Morte a Cesare! Ma anche un po' a Pippo Civati...
Prestatemi ascolto. Vengo a seppellire il Partito Democratico, non a lodarlo. E vengo a dissipare un grosso equivoco, che è, nel discorso corrente pentastellato, quello della "fine delle ideologie". Io mi guardo bene dal dire che possa esistere civiltà umana priva di ideologie, ma non posso che constatatare quanto le ideologie politiche tradizionalmente contrapposte nel dibattito politico siano ridotte ormai a reliquie di un passato spazzato via da vent'anni di neoliberismo. La dialettica Destra-Sinistra è ormai mero teatrino. Sono, secondo una definizione che ho già usato su questo blog, le guarattelle per divertire e intrattenere chi ha un reddito fisso e il culo al caldo, mentre chi se la deve giocare in quella giungla che è diventato il mercato del lavoro verifica ogni giorno sulla propria pelle quanto avesse ragione Rosa Luxemburg quanto poneva l'alternativa secca fra socialismo e barbarie.
Rischio di diventare noioso dicendo sempre le stesse cose, ma questo blog non si occupa di fantascienza: fino a quando la realtà italiana sarà un grosso trompe-l'œil, io dovrò parlare di quello. Ci sono alcuni equivoci che, a mio modestissimo parere, dipendono principalmente dal solipsismo nel quale è sprofondata una sinistra orfana della classe operaia. Oggi la prospettiva interclassista non è una scelta per chi vuole fare politica all'interno dell'arco parlamentare e costituzionale, è una necessità. L'alternativa è affidarsi unicamente alla lotta di classe extralegale; qualcosa che, se può risolvere il problema dell'alloggio di qualche famiglia, non mi sembra onestamente adatta a dare risposta ai problemi di questo paese in un momento storico di estrema delicatezza e difficoltà. D'altro canto, è legittimo pensare che l'acuirsi delle contraddizioni del sistema capitalistico possa generare le condizioni soggettive per una rivoluzione intesa in senso novecentesco. Solo che per fare quella è necessario un Partito Comunista, non la si fa con lo spontaneismo e il giovanilismo da centro sociale espresso, tanto per fare un esempio, dal simpatico Zerocalcare, che incita i giovani ad attivarsi, ma di fatto li invita a una liturgia. Niente di più.
Oddio, come sto diventando serio e professorale! Mai sia detto che il Bradipo vuole ergersi a maestro di qualcuno. Anche perchè sarei un cattivo maestro, e a me Parigi non mi piace. Da Londra mi darebbero subito l'estradizione, ormai lì se non fai l'analista finanziario non c'è posto per te. Dunque, proverò a riportare il mio registro a quella colloquialità che mi è congeniale.
Immaginate un bambino cresciuto in una famiglia agiata. Ha sempre avuto da mangiare in abbondanza, bei vestiti, giocattoli. A un certo punto, entrambi i genitori perdono il lavoro. Il bambino comincia a fare i capricci perchè non gli comprano più i pupazzielli dei Power Rangers, senza rendersi conto che ormai il padre e la madre fanno i salti mortali per mettere un piatto a tavola. Ecco, quella famiglia è l'Italia. Quel bambino rappresenta i lavoratori dipendenti, i pensionati e tutti coloro che percepiscono redditi non da lavoro.
Anche pratiche radicali come l'occupazione delle case sfitte e quello che una volta si chiamava "esproprio proletario" non sono che modalità di consumo. Presuppongono l'esistenza di un sistema produttivo forte. Oggi l'esproprio proletario è stato sostituito dai pensionati che rubano una pagnotta al supermercato per fame. La situazione è nera, e non solo perchè la ricchezza è mal distribuita. Il boom economico ci aveva abituati all'abbondanza e ci aveva trasformati in consumatori spensierati. Oggi non solo siamo costretti a essere consumatori accorti, ma dovremmo porci il problema di come quel rimanere "bambini" rispetto alla questione della produzione e del consumo (anche da parte dei professoroni con la barba, che almeno qui da noi sono sempre stati affetti da narcisismo patologico) abbia determinato la confusione pressochè assoluta nella quale versiamo.
Cittadini, non lo siamo mai stati. Fidatevi. Il concetto di "cittadino" è un portato delle rivoluzioni liberali, e noi questa rivoluzione non l'abbiamo mai avuta. Quando vogliamo chiedere chi è stato eletto in un certo collegio, a Napoli chiediamo "chi è salito?". Non voglio neanche perdere tempo a dimostrare una cosa così palese come il fatto che, a parte una minoranza di giuristi e intellettuali, gli italiani non sanno neanche dove sta di casa il concetto di cittadinanza, con i suoi diritti e doveri, e con la sua idea di partecipazione democratica. Le rivendicazioni dell'era socialdemocratica hanno portato il benessere, non la democrazia. Uno può anche dire "a me il concetto di democrazia borghese non serve, io voglio fare la rivoluzione e instaurare la dittatura del proletariato". Bene. E allora, fratello caro, ti devi mettere sotto a lavorare, perchè sei in alto mare.
Uno può anche dire che una prospettiva rivoluzionaria deve essere internazionalista. Perfetto. Però allora dobbiamo guardare alle rivoluzioni presenti, quelle con cui possiamo collaborare e scambiarci esperienze e punti di vista. E se volgiamo il guardo (permettetemelo questo aulicismo) al Venezuela, all'Ecuador,. alla Bolivia, vediamo rivoluzioni democratiche e patriottiche. Se vogliamo seguire le loro orme, dobbiamo prima imparare a essere italiani. Non possiamo continuare a essere bambini che scalciano e strepitano perchè vogliono il giocattolo. E, per amor di Buddha, smettiamola di giocare con la politica. Lo so, voi avete paura che, seppellito Cesare, arrivi l'Impero. Cari miei, l'Impero è già cominciato. E non è romano, è germanico. Noi dobbiamo diventare adulti. Italiani, democratici, produttivi. Solo allora, con le ossa formate e le idee chiare, potremo dare l'assalto alla barbarie.
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