicoevolutivo, quel luogo in cui l'ingegno umano è
as idle as a painted ship upon a painted ocean
e lì sottopormi al supplizio che mi spetta per aver abbattuto l'albatros della loro spensieratezza con i miei voti "rossi". Vogliono valicare le frontiere che separano il successo dall'insuccesso, senza dimostrare il minimo rispetto per chi ha lavorato per costruirlo, il successo. Vengono a provare l'interrogazione, come se il loro insegnante fosse una slot machine. E pensano che il mero fatto di provarci debba determinare l'ammissione in seno alla ecclesia, in quanto eterni catecumeni che non imparano mai, una buona volta, quei cazzo di dieci comandamenti, manco fossero cento.
Non esistono problemi da risolvere, ostacoli da sormontare, prove da affrontare (con la conseguente possibilità di non farcela). C'è solo una pretesa di avere la tavola apparecchiata. Questo è l'uomo nuovo che vogliono i miei alunni. Ecco da dove vengono i coglioni che parlano di solidarietà e accoglienza con i soldi di papà sul cellulare, in un paese in cui i posti di lavoro spariscono a velocità vertiginose. Ed ecco perchè io continuerò a sparare all'albatros, e riempire di rosso la sezione VOTI del registro elettronico, nella speranza che il finale di questa nostra triste vicenda collettiva veda l'inetto di oggi risvegliarsi un giorno
A sadder and a wiser man
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