Così Mario Merola apostrofava un giovane Nino D'Angelo, in una perla della cinematografia napoletana della quale ora non ricordo il titolo. E sarà il caso di notare che, persino in un milieu sociale che dell'onestà non ha mai fatto - per ovvi e in parte validi motivi - una bandiera, quel lessema riesce ad assumere un significato negativo. Rubare è sbagliato, è immorale. Tutti lo percepiamo a livello istintivo. Ma se nel caso di un ladro di portafogli o di un rapinatore l'illecito è lampante, un po' più complessa diventa la questione quando parliamo di reati come il peculato o la concussione.
Inutile girarci intorno, in Italia quello che è di tutti spesso non è di nessuno. Ognuno si guarda il proprio orticello, come dicevamo nell'ultima uscita, ognuno bada alla propria più o meno numerosa batteria di galline. D'altra parte un paese che nasce come è nato questo come poteva mai evolversi? Mi fanno pena quegli ingenui che ancora credono alla favola che i Mille di Garibaldi fecero l'Italia. Il Regno delle Due Sicilie era una discreta potenza militare; se le camicie rosse non fossero state precedute dagli agenti inglesi e dalle loro mazzette finite in mano agli ufficiali borbonici, forse non avrebbero avuto vita tanto facile contro un esercito regolare di decine di migliaia di effettivi. Ma poichè la retorica incontra il gusto del pubblico più delle prosaiche verità, la maggioranza degli italiani continua a credere in tutta buona fede alla favola del Risorgimento, e a tutte quelle narrative che la prendono a modello.
Un esempio su tutti, la mistica del cosiddetto "eroe borghese". Falcone, Borsellino, Ambrosoli, tutti martiri per un'Italia migliore. In nome di chi, si chiede il sottoscritto? In nome del 40-45% di italiani che votavano DC, il partito che per decenni è stato il principale referente politico della mafia? In nome di quella piccola borghesia gretta e meschina che non ha mai osato anteporre un principio morale alla sacra pagnotta? Mi dispiace, cari miei, questi signori non sono morti per voi. Sono morti per la loro etica del lavoro, e voi bottegai da due soldi non vi dovreste nemmeno permettere di pronunciare i loro nomi. Soprattutto sulla sponda PD: chi da vent'anni e più demolisce il lavoro che dovrebbe difendere non ha il diritto di sbandierare questi morti come icone.
Perchè se da una parte c'è l'etica del lavoro, dall'altra c'è quella del guadagno. Sta tutta lì, la questione. O perlomeno io non riesco a vederla in altri termini. Torniamo alla scena da cui eravamo partiti. Mario Merola, che lavora al mercato, se more 'e famme. Sì, perchè il lavoro, in questa società, in genere è mal retribuito, e non per caso o per fatalità. Nino D'angelo, 'o mariunciello, tene 'e llire. Ha i soldi, perchè ruba. Ruba come Franco Fiorito, er batman, come mezza regione Lazio, come Formigoni, come Mastella, ecc. Come l'intera classe politica italiana. La differenza è che il rubare di questi signori non è basato su logiche di mero opportunismo come quello del nostro mariunciello, ma è sistematico. E, che vi piaccia o no, il fatto che questi signori rubano dà loro la possibilità di far funzionare meccanismi clientelari che reggono una parte significativa dell'economia di questo paese.
"Legalità", odo gridare dal loggione. Ricordate un'altra epoca della nostra storia in cui si faceva spesso appello a questo concetto, in cui i media attaccavano con tanta foga i mariuoli? Io sì. Era il 1992, e il pool di Milano lanciava l'inchiesta Mani Pulite. Molti corrotti e corruttori finirono in carcere, alcuni si suicidarono, altri si autoesiliarono. L'Italia oggi è un paese migliore? C'è più lavoro, più ricchezza, più benessere?
Attenti al ladro con la faccia pulita, quello che sembra tanto per bene, e che cerca di convincervi che tutto va bene fin tanto che si osserva la legge. Le leggi le classi egemoni se le fanno a loro uso e consumo, dopo aver consolidato la loro posizione sfidando l'ordine pre-esistente. I liberali del 1830 sono stati cospiratori e carbonari, quelli del biennio 1919-20 hanno assistito all'ascesa del fascismo praticamente senza alzare un dito. In cosa consiste la vera onestà? Nel lavoro. Nelle mani e le menti di uomini e donne che trasformano la realtà per creare ricchezza materiale e spirituale. Una ricchezza finalizzata al benessere e al progresso, non all'arricchimento di una classe sulle altre. Chi ti fa lavorare, sempre di più e per salari sempre minori, per arricchirsi alle tue spalle, ti sta derubando. E adesso vuole togliere di mezzo i mariuncielli, i ladri di portafogli, per avere il campo libero e rubare meglio. E' retorica, quella della legalità. Un concetto impalpabile e privo di aderenza alla realtà. L'onestà, invece, non è soggetta ad equivoci: ha la consistenza, il sapore e l'odore della sconfitta.
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