giovedì 1 maggio 2014

Uno orizzontale

Cari compagni nella sventura del vivere qui ed ora, buon 1 maggio. Come accade ciclicamente, oggi voglio propinarvi un post di egocentrica riflessione ed introspezione. La ragione di questa decisione sta nel flusso di pensieri, come al solito scalcagnati e indisciplinati, che mi hanno portato dalla disgustosa vicenda  degli applausi agli assassini di Federico Aldrovandi in un tortuosissimo percorso mentale, il cui capolinea è stato, purtroppo per me, Michele Serra. 

Dovete sapere, cari amici, che ogniqualvolta io sento su di me tutto il peso della violenza connaturata al sistema, mi si para innanzi agli occhi il volto furbo e sornione di Michele Serra. Quest'uomo, un tempo sedicente comunista, commenta pacioso dalla sua amaca le cronache di un popolo che sprofonda nel baratro; una voragine aperta sotto i suoi piedi da un capitalismo che ormai non si pone neanche più il problema di mitigare i suoi appetiti, essendosi imbattuto nell'idea geniale quanto aberrante di trasformare i consumatori in debitori. Mentre i figli dei beneficiari di decenni di teoria e pratica economica quanto meno ragionevoli vanno avanti a contrattini dalla durata e dalla retribuzione ridicole, lui pontifica nel suo iperuranio su questioni che possono apparire rilevanti solo a chi è attrezzato per resistere al cannoneggiamento della rapacità elevata a credo. 

Cosa scatta nella mia mente quando penso a Michele Serra? Avete presenti i filmati che il drugo Alex è costretto a visionare durante la sua rieducazione in Arancia Meccanica di Stanley Kubrick? Ecco, moltiplicate quello per dieci, e forse vi avvicinerete. E ogni volta questa tempesta di odio e risentimento mi fa riflettere. Mi dico che la violenza è una risposta istintiva a un'aggressione, reale o percepita; è un meccanismo di difesa, e non certo fra i più evoluti. I meccanismi di difesa più evoluti sono quelli costruttivi.

E qui scattano altre due elucubrazioni. La prima riguarda una conclusione alla quale sono giunto dopo questi tre anni e mezzo di blogging: la gente ha una forte tendenza a leggere quello che conferma la sua visione del mondo, e ignorare quello che la mette in crisi. Detto così sembra ovvio. Certo, ero ben consapevole di quanto il contrario sia vero per quanto riguarda l'editoria, l'intrattenimento, la cultura prodotta dall'alto. Pensavo che invece attraverso un blog sarebbe stato possibile costruire con i lettori un rapporto diverso, genuinamente interpersonale. Non è stato così. Ho ricevuto apprezzamenti da molte persone, a ben vedere, ma quasi esclusivamente quando scrivevo quello che loro volevano leggere. I pochi commenti che ho raccolto sono stati, al 90%, indignate proteste contro alcune opinioni che avevo espresso. Ho riscontrato, in breve, una passività scoraggiante. Questo mi ha dissuaso, in certi periodi, dallo scrivere.

Il punto è che, come dicono Protagora e il prof. Bellavista, l'uomo è la misura di tutte le cose; e l'uomo Bradipo ama essere esposto a idee e punti di vista nuovi, e non ritiene che cambiare idea voglia dire rinunciare a qualcosa, ma esattamente il contrario. Come dicevo prima, la migliore difesa sta nel costruire. Il problema è che, per costruire un edificio grande e solido, in grado di difenderci dalle cannonate di cui sopra, bisogna essere in tanti. E bisogna mettersi d'accordo. Il Novecento è stato, per motivi storici e strutturali che mi sembrano ovvi, il secolo dell'assalto al cielo. Nel XXI secolo questo approccio non appare più praticabile. La qual cosa, secondo l'uomo Bradipo, è un fatto estremamente positivo. Siamo rimasti ognuno in compagnia e in adorazione del suo dio, alla ricerca della sua ombra: prima o poi dovremo renderci conto di quanto sia futile questo atteggiamento. L'assalto al cielo non solo non è più possibile, ma neanche necessario. Non è verso l'alto che dobbiamo protenderci, ma gli uni verso gli altri. E capire che Fontana è arte, e Fontana non è arte. Sta tutta lì la nostra salvezza.



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