venerdì 12 giugno 2015

Zitto, idiota!

Ebbene, un post con questo titolo non poteva che recare la mia immagine, un'illustrazione grafica della quintessenza dell'idiozia. Guardatelo, rimiratelo, questo sontuoso imbecille, mentre si ingozza di focaccia, sfoggiando un sorriso ebete e incosciente. E pensate che voi state leggendo cosa ha da dire un simile deficiente. Alla gente colta, quella che ha letto i libri scritti fitti fitti e senza le figure, questa cosa non sta bene. E ci mancherebbe! Adesso uno arriva, tomo tomo, e si mette a esercitare il diritto alla libera espressione senza prima avere sostenuto un esame di idoneità. E che diamine...
 
Esponiamo l'antefatto, per chi non avesse ancora capito a cosa mi riferisco: il prof. Umberto Eco, leggenda vivente del mondo accademico e intellettuale italiano, ha tuonato contro Internet. In una esternazione che per i suoi toni ricordava più la mamma di Robertino che non un Marshall McLuhan, se l'è presa con queste diavolerie moderne che consentono a cani e porci di dire la loro, senza che li si possa mettere a tacere. Ora, sarebbe lecito chiedersi: visto che il prof. Eco non è in fila per vedere un film come Woody Allen, e può tranquillamente sottrarsi a tutta questa libera idiozia, che cosa lo infastidisce tanto? Io, come tutti gli idioti, ho sempre una teoria su ogni cosa. Anche su questa esternazione. Se volete evitare di leggere una stupidaggine, siete ancora in tempo. 
 
Ci siete ancora? Bene, avete esercitato il vostro libero arbitrio. Questo, e niente altro, infastidisce secondo me il prof. Eco. Proviamo a pensare a quante stupidaggini abbiamo letto sui giornali, anche nella versione cartacea, durante le nostre vite. O, per meglio dire, a quanto di quello che abbiamo letto ci è sembrato stupido. Io, per esempio, trovo "l'amaca" di Michele Serra insopportabile, se qualche volta mi forzo a leggere un'uscita è per poterla criticare con consapevolezza e precisione. Eppure non ho interesse a proibire a Serra di esprimere la sua visione della vita snob, classista e perbenista. Capisco invece molto bene che, se fosse costretto a giocarsela ad armi pari con lo sterminato esercito di scafessi che tengono un blog in Rete, non sarebbe affatto scontato il suo successo. Rischierebbe di finire nelle sabbie mobili di un pluralismo eccessivo. Rischierebbe di essere surclassato dagli idioti. Ma che cos'è un idiota?
 
Nel 1869 Dostoevskij pubblica un romanzo intitolato, appunto, L'idiota. Il protagonista è un nobile decaduto affetto da epilessia, che a causa della sua malattia si è trovato estromesso dal mondo, relegato in un villaggio svizzero, sotto le cure di un medico russo. Tornato in patria, l'idiota mette in subbuglio le vite di tutti coloro che entrano in contatto con lui. Come? Dicendo sempre quello che pensa e che sente, e comportandosi di conseguenza. Facile intuire che, con un atteggiamento del genere, il principe Myškin non tarda ad attirare su di sé sentimenti di paura e odio. Poche cose fanno paura al borghese quanto la libera espressione del pensiero, quando cessa di essere appannaggio di pochi individui accomunati nel privilegio. Si teme, e giustamente, che l'idiota strappi la foglia di fico che nasconde la vergogna della disuguaglianza, dello sfruttamento, dell'oppressione, della violenza socialmente ed economicamente organizzata. 

E questa paura non è certo nuova. Ha accompagnato la specie umana per molti secoli. Esattamente come gli idioti. Che hanno riempito il teatro, la letteratura, il cinema, tutte le forme di espressione culturale dall'antica Grecia a oggi. Il candore dell'idiota ci spaventa e, proprio per questo, ci affascina. All'idiota si perdona tutto. A patto, ovviamente, che rimanga nel suo spazio, e non pretenda di mettersi sullo stesso piano dei dottoroni. Dobbiamo vederlo arrossire e scusarsi della propria semplicità, come il principe Myškin, o fare buffe capriole con il suo berretto a sonagli, come un giullare medievale. Se gli viene in mente di prendere la parola, ricordarci che questo è anche il suo mondo, e che quindi anche lui ha diritto di essere ascoltato e tenuto in conto, gli rovesciamo addosso improperi. Se, ad esempio, qualcuno che non ha fatto l'università dice che non è giusto pagare tasse per finanziare la corruzione e il malcostume, anziché l'erogazione dei servizi ai quali avremmo diritto, è un populista. Se constata l'ovvio nel far notare che la nostra classe politica non si occupa più del benessere del paese (sostituire la formulazione ingenua con il sostantivo "masse"), cosa che nella Prima Repubblica faceva, pur con mille storture e all'interno di un paradigma esecrabile, è un disinformato, che non sa quante cose buone ha fatto il governo Renzi (segue lista di provvedimenti dall'impatto sociale limitatissimo o nullo). Allora non sorridiamo più, ma ci trasformiamo in tanti Rogožin, pronti ad uccidere l'idiota prima che sia troppo tardi.

