mercoledì 26 febbraio 2014

La lezione di Tom Waits

Cari amici del Bradipo, sappiate che per me non c'è speranza. You can't teach an old dog new tricks. Se a questo punto della vita non ho ancora imparato a imparare dagli errori, non imparerò mai. Per questo stamattina, a dispetto degli infausti precedenti, sono tornato a leggere un post su militant-blog.org. Non ce l'ho fatta, era troppa la curiosità suscitata dal titolo: "Imparare dal nemico". 

Il nemico non era, che so, il club Bilderberg o il FMI. Era il M5S. Sul perché il movimento di Grillo sia così inviso alla sinistra sedicente rivoluzionaria io ho un'idea molto precisa, ma mi riservo di esprimerla, eventualmente, in un'altra occasione. Mi limiterò a notare che quando si parla di quella che è oggettivamente la sola opposizione parlamentare presente oggi in Italia si riversano parole in libertà sulla pagina, reale o virtuale che sia. Ad esempio, in questo articolo si definisce "intriso di anarco-capitalismo selvaggio" un movimento che è a favore dell'istituzione di un reddito di cittadinanza, e che ha fra i suoi slogan "nessuno deve restare indietro". Quanto poi le sue politiche siano valide in tal senso è cosa opinabile, ma se l'onestà intellettuale è ancora un valore "anarco-capitalista" è una definizione inapplicabile al Cinque Stelle.

Ma neanche su questo voglio soffermarmi più del dovuto. Quello che ho trovato significativo è il concetto espresso nel seguente periodo: 

Un movimento che in questi anni è servito come camera di decompressione di alcune istanze del movimento di classe, depotenziandole e inserendole in un frame liberista, antistatale e pacificato.

Insomma, se la sinistra di classe è debole come mai, la colpa è anche del M5S. Mo', io sono fesso reoconfesso, ma ho fatto le scuole alte, quindi non è che mi faccio sgomentare da un frame qualsiasi. Questa è, cari amici, una fesseria bella e buona. A parte il fatto che il frame " liberista, antistatale e pacificato" lo avranno visto da qualche altra parte, forse al cinema; il punto è che non esiste la minima relazione fra la perdita di terreno del "movimento di classe" e la comparsa dei pentastellati sul palcoscenico della politica nazionale. Affermarlo è un po' come sostenere che i mammiferi hanno fatto estinguere i dinosauri.

Saprete, miei cari iniziati, che in questo periodo sono pendolare. Mi reco quotidianamente in quel di Capua per istruire una ventina di militi di livello lower intermediate nell'idioma della perfida Albione. Per arrivarci prendo la linea numero 7 della CLP, azienda della quale ho cominciato a conoscere, uno dopo l'altro, tutti gli autisti. Ieri sera mi è capitato di conversare con uno di loro. Lo chiameremo il signor Tom Waits, in onore alla sua voce rauca, sorvolando sull'accento dell'agro nolano. Essendo stata paventata la soppressione di alcune corse da un suo collega, in una precedente chiacchierata, chiedevo delucidazioni al signor Tom Waits. Il quale mi ha stupito per la sagacia e la capacità di analisi. Non è vero che il popolo è bue. Il popolo ragiona, e ragiona anche bene. Il problema è che non lo si ascolta mai.

