venerdì 8 marzo 2013

Un pappagallo morto chiamato PD



L'Italia trattiene il fiato. Fra la minaccia mai scongiurata dello spread e quella del ciclone Grillo (che magari verrebbe ridimensionata se vi prendeste la briga di conoscere da vicino il M5S, anzichè farvelo raccontare da chi può sopravvivere solo se riesce a distruggerlo), la parte sana, informata e democratica del paese conviene su un punto: questo è un momento molto delicato. Un po' come se i genitori di un bambino che sta perdendo i denti da latte si chiedessero preoccupati che cosa sta succedendo al loro piccolo.

Abbiate pazienza, ma il mondo deve progredire. Perfino l'Italia, guardate, non può esimersi da questa necessità. E io, che ribadisco sempre di essere fesso e ignorante, ultimamente mi sento una cima. Eh, sì, perchè mi guardo intorno e vedo persone di una certa età, che per tutta la vita hanno mangiato pane e politica, e che non capiscono l'aspetto più ovvio di questa crisi: la politica italiana, dopo venti anni di pantomime ignobili e rivoltanti, ha rimesso i piedi per terra. Le si chiede di risolvere problemi reali, di agire per trasformare la società, per curarla dai suoi mali. Non è "antipolitica", tutt'altro: è il desiderio di una politica che serva a qualcosa, oltre che a elargire "selettivamente" e sperperare denaro pubblico.

Due forze politiche sono finite più delle altre sotto i riflettori: il Movimento 5 Stelle, grande vincitore della tornata elettorale, e il Partito Democratico, o meglio quello che ne resta. Si chiede "responsabilità" a Grillo, e ci si indigna quando dà del "morto che cammina" a Pierluigi Bersani. Come se questo fosse un insulto, e non la constatazione di un'ovvietà che solo la faziosità può impedire di vedere.

Come John Cleese nei panni del signor Praline, nel leggendario sketch dei Monty Python, l'elettorato italiano ha riportato indietro il pappagallo morto che la Bolognina gli aveva rifilato. Caspita, ce ne abbiamo messo di tempo per capire che il pappagallo era morto, ma alla fine ci siamo riusciti. Ci ha aiutati la crisi economica (è ben noto che il sazio non crede al digiuno, per cui talvolta saltare il pasto può fare bene), oltre che il prorompere sulla scena del movimento creato da Beppe Grillo; guarda caso, dopo che un lungimirante PD gli aveva rifiutato la tessera. Comunque sia andata, e qualsiasi altro fattore possa aver contribuito al panorama che si è venuto a determinare, gli italiani vogliono un nuovo pappagallo.

Se John Cleese rappresenta gli elettori, Michael Palin rappresenta il sistema mediatico che si ostina a negare la realtà. Basta prenderci in giro: il volatile non sta dormendo, non è stordito, e se lo avete inchiodato al trespolo è per farlo tenere in piedi, non per impedirgli di piegare le sbarre della gabbia e volare via. Come il Norwegian Blue, il Partito Democratico non avrebbe uno scatto di vitalità nemmeno se gli dessimo una scarica da 4.000 volt. E' un cadavere, privo di vita. Se ne è andato al creatore. E' un ex partito.

Quello che io, il signor Praline, adesso esigo è un pappagallo nuovo. Un partito di sinistra, che difenda il lavoro, la dignità umana, il diritto dei popoli a determinare la loro realtà politica ed economica. Un partito anti-imperialista, a favore di un ordine mondiale multi-polare, che ripudi la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, e non ci prenda per il culo facendola sotto  la dicitura "missione di pace". Un partito che non si permetta neanche per scherzo di nominare lo spread quando si parla di politica, che abbia il coraggio di dire a chiare lettere che l'Europa neoliberista, l'Europa dei capitali, HA FALLITO, e che è ora di iniziare a costruire una Europa dei popoli.

Lo so, il pappagallo non c'è, e la lumaca non è un adeguato sostituto. Ma preferisco andare a Bolton e correre il rischio che la situazione degeneri fino a quando un colonnello non interromperà la scenetta per eccesso di idiozia, piuttosto che tenermi un pappagallo morto dal nome improbabile. Sebbene il nostro "ceto intellettuale" faccia di tutto per farcelo credere, i pappagalli non li vende solo Michael Palin.

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