"Il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi". I più cinefili e sagaci avranno subito riconosciuto questa battuta. La dice il Biondo a Tuco, in uno dei capolavori di Sergio Leone e del cinema western: Il buono, il brutto e il cattivo. I due sono in un vecchio cimitero, alla ricerca del tesoro di Bill Carson. Sentenza, il cattivo, era stato eliminato poco prima in una sparatoria. Sparatoria nella quale il Buono aveva avuto il vantaggio determinante di sapere che la pistola del Brutto era scarica, visto che era stato lui stesso a scaricarla a insaputa dell'altro.
Come mi è tornato in mente questo film? No, non l'ho rivisto recentemente. E' che stavo guardando un documentario, guarda caso, proprio di quel Ken Loach di cui parlavamo ieri. In varie interviste, lavoratori di settori dell'industria britannica nazionalizzati dopo la Seconda Guerra Mondiale e poi di nuovo privatizzati negli ultimi 25-30 anni spiegano come le privatizzazioni non abbiano affatto aumentato l'efficienza dei servizi, anzi. Quest'ultima è peggiorata, il costo pure. E perchè, allora, si è privatizzato? Perchè il mondo si divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava.
Ora, quando il Biondo gli intima di scavare, Tuco non se la prende troppo. Risponde solo: "Dove?" Pensa che, avendo fatto un bel pezzo di strada insieme al Biondo, avendogli perfino salvato la vita nel deserto, questo non si azzarderà certo a tenersi il tesoro tutto per sè. E ha ragione. Il taciturno cowboy, interpretato da un Clint Eastwood che per questa sequenza sfoggia l'espressione col cappello, gli lascia la sua parte, anche se fa passare al Brutto un quarto d'ora più brutto di lui. Allo stesso modo, o almeno questo è il paragone che mi ha suggerito oggi il mio cervello ormai privo di un minimo di controllo e freni inibitori, forse in omaggio all'epoca di liberismo scostumato in cui ci tocca vivere, la stragrande maggioranza dei lavoratori salariati oggi accetta di buon grado di scavare; e scava, scava, continua a scavare sotto un sole sempre più cocente, sempre più ore al giorno, fra i serpenti a sonagli e gli scorpioni, quasi di buon grado, pensando che in fondo a questa buca ormai profondissima ci sia il suo benessere.
Thomas Malthus, economista inglese vissuto a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo, quindi durante la prima ondata della Rivoluzione Industriale, era ossessionato dall'idea che il mondo non sarebbe riuscito a sostenere una popolazione in costante aumento. Lo sviluppo delle forze produttive e, conseguentemente, l'arricchimento delle società più avanzate (per quanto marcatamente disuguale), cominciavano a dispiegare i loro effetti. Le città erano sempre più affollate, rumorose e caotiche, e la miseria invadeva le strade. Si palesava la prima e più grande contraddizione del capitalismo industriale: la società più ricca e alacre che fosse mai esistita esibiva un livello di povertà mai prima conosciuto, se non per brevi periodi e in occasione di eccezionali catastrofi. Malthus coglieva giustamente la scarsità come la cifra della nuova era che si era aperta. Ma, essendo un conservatore, non provava nenche a sciogliere le contraddizioni inerenti al sistema economico che le aveva prodotte. Sentenziava che non c'era posto per tutti su questo pianeta, e lo dava come fatto semplicemente naturale.
Noi quelle contraddizioni le conosciamo, o dovremmo conoscerle, perchè ci sono state spiegate. Non dovremmo trovare strano che più scaviamo, meno guadagnamo. Non ci dovrebbe meravigliare che, mentre il progresso scientifico rende possibile uno sviluppo sempre più rapido e sostenibile, quello avanza sempre più lentamente, e con un impatto ambientale sempre maggiore. E, soprattutto, dovremmo renderci conto che la Natura non è un'arcigna padrona di casa che non vede l'ora di sfrattarci, ma un enorme serbatoio di opportunità per la specie umana. Se un tempo è stata scenario di miserie, catastrofi, epidemie, carestie e quant'altro, era perchè non la conoscevamo, se non attraverso la superstizione e il pregiudizio. La scienza ha imparato a spiegare fenomeni che per secoli o addirittura millenni avevano atterrito e confuso gli esseri umani, e li ha messi in condizione di dominare e modificare l'ambiente circostante. Ed ha sbugiardato Malthus: c'è posto per tutti.
A patto però che impariamo a crescere in modo razionale. Non è razionale che ci si affannni sempre di più per produrre sempre più miseria. Non è razionale che l'Umanità si divida in chi ha la pistola carica e chi scava. Perchè, se si continua così, allora effettivamente qualcuno sarà di troppo. Se continuiamo a scavare agli ordini di chi ha la pistola carica, non troveremo proprio nessun tesoro. E non potremo neanche toglierci la soddisfazione di dire al nostro aguzzino di chi è figlio, perchè quello che avremo scavato sarà la nostra fossa.
Thomas Malthus, economista inglese vissuto a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo, quindi durante la prima ondata della Rivoluzione Industriale, era ossessionato dall'idea che il mondo non sarebbe riuscito a sostenere una popolazione in costante aumento. Lo sviluppo delle forze produttive e, conseguentemente, l'arricchimento delle società più avanzate (per quanto marcatamente disuguale), cominciavano a dispiegare i loro effetti. Le città erano sempre più affollate, rumorose e caotiche, e la miseria invadeva le strade. Si palesava la prima e più grande contraddizione del capitalismo industriale: la società più ricca e alacre che fosse mai esistita esibiva un livello di povertà mai prima conosciuto, se non per brevi periodi e in occasione di eccezionali catastrofi. Malthus coglieva giustamente la scarsità come la cifra della nuova era che si era aperta. Ma, essendo un conservatore, non provava nenche a sciogliere le contraddizioni inerenti al sistema economico che le aveva prodotte. Sentenziava che non c'era posto per tutti su questo pianeta, e lo dava come fatto semplicemente naturale.
Noi quelle contraddizioni le conosciamo, o dovremmo conoscerle, perchè ci sono state spiegate. Non dovremmo trovare strano che più scaviamo, meno guadagnamo. Non ci dovrebbe meravigliare che, mentre il progresso scientifico rende possibile uno sviluppo sempre più rapido e sostenibile, quello avanza sempre più lentamente, e con un impatto ambientale sempre maggiore. E, soprattutto, dovremmo renderci conto che la Natura non è un'arcigna padrona di casa che non vede l'ora di sfrattarci, ma un enorme serbatoio di opportunità per la specie umana. Se un tempo è stata scenario di miserie, catastrofi, epidemie, carestie e quant'altro, era perchè non la conoscevamo, se non attraverso la superstizione e il pregiudizio. La scienza ha imparato a spiegare fenomeni che per secoli o addirittura millenni avevano atterrito e confuso gli esseri umani, e li ha messi in condizione di dominare e modificare l'ambiente circostante. Ed ha sbugiardato Malthus: c'è posto per tutti.
A patto però che impariamo a crescere in modo razionale. Non è razionale che ci si affannni sempre di più per produrre sempre più miseria. Non è razionale che l'Umanità si divida in chi ha la pistola carica e chi scava. Perchè, se si continua così, allora effettivamente qualcuno sarà di troppo. Se continuiamo a scavare agli ordini di chi ha la pistola carica, non troveremo proprio nessun tesoro. E non potremo neanche toglierci la soddisfazione di dire al nostro aguzzino di chi è figlio, perchè quello che avremo scavato sarà la nostra fossa.
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