Chiunque abbia mai fatto parte di un gruppo musicale conosce i nefasti effetti del feedback. Si narra di giovani imberbi che al termine delle due ore di prove settimanali nel solito scantinato male o punto insonorizzato non erano in grado di ricordare con certezza non solo cosa avessero suonato (se di suonare si poteva parlare in simili contesti), ma neanche le proprie generalità. Oltre le varie forme di distorsione delle onde sonore, oltre le colonne d'Ercole del rumore indecifrabile, era in agguato un terribile, spaventoso mostro: l'effetto Larsen.
Avete presente quando nei film di fantascienza comincia a lampeggiare il bottone rosso, la sirena dell'allarme si mette a suonare e una voce metallica annuncia senza la minima emozione "questa astronave si autodistruggerà fra 20 secondi"? Ecco, era così che ci sentivamo quando l'effetto Larsen squarciava l'aria umida e stantia della sala prove e minacciava di far esplodere prima i nostri timpani e poi i coni delle casse da cui fuoriuscivano i nostri misfatti "musicali".
Bastava, in quegli anfratti angusti e sovrappopolati, collocare male un microfono, e il batti e ribatti di onde sonore da una parte all'altra del circuito elettroacustico culminava invariabilmente in un tetro presagio di strumentazione distrutta. I più pessimisti e teatrali arrivavano a immaginare incendi che divampavano fulminei, alimentandosi della immancabile moquette, del legno degli strumenti e dei vestiti di chi li imbracciava. Nel mezzo, sghignazzando la propria follia, Nerone pizzicava la cetra.
Eppure c'è chi l'effetto Larsen ha saputo dominarlo e incanalarlo nel proprio stile, arrivando a trasformarlo da fastidioso problema in opportunità espressiva. Hendrix è il più classico degli esempi, ma non ne mancano tanti altri, pensate ad esempio ai Sonic Youth.
Adesso voi vi state ponendo una domanda: ma perchè questo ci sta parlando dell'effetto Larsen? E io ve lo dico: perchè denoto, in un momento storico di profonda trasformazione del discorso politico e delle sue coordinate, una forte paura, tanto più forte nei sedicenti rivoluzionari, rispetto all'equivalente politico dell'effetto Larsen: la mobilitazione. Un leader - o potenziale tale - scorge nella società in cui vive determinate istanze, le porta avanti, ne guadagna prestigio, catalizza nuove istanze. E così via, in un loop che può portare a conseguenze mai del tutto prevedibili, ma tanto più controllabili quanto più quel leader conosce e sa gestire i principi che governano il feedback.
Forse coloro che disdegnano queste dinamiche preferirebbero suonare a spartito, secondo una concezione più classica della musica, in cui il rumore è puro e semplice disturbo. Può darsi anche che abbiano ragione. Io mi limito a prendere atto che oggi milioni di persone esprimono chiaramente il desiderio di ascoltare Hendrix, e non mi dispiace affatto la cosa. Se pure la sala prove dovesse andare a fuoco, credo che mi aprirei una birra e la guarderei bruciare insieme a Nerone. Tanto va comunque rifatta da capo.
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