martedì 24 marzo 2020

L'importanza delle parole e il pensiero magico

Buongiorno, compagni di prigionia. Volete sapere come va la mia quarantena? Purtroppo non posso rispondervi. E già, perché io non mi trovo in quarantena e, spero, nemmeno voi. Dicesi quarantena:

Isolamento di persone, animali, cose infette o sospette di malattie contagiose, che in origine durava quaranta giorni. (Hoepli online)

Misura profilattica, oggi spesso superata, consistente nell’isolamento forzato per quaranta giorni di individui, animali o cose provenienti da aree infette o sospettate tali. (De Mauro online)

Dunque, se non siete risultati positivi a un tampone o non esistono altri fondati motivi per ritenere che possiate essere infetti - come ad esempio un familiare già contagiato - non siete in quarantena. Ho capito che le parole si possono usare in un senso non letterale, ma ritengo anche che in certe situazioni sarebbe meglio mettere i proverbiali puntini sulle "i". Gli anglosassoni, che non hanno comunque adottato misure drastiche quanto le nostre, parlano di lockdown, che in parole povere vuol dire "'nzerra chella porta". Gli anglosassoni sono un po' brutali, un po' terra terra, ma anche meno portati al cavillo, alla maliziosa sottigliezza, alla sofisticazione della verità. Dunque, una 'nzerrata generale, non una quarantena.

Ma allora perché noi usiamo questa parola? Innocente estensione semantica o qualcosa di più sinistro? Ovviamente, la risposta giusta è la numero due. Se di quarantena si tratta, chi la viola è un untore. Sei andato a fare jogging? Sei pazzo?!? Devi restare a casa!!! Sei un anziano che si è appoggiato due minuti su una panchina di ritorno dal supermercato, perchè hai ottanta anni e con cinque, sei chili di spesa in mano te la devi prendere con calma? Fila subito a casa, e le scale te le devi fare di corsa! Non vedi che la gente muore? Vergogna!!!!111

Del resto, se i nostri antenati sono stati capaci di far tacere Giordano Bruno e Galileo Galilei, l'uno con il rogo e l'altro con la minaccia, non desta stupore quello che sta succedendo in questi giorni. Chi ragiona non ci piace, mettiamola così. Il nostro dibattito pubblico ricorda ricorda quella scena di un film dei Monty Python in cui, dopo una serie di bislacchi sillogismi, una strega veniva condannata perché pesava quanto un'anatra. Piuttosto che affrontare la realtà di una minaccia sanitaria ma non solo (pensate ai danni economici che il Covid-19 ha causato e causerà) senza colpevoli noti e che probabilmente non è colpa di nessuno, preferiamo affidarci al pensiero magico e illuderci che, se sacrifichiamo la nostra libertà per qualche tempo a una qualche oscura e terribile divinità del contagio, placheremo la sua ira. Io non so se la strategia che stiamo seguendo sia vincente o meno, non lo sa nessuno. Solo il tempo lo dirà. Dunque, prima di tirare secchiate di acqua gelida o bestemmie e insulti a chi transita sulla pubblica via, ci penso mille volte.

Ultima notazione. Come è noto, il sazio non crede al digiuno. Odo, o meglio leggo, genti che fino a non molto tempo fa tuonavano contro il pericolo fascista rappresentato dal primo governo Conte e dal suo reale leader Matteo Salvini, invocare pene sempre più aspre, dare il proprio entusiasta appoccio alla politica dell'esercito nelle strade. Adesso che si sentono minacciati da un virus ancora poco compreso - e quindi inquietante - quanto il sottoproletariato urbano si sente minacciato da un'immigrazione fuori controllo, scavalcano a destra qualsiasi populista conservatore. Dunque, tutti a casa e il primo che esce lo facciamo secco. 

La domanda che mi pongo io, a questo punto, è la seguente: farà più danni il Covid-19 o l'imbecillità animale che sta risvegliando?  E così, fra tanti dubbi, trovo una certezza.

martedì 10 marzo 2020

Nostalgia

 
Cari amici del Bradipo, io sono un giovane maturo. Dal momento che le nevi del tempo hanno tinto d'argento le mie tempie, come cantava Gardel, sogno il ritorno non già della giovinezza, che francamente non si è portata via granché, ma di un'Italia che bella non è mai stata, però viva sì.
 
Qualche anno fa - ma non troppi - Max Gazzè credeva di notare una leggera flessione del senso sociale; un understatement clamoroso. Il senso sociale è finito nel cesso, lasciandoci in uno stato della materia che non è liquido, secondo la nota definizione di Baumann, ma aeriforme.  
 
Sempre per rimanere in tema di canzoni, è la fine del mondo come lo conosciamo. Ne sta nascendo un altro, calato dall'alto su di noi mentre gli aedi di una libertà assurda e grottesca ci distraggono con varie e vacue amenità. E allora io voglio provare a immaginare, in questo momento di difficoltà collettiva, come affronterebbe un'emergenza sanitaria l'Italia di quando ero adolescente.
 