Secondo il signor Tom Waits, il problema della CLP è dato dalla combinazione di due fattori: la sopraggiunta scarsità dei finanziamenti pubblici di cui gode l'azienda, e la scarsa propensione al lavoro di alcuni suoi colleghi. Dovete sapere che il signor Tom Waits ha fatto per anni il camionista. Quando ha preso il posto in quella che era l'antesignana della CLP, di cui il nome mi sfugge al momento, non gli pareva vero. Si lavorava molto di meno, e in condizioni assai più comode. Però si lavorava. Poi l'azienda diventò pubblica, racconta il signor Tom Waits. E fu allora che cominciarono i problemi. Gli autisti si rifiutavano di uscire con il mezzo se mancava un estintore o un martelletto di quelli che servono per rompere i finestrini in caso di pericolo. Un qualunque guasto li fermava, non facevano il minimo sforzo per erogare un buon servizio, e dunque dare la possibilità all'azienda (pubblica, non dimentichiamolo) di finanziarsi. Addirittura, il signor Tom Waits dichiarava di essere malvisto in quel periodo, a causa della sua alacrità. Metteva in cattiva luce quelli che scambiavano il non fare un beato cazzo per una giusta e legittima rivendicazione sindacale. Poi l'azienda è stata privatizzata. Ora c'era un padrone che esigeva di guadagnare. Secondo il signor Tom Waits, il vero problema della CLP è semplicemente che il suo personale adesso dovrà lavorare di più per gli stessi soldi. Le corse non saranno soppresse. Gli autisti dovranno ingoiare il rospo, oppure andare  a spasso. 

A quel punto il vostro Bradipo non ha potuto fare a meno di esclamare: "Questi se lo meritano, il privato!" Il signor Tom Waits era dello stesso avviso. E il vostro pigro e sonnolento intrattenitore, miei cari lettori, non ha il minimo problema a tracciare una bella linea per terra e dire "questa è lotta di classe, quello è malcostume". E a questo punto sente di essere dialetticamente inattaccabile nel momento in cui vi pone la domanda retorica: in che modo la sinistra di classe può affrontare, con i suoi frame, il problema della CLP e del signor Tom Waits? Lo stesso dicasi per la scuola, settore lavorativo nel quale un giorno spero di trovare un minimo di stabilità economica. Va benissimo dire che ci vogliono più soldi, ma non certo per rendere la vita più facile ai numerosi elementi nel corpo docente che vanno a scaldare la sedia, in modo non dissimile dagli studenti che condannano all'apatia a vita. C'è un momento per protestare e un altro per mettersi al lavoro. Questa è la lezione che mi ha insegnato Tom Waits. A non dare più retta a chi crede di avere niente da imparare, temo che non imparerò mai...

lunedì 24 febbraio 2014

Free for all




"Free for all: a competition, dispute, or fight open to all comers and usually with no rules"

Questa è la definizione data dal sito del Merriam Webster, un prestigioso dizionario della lingua inglese. Secondo il Cambridge online, invece, si tratta di "a situation without limits or controls in which people can have or do what they want". Insomma, a Roma si direbbe 'na gran caciara, a Napoli si chiamerebbe ammuina. Ora, è ben noto che nelle situazioni caotiche i primi ad avvantaggiarsi sono i gaglioffi, i lestofanti ed i malfattori. Vi piace questo lessico desueto? Io lo adoro. E lo trovo particolarmente calzante, dal momento che il rispetto, la continenza, l'autolimitazione dei propri impulsi e appetiti in nome dell'interesse generale sono così fuori moda. Non solo il vocabolo, ma lo stesso concettodi "gaglioffo" è obsoleto quanto quello di "galantuomo". Viviamo in una società in cui il forte, il furbo, il cinico si fanno strada calpestando i cadaveri dei mansueti. Quelli che dovevano ereditare il regno dei cieli, ve li ricordate? E sappiamo bene come ogni classe dominante confezioni ideologie a proprio uso e consumo.

L'elemento ideologico fondamentale in ogni società marcatamente asimmetrica è l'occultamento delle asimmetrie. Un modo eccellente per raggiungere questo risultato è quello di creare una cultura esasperatamente individualista, in cui il singolo venga investito di funzioni che non gli sono proprie. Ad esempio, quella di (credere di) produrre una visione del mondo. Te la vendono dalla televisione, dalla radio, dalla stampa, da Internet, attraverso i film, la musica pop, i reality. E alla fine ti entra sotto pelle senza che tu te ne accorga. Diventa parte di te. E non ti accorgi che ti è stata inoculata.

