Mannaggia alla pupazza! Cari amici, il tempo è uggioso, il Napoli si è fatto raggiungere a pochi minuti dalla fine da un Bologna in dieci uomini, e l'Italia continua a essere popolata di gente che si rifiuta categoricamente di ragionare. Questo mi stupisce fino a un certo punto; pur non avendo studiato psicologia, ho incontrato nozioni e concetti di questa bella disciplina qua e là, nel mio percorso di vita. Lo so benissimo che la massima parte della nostra attività cerebrale è pura irrazionalità. Ma sono convinto che, se non impariamo a ragionare, a rompere i coglioni a noi stessi, a imporci la dittatura della ragione, non andremo da nessuna parte come specie.
Io sono un partigiano della libertà, cari amici, ma non di quella "libertà" che si guadagna sottraendola al prossimo. Quella, io la chiamo arbitrio. Né credo che la libertà possa consistere nel fare sempre e comunque quel che ci pare; in questo caso, credo si dovrebbe parlare di autonomia, se non proprio di capriccio. La libertà è qualcosa che va oltre noi stessi. La libertà è l'unica dea degna di essere adorata. E, una volta che la si sia riconosciuta come tale, bisogna adorarla. La libertà è, paradossalmente, una questione di necessità. Se ho compreso bene il più complesso dei capitoli dell'opera dell'inglese anaffettivo, è proprio così. La libertà è la virtù: rifiutarla vuol dire fare il male.
Non avete capito, ne sono certo. Non sono tanto sicuro di averlo capito io, che non faccio un piffero dalla mattina alla sera e dunque rifletto che Cartesio mi fa una pippa, figuriamoci voi che la mattina vi dovete svegliare e andare a lavorare. Allora addentriamoci nell'attualità, così forse diventa tutto più chiaro.
Uno vive tutta una vita pensando in bianco e nero, e all'improvviso si ritrova circondato da varie, indecifrabili sfumature di grigio. Che succede? Succede che gli schemi all'interno dei quali ci eravamo spiegati questo paese e il mondo cominciano a mostrare seri limiti. C'erano, in quella complessa equazione che è il divenire storico, dei fattori che non avevamo preso in considerazione, o avevamo sottovalutato. Ragionavamo come ci sembrava giusto, ovvero per semplici coordinate spaziali; e collocavamo da questa o quella parte fenomeni che avremmo forse dovuto leggere diversamente. Tanto eravamo intenti ad attendere Godot, che non ci siamo resi conto dell'arrivo del pazzariello che ne annunciava la scomparsa. Ci siamo fatti fare fessi: anche un pazzariello può esercitare il potere, se il popolo crede veramente che è asciuto pazzo 'o padrone. Il padrone non è mai stato così savio, e l'inganno mai così efficace.
Poi arriva qualcuno che dice una cosa estremamente semplice: non possiamo lasciarci governare da un pazzariello. A prescindere dalla presunta pazzia del padrone. A prescindere dalla qualità della merce magnificata (che è comunque scarsa). Il pazzariello reagisce. Reagisce con la menzogna, con lo sberleffo, con la diffamazione, con il vituperio. Nel frattempo si scopre che il pazzariello compare, in varie forme, in alcune delle pagine più oscure della storia recente di questo paese. Eppure il popolo, che non vuole ragionare, ma essere rassicurato, circuito, rabbonito, che insomma non vuole essere libero, si stringe intorno al pazzariello. Qualcuno ostenta lo stesso disprezzo per il pazzariello e per il suo detrattore, come se il nocciolo della questione non fosse quello espresso all'inizio del capoverso: non possiamo lasciarci governare da un pazzariello.
Mille percorsi mentali, mille sofismi, mille distinguo e mille professioni di fede si frappongono fra alcuni di noi e la necessaria conclusione di un ragionamento corretto e libero: dobbiamo cacciare il pazzariello. Perché? Perché, fintanto che ci affideremo a un pazzariello, non saremo liberi. E il rifiuto di essere liberi, ovvero il rifiuto di ragionare, è il male.
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