Non so se avete mai sentito quella dell'esame di scuola guida del camorrista. Alla domanda "quale auto ha la precedenza all'incrocio raffigurato in questa illustrazione?" lui rimane un attimo perplesso, poi guarda con fiero cipiglio l'esaminatore e chiede con voce risoluta: "e qual è 'a machina mia?" Dunque, in questo post vi vorrei parlare di anomia.
A me non piace il modo in cui è organizzato il mondo, e quindi anche questo paese. Credo che il capitalismo sia un sistema intrinsecamente violento, e vorrei vederlo sostituito da un altro ordine. Un altro sistema di convivenza, basato su altre regole e altri principi. Possibilmente, se non è chiedere troppo, mi piacerebbe vedere la specie umana allontanarsi da una logica di coercizione per andare verso una logica di libera associazione e consenso. Ma, ahimé, sono intrappolato in un film di sceriffi e indiani. Mentre i proiettili e le frecce mi fischiano sopra la testa, proverò ad argomentare un'ipotesi terza rispetto ai sentieri selvaggi che percorre buona parte dell'opinione pubblica italiana.
Dunque, dicevamo delle regole e dei principi. Un conto è dire "questi non mi piacciono, ne voglio portare avanti altri", un altro è vivere senza regole e senza principi. Chi campa così, a mio modo di vedere, è già una vittima. Tuttavia, è semplificatorio parlare di pura e semplice repressione. I mali che colpiscono il Rione Traiano sono, almeno in parte, esattamente gli stessi che colpiscono il Vomero e i Colli Aminei, e stanno nella degenerazione mostruosa della nostra cultura e del nostro senso della convivenza. I modelli a cui sono esposti i ragazzi della Napoli "malamente" sono modelli di matrice neoliberista, la traduzione in napoletano della stessa immondizia che vediamo, tanto per fare un esempio, nei video di certi rapper afroamericani per i quali sembrerebbe che la vita si riduca a una passerella di culi, oggetti luccicanti e canne di arma da fuoco. Sono modelli a cui siamo esposti tutti, anche se magari in forme più sofisticate.
La naturale contropartita degli indiani sono gli sceriffi. Pretendere di avere forze dell'ordine professionali e rispettose delle procedure e delle regole in un paese in preda all'anomia come questo è ingenuo. Il carabiniere, secondo il modesto parere di questo fesso, non ha sparato in quanto agente dell'oppressione di classe; ha sparato perchè è uno sceriffo. Basta mettersi una stella, o in questo caso una divisa, addosso, e TU diventi la legge, il nomos. E trovi comprensione in alcuni settori dell'opinione pubblica, perché vai a colmare un vuoto.
Io non voglio vivere alla mercè degli sceriffi e dei loro grilletti facili. Ma non voglio vivere nemmeno fra gli indiani. Io voglio vivere fra persone che si pongono il problema di regolare la propria convivenza senza generare violenze inaudite come quelle che subiscono, nella "normalità" del quotidiano, gli abitanti di certi quartieri. Violenze che li rendono amorali, anaffettivi, incapaci di relazionarsi al prossimo se non attraverso il conflitto, nichilisti verso tutto e soprattutto verso se stessi. Vorrei che ci riscoprissimo cittadini, non occupanti di una terra di nessuno da contendersi usando ognuno le armi che ha a disposizione. Vorrei che i cantanti neomelodici non celebrassero più uno stile di vita che lascia i cadaveri per terra, e che Equitalia non mandasse più cartelle esattoriali a gente che non ha più un euro per pagarla. Vorrei che si tornasse a investire nella nostra scuola e nella nostra università, nella nostra sanità, nei nostri servizi pubblici.
Vorrei, ma so che la mentalità imperante in questo paese è anomica. La guerra di tutti contro tutti ne è l'inevitabile prodotto. E allora, cari amici del Bradipo, non mi stupirò se la nostra cronaca nera continuerà a riempirsi di sparatorie, assalti alle diligenze, scalpi strappati e johnwaynate varie. Ma continuerò a pensare che, davanti all'incrocio, è possibile e necessario stabilire un ordine di precedenza.
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