Ma io, come il Giovanni Ferretti di un tempo, mi ricordo di discorsi belli tondi e ragionevoli. Mi ricordo che una volta non esisteva solo un unico modo di pensare con miliardi di insignificanti, pressoché invisibili differenze. E anche della democrazia esistevano concezioni profondamente diverse. Quella liberale classica era fondata sull'idea di un contratto sociale, un patto fra il singolo e la collettività, ed era quindi particolarmente attenta ai diritti individuali; ce n'era poi un'altra, secondo me più avanzata, che vedeva nella classe un elemento più importante dell'opinione individuale. Sì, per me è più democratico un paese con un solo partito in cui lo Stato spende il denaro pubblico per migliorare le condizioni di vita di chi vive del proprio lavoro, piuttosto che uno con duecento partiti, partitucoli e liste civiche in cui i soldi per grandi opere inutili ci sono sempre, ma per educare le future generazioni o curare chi si ammala scarseggiano perennemente.

Se esistono diverse concezioni, se il mondo può essere declinato in modi sostanzialmente diversi e reciprocamente incompatibili, non possiamo pretendere che tutte le forze politiche condividano lo stesso linguaggio e la stessa impostazione. I falsi paladini della tolleranza, della libertà di espressione, dell'uguaglianza, gridano allo scandalo quando qualcuno che non condivide la loro visione del mondo sbatte il pugno sul tavolo e dice a chi pensa di essere ad un free for all "questa non è casa tua, fammi la cortesia di uscire". Pretendono di occupare tutti gli spazi. Pretendono che io a casa mia faccia entrare chi dicono loro. Non è così che stanno le cose. Non c'è un solo modo di pensare, e non tutte le case sono uguali. I gaglioffi si regolino come vogliono, a casa loro, e lascino che i galantuomini tengano in ordine la propria.

giovedì 20 febbraio 2014

Occhio all'idraulico!

Cari amici del Bradipo, ultimamente sono un membro produttivo della società. Faccio lezione al fior fiore delle nostre Forze Armate, quelle che prima o poi dovremo scatenare contro gli euro-vampiri che ci hanno lasciati senza speranza e senza credito sul cellulare. Essendo diventato anche pendolare, e se consideriamo che la mia era una deboscia di lungo corso, capirete come su di me sia scesa una stanchezza perenne e assoluta, una patina di fatica che solo il weekend, con le sue liete libagioni e le sue giulive risa, può cancellare.

Ma qualcosa andava scritto, perchè m'avvedo che brancolate nel buio, e io devo guidarvi: tale è la sorte degli illuminati, degli optimi, di coloro che più chiaro e più lontano degli altri veggiono. E come vi potrei apostrofare, se non con la consueta allegoria? O mithos deloi, dicevano quei pederasti olivofagi ai quali dobbiamo le fondamenta della nostra cultura; dunque, fatemi dare forma a questo mithos.

Immaginiamo che in casa nostra un rubinetto cominci a perdere; che facciamo? Chiamiamo l'idraulico, mi diranno molti di voi. Ed io, cari i miei discepoli, sarei uno di quelli. Non ho idea di come effettuare le più semplici riparazioni, e sarei costretto ad affidarmi a un professionista. Ma è ben noto, ahimé, che non tutti gli idraulici sono integerrimi galantuomini. Capita spesso, anzi, che il rubinetto aggiustato ieri ricominci a perdere domani. E allora, che si fa? Si chiama un altro idraulico, mi direte.

Bene, il nuovo idraulico arriva a casa nostra, ci spiega tutti gli errori commessi dal vecchio idraulico, in buona o in cattiva fede, ed effettua la sua riparazione. Disgraziatamente, dopo tre o quattro giorni, il rubinetto ricomincia a gocciolare. E allora si chiama un altro idraulico...

