Cari amici, stasera vi voglio raccontare una storia di profonda turpitudine. State comodi, non c'è bisogno di andare a prendere il dizionario, ve lo spiego io che cos'è la turpitudine: è la condizione del fare schifo al cesso, detto volgarmente. Se avete lo stomaco di leggermi con assiduità, saprete che non mi piacciono le ipergeneralizzazioni e gli articoli di fede. Ma qualche eccezione, lo confesso, la faccio anche io. Ad esempio mi fanno tutti profondamente ribrezzo, senza attenuanti, i sicofanti. Un essere umano libero e dotato di coscienza dovrebbe sempre avere una sana diffidenza per il potere costituito, e non credere mai a ciò che i suoi esponenti e rappresentanti affermano, senza verificarlo. In particolare sarebbe opportuno chiedersi, davanti a qualsiasi evento o fenomeno che lasci dubbi o sospetti, chi potrebbe avere interesse a che non si faccia chiarezza, e per quali motivi. Perchè tutta questa antipatia per il potere? Perchè nasce con un peccato originale: loro ce l'hanno, e noi no; e questa è già di per sé una violenza. Se credete alla favola della rappresentanza, che li abbiamo messi noi dove sono, fatemi il favore di non leggermi mai più e sparire dala mia bacheca; una fesseria del genere ve la potevo passare nel 2007, ma oggi no. Oggi avete il dovere, abbiamo tutti il dovere di prendere atto della profonda arbitrarietà con cui è governato (o per meglio dire tenuto in uno stato di perpetua soggezione) questo pianeta. Quando un pesce con la botta come Matteo Renzi si mette a minacciare il leader di una potenza nucleare, non possiamo esimerci dal trarre le ovvie conclusioni: il principio della delega non è solo moralmente iniquo e politicamente fallace, è un modo assolutamente scriteriato di architettare l'edificio della convivenza. In parole povere: continuiamo a lasciarli fare, e ci ritroveremo con la merda fino al collo in tempi preoccupantemente brevi.
Tutta questa lunghissima premessa per dire come la penso sul potere e chi ancora non ha imparato a detestarlo. Figuriamoci, dunque, quale può essere il mio giudizio su coloro che dedicano la propria vita a fare da parafulmini a questi individui. Proprio nel momento in cui la diffusione di tecnologie che facilitano la condivisione e trasmissione di informazioni, unita alla disillusione nel modello capitalista prodotta da un'infinita crisi, rende possibile una rielaborazione profonda del modo di sviluppare il discorso pubblico, questi amici del giaguaro diventano più preziosi che mai. Una volta bastava torturare e, in casi estremi, condannare a morte, l'eretico di turno, per arginare la diffusione di saperi scomodi. In molti casi era sufficiente una velata minaccia. Del resto la consapevolezza della fragilità umana può spesso più del suo coraggio. Un atto così semplice come legare le braccia di una persona dietro la sua schiena e issarla con un argano può causare un dolore insopportabile. Era questo supplizio, chiamato semplicemente "la corda", la punizione di default fra gli inquisitori dell'età moderna.
Oggi non è certo pensabile attaccare a uso saciccio, ovvero come un insaccato, tutti quelli che condividono un documentario "complottista" sulla loro pagina Facebook; dunque, bisogna screditare quelle visioni alternative, e soprattutto chi le produce.
Se vi fate un giro su Internet, troverete moltissime fonti "complottiste" (io penso che "critiche" e "libere" sarebbero aggettivi molto più appropriati) su una vasta gamma di argomenti. Non ha importanza se siano attendibili o meno, il fatto è che sono lì. In difesa dei punti di vista ufficiali, praticamente niente. E non perchè i difensori delle verità stabilite non lavorino. Perchè non si misurano con un altro punto di vista, se non attaccandolo, deridendolo, screditandone i fautori da una posizione di autoproclamata superiorità. Questo, cari lettori, è il modus operandi dell'autorità. In quei casi in cui il confronto avviene in forma pubblica, i debunkers (si chiamano così i nuovi inquisitori) provano sistematicamente a spostare il discorso su un piano esasperatamente tecnico (facendo sembrare la scienza qualcosa di imperscrutabile e stranamente vicino all'arcano), o passano semplicemente all'invettiva. L'autorità, dicevamo. Ipse dixit era il mantra dei dottrinari del tempo che fu; è tutto scritto nel rapporto della commissione quello dei dottrinari contemporanei. Laddove la commissione in questione è l'equivalente moderno di un conclave o concilio come quello che condannò a morte Giordano Bruno. Come dicevo, questi non possono condannare a morte, tanto per fare un esempio, il bravo e simpatico Massimo Mazzucco, ma se pensiamo alle vittime che ha fatto, direttamente e come "indotto", l'11 settembre, ci rendiamo conto che la sete di sangue di questi "signori" non è rimasta certamente frustrata. E se la giuria è ancora in camera di consiglio per quanto riguarda gli attentati, non c'è dubbio che a devastare l'Afghanistan e l'Iraq, causando centinaia di migliaia tra morti e feriti, con l'unico risultato di far crescere l'odio verso gli Stati Uniti e il fondamentalismo islamico, sono stati i governi degli USA.
Ogni volta che sento le registrazioni delle telefonate fatte dalle persone intrappolate nelle torri in fiamme del WTC, provo un profondo malessere. In parte si tratta di compassione e orrore per la sorte di quegli esseri umani; ma c'è anche una specie di incredulità dovuta al fatto che miliardi di persone possano attribuire quell'immenso rogo a un pugno di sprovveduti fanatici. Eppure ormai dovremmo sapere che i roghi li appiccano i servi del dio che vince, non di quello che perde.
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