Ora, cari amici, mi metto a lavorare. Devo preparare le programmazioni finali e gli esami di riparazione per quegli idioti che si sono fatti rimandare. Devo consentire loro di "redimersi". Io, che di idiozia ne ho subita davvero tanta, in un anno di insegnamento all'IPSSA Nino Bergese, mi sono persuaso che non vanno messi a tacere gli idioti, ma l'idiozia.

domenica 7 giugno 2015

Quando il gallo scende dalla monnezza

Cari amici, buongiorno. Nonostante un riposo disturbato da problemi di respirazione, il mattino mi ha trovato giulivo e gaudente. Vedere i colori bianconeri sconfitti è una gioia pura, assoluta, che ci ripaga di una stagione non esaltante per i colori azzurri e di una vita che ci somministra le soddisfazioni come gocce di collirio. Ma gli occhi di Andrea Pirlo, ieri sera, lacrimavano della più cupa angoscia, non certo per una banale congiuntivite; e di questo noi, meschini odiatori di lestofanti, ci beiamo. Detto ciò, mi permetto di lanciarmi in una riflessione, invitandovi per la vostra sicurezza a localizzare le uscite di sicurezza più vicine.
 
Io mi aspettavo che la Juventus, ieri sera, perdesse. Non perchè il Barcellona fosse genericamente "più forte". Lo è, ma non è questo il punto. Il punto è che la Juventus è una squadra costruita per primeggiare in contesti diversi. In altre parole, per vincere nel nostro campionato sono necessarie delle qualità e un'impostazione che rendono molto improbabile vincere nelle competizioni europee. Cercherò di spiegarmi, partendo da un'affermazione apparentemente provocatoria: la Juventus è una squadra dalla mentalità perdente. Procediamo a illustrare.

Che cosa è successo ieri sera? Che, dopo il gol iniziale di Rakitic, i bianconeri sono riusciti a pareggiare, concretizzando una cinquantina di minuti di grande intensità. A quel punto, con il Barcellona rintronato dalla mazzata, avrebbero dovuto e potuto gestire l'incontro con calma, fare possesso palla, mantenere la lucidità e aspettare che il Barcellona, favorito e perciò sottoposto a una pressione psicologica maggiore, si scoprisse. Mi correggo, avrebbero potuto farlo se fossero stati una squadra costruita diversamente. Quello che è successo è stato che l'agonismo è schizzato alle stelle, con qualche fallo di troppo e una quantità di proteste francamente insopportabile (vederli fare così in Champions ricorda un po' Mastella che al poliziotto di New York diceva "lei non sa chi sono io"). Il Barça ha giocato a calcio. Non ha fatto una partita stellare, ha semplicemente giocato a calcio. Sì, qualcosa ha concesso, come è normale che sia quando si tiene il baricentro alto. Ma così si vince una finale di Champions' League.

Saltiamo di palo in frasca. Molti tifosi napoletani hanno salutato la dipartita di Benitez non solo con sollievo e soddisfazione, ma addirittura dando sfogo a un certo astio. Io, che non sono rafaelita perchè poco propenso all'idolatria, devo però dire che le colpe non sono tutte del panzarotto iberico. Noi l'abbiamo chiamato, teoricamente, per vincere. Ricordate De Laurentiis dire chiaro e tondo che lui voleva lo scudetto? Benitez ha portato con sè una mentalità vincente, il presidente avrebbe dovuto mettere a disposizione la potenza economica. Quella, lo sappiamo, è venuta meno. Eppure il Napoli in questi due anni ha provato a giocare come una grande. Ha perso la sfida, ma innanzitutto fuori dal campo. A sconfiggerlo è stata una cultura della rinuncia, il modus operandi di un paese in cui non si lavora per migliorarsi e ottenere il migliore risultato possibile, ma per impedire agli altri di superarti, con ogni mezzo. Le provocazioni di Chiellini, i calci di Vidal, le proteste di Lichtsteiner. Questa è la mentalità perdente a cui mi riferivo.

