Bene, ormai vi sarete resi conto che questo è una sorta di diario di bordo. Così come Antonio Gramsci intendeva trasformare la sua detenzione in un tempo di studio, così io ho da tempo deciso di fare della mia permanenza forzata nella condizione di sfasulato e reietto un tempo di elucubrazione, essendomi preclusa l'azione in quasi tutte le sue forme.
Sogghigno al pensiero dell'oltraggio che ho certamente arrecato al vostro senso del sacro, accostandomi al più grande intellettuale italiano di tutti i tempi, ma che ci volete fare? Io sono un cretino ormai palesemente irredimibile, e poi vogliamo negare questi sollazzi da primate arboricolo a un condannato alla deboscia perpetua? Ridete di me, dunque, o compatitemi. Fate voi. E continuate a seguirmi, se così vi piace, nell'intricata selva di argomentazioni in cui ho in mente di condurvi.
Poc'anzi, un commento su Facebook relativo all'ennesimo editoriale ad mentulam canis di Eugenio Scalfari mi ha colpito. Lo definiva un "signore feudale". Sapete, se mi leggete assiduamente, quanto spesso io ricorra al concetto di feudalesimo per spiegare la realtà di questo paese. Con la locuzione "signore feudale" questo internauta aveva, a mio modestissimo parere, colto un aspetto importantissimo del discorso politico italiano in questo momento.
Chi è il signore feudale? Uno che vive delle fatiche altrui. Siccome lui ha le armi e sa usarle, i marrani (vili per definizione) gli si sottomettono, e spesso anche di buon grado. Trovano sicurezza nella gerarchia, nell'ordine e nella protezione dai pericoli che offre loro. Dal feudalesimo si esce, attraverso un lavorio secolare, per merito di una classe mercantile che dice "io sotto questo ombrello non ci voglio stare". Al potere militare dei feudatari e dei loro vassalli oppone il potere economico raggiunto attraverso il lavoro. Sorgono i comuni, che si costruiscono le loro cinta murarie e formano le loro milizie. Questi comuni rappresentano uno dei punti più alti raggiunti dalla civiltà medievale. E quando, già infiacchiti dall'ascesa di parassiti "di produzione propria" e trasformati in signorie, saranno definitivamente piegati all'arroganza imperiale, nel primo Cinquecento, comincerà il declino della penisola italiana.
Le società si sono sempre divise, almeno per quanto riguarda la storia europea conosciuta, fra coloro che lavoravano e coloro che vivevano a spese dei primi. La verità immensamente rivoluzionaria che gente come Scalfari vorrebbe nascondere è che oggi questo non è più necessario. Il concetto di democrazia, se compreso a fondo e messo in pratica tanto nella sfera politica quanto in quella socio-economica, ci affrancherebbe da parassiti di qualsivoglia genere. Però bisogna guardare il lato oscuro della Luna, non quello che il sistema mediatico feudale continua a illuminare con i suoi riflettori. Bisogna capire che, con tutti i nostri CD, iPad, iPod, PC e Smartphones noi, il popolo, siamo gli eredi dei marrani, degli artigiani, dei mercanti che si ribellarono all'Impero e dissero "il nostro ordine sociale ce lo costruiamo da noi". E, proprio perché abbiamo un patrimonio di conoscenze e tecnologie che quelli non avevano, dobbiamo andare oltre: dobbiamo costruire un ordine così giusto, così ben disegnato, così conforme alla nostra natura e alla sua capacità di evoluzione, da sbaragliare per sempre feudatari e vassalli, e stabilire una volta per tutte che il lavoro può e deve essere l'unica fonte legittima di sostentamento. Maneggiare una spada non è per tutti, pensare può e deve esserlo. I signori feudali non ci servono più.
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