Tagliamo corto, amici. Gli idraulici sono tutti uguali. Dobbiamo rimboccarci le maniche e mettere mano al rubinetto in prima persona. Facciamoci aiutare dai vicini, magari. Da un amico, da un collega di lavoro. Insomma, dagli idraulici possiamo aspettarci solo soluzioni temporanee e precarie. Perché non sono capaci, forse? Possibile, in alcuni casi. Ma soprattutto, perchè non hanno interesse ad aggiustarci il rubinetto, bensì a farci credere che lo aggiusteranno, in modo da prendere i nostri soldi. Per cui, quando parla un idraulico, ascoltarlo è semplicemente tempo perso.

Mi direte, ma noi non sappiamo intervenire sul rubinetto che perde. Bene, dobbiamo imparare. Ed è naturale ed inevitabile che commetteremo errori. Ma questo non deve indurci nella stupida tentazione di chiamare l'idraulico. E se qualcuno va dall'idraulico e gli dice chiaro e tondo che non ha fiducia in lui, bisogna avere proprio l'anello al naso per osservare che quel particolare idraulico non ti ha mai aggiustato il rubinetto. Quanti soldi dobbiamo ancora buttare per capire che degli idraulici non c'è da fidarsi?

venerdì 7 febbraio 2014

Scippatori e scippati, ovvero dei lupi e degli uomini


Cari amici del Bradipo, scrivo questo post su "istigazione" di un amico che mi ha contestato alcuni aspetti riguardanti quello sullo scippo di ieri. Dunque, considerate questa ennesima ciofeca testuale come un addendum alla precedente.

Lo scippatore del centro storico di Napoli è un figlio del degrado. Questo mi è stato fatto notare dal mio amico, e io mi sono detto subito d'accordo. Come non esserlo? I più disprezzabili, arroganti e violenti fra i miei amici e conoscenti del Vomero non hanno mai fatto uno scippo in vita loro, ed è altamente improbabile che lo facciano mai. Un certo tipo di criminalità nasce sempre nel seno del Lumpenproletariat. Il fetente di estrazione borghese o del ceto medio esprime in altri modi la sua turpitudine morale: truffe immobiliari, frode fiscale, creste sui lavori condominiali etcetera etcetera

In cosa consiste il degrado di cui parliamo? Consiste nel fatto che a Napoli esistono famiglie, vicoli, interi quartieri completamente tagliati fuori, senza esagerazione, dalla civiltà occidentale. Angoli di città in cui un tempo vigevano altri codici rispetto a quelli scritti, ufficiali, della "legalità"; ma di quei codici oggi resta poco e niente. Le classi subalterne, quando non sono coscientizzate e organizzate, riproducono in modo più acritico e pedissequo di tutte i valori e i modelli delle classi dominanti: quando queste ultime sono rapaci, violente, amorali, anche le prime lo saranno. Con l'aggravante che l'abbrutimento in cui sono costrette a vivere le renderà più efficienti nell'applicazione di cotali - e dico cotali - principi.

Dunque, il vostro Bradipuccio, per quanto fesso conclamato, è ben cosciente di questo problema. Ma, come accennavo prima, è auspicabile che le classi subalterne si coscientizzino e si organizzino, e cioè che reagiscano collettivamente alla violenza economica e sociale che subiscono. E lì il vostro mammifero arboricolo non avrà proprio niente da dire. Se invece di scippare borse queste persone vanno a occupare case sfitte, protestare con il Comune per le condizioni pessime in cui versano i quartieri in cui abitano, o con la Regione per il modo totalmente inadeguato in cui vengono gestiti i fondi europei per lo sviluppo, nessuno si scandalizza. Se organizzano reti economiche informali (la signora che vende la birra nel basso, tanto per fare un esempio) io non grido allo scandalo e all'evasione fiscale. Ma se trascinano donne di mezza età sui sampietrini per i pochi soldi che può contenere una borsa, mi riservo il diritto di provare ribrezzo e riprovazione. Beccatevi questa allitterazione, insieme a tutto il mio sdegno. Sono due etti e mezzo, che faccio, lascio?