Il gallo sulla monnezza è il vero emblema della nostra esecrabile cultura sportiva, politica, economica. Il feudalesimo. Il banchettare arroccati nel proprio castello mentre intorno i marrani muoiono di stenti. Dovrebbe essere cucito sulla bandiera, un bel gallo fiero e protervo su un mucchio di rifiuti. E guai a scendere; si rimediano solo brutte figure.
 
 

martedì 2 giugno 2015

Io, noi e Daitarn 3

Cari amici del Bradipo, come vi ha lasciati questa tornata elettorale? Siete delusi, disgustati, sorpresi, sconvolti? In ogni caso, lo zio Brady ha deciso di proporvi un etto, un etto e mezzo di farneticazioni; se non sapete come passare questa mattinata di festa, ecco che il mio blog, come sapete umile, si rende anche utile.
 
Qui in Liguria, come sapete, ha vinto il centro-destra, favorito dalla diaspora dei civatiani. Questo per me è un risultato positivo. Adesso, prima che mi si lapidi virtualmente, devo affrettarmi a spiegare perché. Intanto comincio con il segnalarvi questo post, tratto da un blog ben più serio e colto di quello che state leggendo. Lo condivido nella sua interezza. Ma, sapendo bene quanto possa essere indolente l'essere umano, vi faccio un brevissimo sunto del suo contenuto: nel momento in cui la "Sinistra" fa cose che la Destra non si era mai azzardata a fare (quando Berlusconi minacciò di toccare l'art. 18 andammo a Roma in tre milioni, mi pare di ricordare), è assolutamente prioritario che quella sedicente sinistra venga spazzata via, per aprire nuovi spazi politici. Come vada fatto è materia di discussione. Siamo di fronte a un processo storico inedito, a meno di forzare analogie. E allora anche i deficienti possono dire la loro; io, naturalmente, ne approfitto.
 
Ricordate Daitarn 3, il robot pilotato dal freschissimo Aran Banjo, sempre conteso dalle sue due belle amichette Rejka e Beauty? Quando l'orfanello scemo e il maggiordomo finto-inglese non inscenavano intermezzi comici di mediocre livello, Daitarn combatteva i meganoidi, "mostri disumani" venuti da Marte per ridurre in schiavitù il genere umano. Ora, mentre Banjo si serviva del suo gigantesco robot (solo per arrivare alla cabina di comando doveva fare la tangenziale), i meganoidi si trasformavano in "megaborg". Questo processo poteva avvenire in due modi: o proiettando sul comandante meganoide degli strani raggi, oppure attraverso la fusione di più meganoidi, ed è su questo che mi vorrei soffermare. Molteplici identità si annullano in una sola: i meganoidi non erano altro che dei settari, degli identitari, dei fanatici. L'Italia, oggi, è il paese dei meganoidi. Di fronte all'impossibilità di riconoscersi in una Sinistra che non esiste più nell'arco costituzionale, scelgono o la strada del travisamento dogmatico della realtà (voto PD perchè sono di sinistra), o quella dell'anacoresi (astensione dal voto), o infine lo scisma. Tutti atteggiamenti, come vedete, riconducibili alla sfera religiosa. Tutti conseguenza del bisogno di riconoscersi in un Io superiore, sintetico, assolutizzante.
 
L'alternativa a questo Io totalitario, e per tanto incapace di azione politica significativa, è un Noi che non soddisfa la nostra ansia di identità, perchè presuppone che ognuno porti al mulino la sua. A qualcuno potrebbe sembrare che questo approccio renda complicato, magari impossibile, elaborare programmi e prefiggersi obiettivi. Lo è sicuramente. Ma è solo dal corpo sociale, da quel Noi variegato e contraddittorio, che può emergere un cammino da percorrere, una visione da costruire. Quando Daitarn si trova in difficoltà, o semplicemente quando si è stancato di fare a mazzate napoletane con i megaborg, ricorre a un'arma irresistibile: l'energia solare. E vince sempre, perchè respinge i suoi nemici alieni con qualcosa che è patrimonio comune del pianeta Terra, e quindi dell'intera specie umana. Il futuro della politica rappresentativa, in Italia come nel resto d'Europa, è esattamente quello. Bisogna catalizzare l'energia solare. Se il concetto di "sinistra" continuerà a designare un'identità, finirà per sparire; se invece si trasformerà nello studio di come catturare l'energia solare, i meganoidi hanno le ore contate.