Sicuramente in questo momento gli ospedali non sarebbero al collasso, perché la Sanità allora era finanziata adeguatamente. E se fosse necessario fare degli investimenti per creare nuovi posti letto, si farebbero rapidamente e senza problemi, perché la "liretta" ci consentiva di essere padroni della nostra spesa pubblica. La gente non prenderebbe d'assalto i supermercati né affollerebbe i bar. Non ci sarebbero eccessi né da una parte né dall'altra, perché Mario Pastore direbbe buonasera e spiegherebbe a un popolo decorosamente alfabetizzato cosa sta succedendo e come bisogna comportarsi. 
 
Probabilmente non si sarebbe nemmeno arrivati a una situazione di diffusione ad ampio raggio. I pochi degenti farebbero il loro decorso in quelle tre o quattro regioni con epicentro a Milano, ricevendo cure adeguate. I treni, che essendo nazionalizzati non sono portatori di profitto ad ogni costo, si sarebbero fermati subito. Le autostrade, per la stessa ragione, sarebbero state immediatamente chiuse. Saremmo a casa in via precauzionale, e ci dovremmo sciroppare quantità industriali di Pippo Baudo e affini, ma in seconda serata ci sarebbe Arbore che fa ridere. 
 
I coglioni, gli eccentrici, i cialtroni, sarebbero tutti in quarantena al Maurizio Costanzo Show, dove verrebbero perculati come di dovere. Non diffonderebbero, non potrebbero diffondere fake news, non mentre i TG nazionali danno le notizie in modo chiaro, trasparente e in italiano corretto, per la miseria. Ed io, cari lettori, aspetterei che si faccia una certa ora per sperare di vedere il faccione di Lino Banfi fra le tette di Edwige Fenech. Dall'Italia che ci piace è tutto. Passo e chiudo.
 
 

lunedì 9 marzo 2020

Il paziente zero




Carissimi avventori di questo luogo sicuro perché tutt'altro che affollato, buongiorno. Mi credevate morto, anche io mi credevo tale, ma eccomi qua. Torno perchè me lo chiedono, a dispetto della mediocrità della mia scrittura e del mio pensiero. E come, adesso che abbiamo tanto tempo libero non ci vogliamo intossicare un po' con discussioni inutili e astio immotivato? Non dovrei dare qualche riga in pasto al vostro analfabetismo funzionale? Se non mi coglie il virus, cosa mi farà pentire di essere nato, in questa idilliaca situazione in cui le genti se ne stanno alle case loro e nessuno ha modo e agio di rimpermi i coglioni? Ordunque, cominciamo.

Parlavo di idillio, ma in realtà qualcosa che mi ha leggermente irritato in questa situazione c'è. Come sapete, io faccio l'insegnante, ed ho il folle ardire di ritenere la mia professione un contributo utile e necessario alla prosecuzione e alla salvaguardia di quel minimo di civiltà che ci resta. Naturalmente, così non la si pensa colà dove si puote. Pertanto, già da due settimane, mentre i navigli brulicavano di gente e i lombardi andavano su e giù per l'Italia come dei commessi viaggiatori, le scuole in Liguria sono state chiuse. Eccezion fatta per i proventi delle macchinette delle merendine, noi non produciamo profitti. In assenza di provvedimenti da parte delle istituzioni preposte, la popolazione si sobbarcava con ammirevole zelo e senso di responsabilità il compito di arginare l'epidemia con lodevoli iniziative spontanee, quali ad esempio picchiare cinesi a caso nei bar. Ora si sono decisi a fare quello che normalmente si fa quando c'è un'epidemia, ossia circoscriverla con un cordone sanitario. Peccato che ai buoi sia stato praticamente suggerito di scappare prima che la stalla venisse chiusa. 

E di questo voglio parlare. Non vi fate il sangue amaro, tutto insieme. Non ci stiamo ammalando adesso; lo siamo da tempo. Sono vent'anni e più che decliniamo la libertà solo alla prima persona singolare, come se la famiglia umana non fosse una interminabile catena in cui ogni anello è legato a tutti gli altri. Vi sembra una frase intrisa di idealismo d'altri tempi, o iniziate a capire che è veramente così? Si è liberi insieme, o si è tutti schiavi dell'ignoranza, dell'arbitrio, dell'egoismo. Si salvi chi può, come dice don Gennaro in Napoli milionaria, dopo essersi mangiato i maccheroni del figlio. E così Amedeo fa la fame. Si è liberi innanzitutto dal bisogno, dalla fame, dal freddo, dalla minaccia dell'annientamento. Altrimenti non siamo nemmeno uomini, ma animali. Prima si deve essere liberi da, e poi si può essere liberi di. La "libertà" di fare il proprio comodo, esponendo il resto della società al pericolo di un contagio, è in realtà arbitrio.

Smettiamola con la caccia alle streghe. L'abbiamo trovato, il vero untore: non è un giovane tedesco, né un ignaro pipistrello; è un sistema fondato sulla negazione di ogni principio di reciprocità, di giustizia, di compassione, di corresponsabilità. Il paziente zero si chiama neoliberismo.