Viviamo, oggi, in una società quanto mai ferale. Se Hobbes potesse vederci, gonfierebbe il petto e si crogiolorebbe nella soddisfazione del suo trionfo intellettuale. Ma proprio per questo gesti come quello di cui stiamo parlando devono essere stigmatizzati e condannati con la maggior fermezza possibile. Gli scippatori,
di qualsiasi ceto e provenienza, non devono avere diritto di cittadinanza in una società degna di esseri umani. Ed è per questo che io, per quel che conta, starò sempre dalla parte degli scippati.

La sfaccimma della gente


Cari bradipo-dipendenti, buongiorno. Il sole splende, gli uccellini cinguettano, i clacson strombazzano, le sirene delle ambulanze sqaurciano l'aria, innescando sistematicamente l'antifurto di qualcuno che non è ancora stato messo al corrente dell'esistenza degli antifurti satellitari. Insomma, una ordinaria giornata di Febbraio, in questo caotico angolo di città. Di una città scostumata, rumorosa, sporca, aggressiva, sempre più disumanizzata e disumanizzante.

Provo un grande fastidio quando si fa confusione, per ignoranza o per convenienza, fra quel sistema di relazioni sociali informali che caratterizza la vita di alcuni rioni napoletani, e la completa anomia che sempre più si fa strada fra le giovani generazioni. Gli ultimi della Terra sono una cosa, i Morlock sono un'altra. Su questo stesso blog ho difeso a spada tratta i diritti del parcheggiatore abusivo, rimediando il sempreverde biasimo delle genti. I diritti degli scippatori, no. Quelli non li difendo. E la mia intelligenza si ribella quando si fa del sociologismo e si cerca di giustificare una forma di crimine odioso come lo scippo con la miseria, il degrado e compagnia cantante. Penso all'albino che vende paccottiglia assortita in funicolare, penso a un tizio che da decenni va in giro per il Vomero vendendo penne e bloc notes, penso ai Rom che passano spesso con amplificatore e sassofono sotto casa mia, penso agli stessi parcheggiatori abusivi. E concludo che la violenza non deve, non può essere un'opzione.

Ieri è uscito su Repubblica online un video ripreso dalla telecamera di un negozio di via D. Capitelli, a due passi dalla centralissima P.zza del Gesù. Mostrava un giovane in scooter che prova a strappare la borsa a una signora di mezza età, di stazza minuta. Lo scippatore perde l'equilibrio e cade dal mezzo. Subito un pezzo di marcantonio di colore si precipita a recuperare la borsa della donna, e pare che dica qualcosa al ladro. Questo sembra essere stordito dalla caduta, o forse preoccupato dalla reazione del capannello di gente che si sta formando intorno a lui. Ma poi vediamo un ragazzo aiutarlo a rialzare lo scooter, sul quale lo scippatore risale subito, preparandosi ad andarsene. Il giovane di colore è l'unico a provare a ostacolarlo. Nessuno, purtroppo, gli dà manforte. E così il gaglioffo dà manetta e scappa.

Grazie al video e alla sua diffusione, lo scippatore è stato identificato e fermato. Eppure giustizia non è fatta. Io adesso voglio sapere da voi perchè nessuno ha seguito l'esempio di quel ragazzo, che si chiama Benjamin ed è stato intervistato a proposito dell'episodio. Non si trattava di bloccare il mariuolo in attesa dell'arrivo delle forze dell'ordine, ma di fargli passare un brutto quarto d'ora. Perchè risulta evidente che questa città sia stata abbandonata dalle cosiddette istituzioni, delle quali in questi paraggi si favoleggia come nel Medio Evo si favoleggiava delle ricchezze del Catai. Perchè a P.zza del Gesù ci sono pattuglie di militari e Carabinieri 24/24h, ma nessuno è accorso sul luogo dello scippo. Ci dobbiamo arrangiare noi anche in questo. Due paccheri a quella latrina di uomo glieli doveva dare la popolazione. Le cosiddette forze dell'ordine sarebbero dovute intervenire per sottrarre il lestofante al sano paliatone che gli spettava.

Ma il fatto è che l'anomia avanza, in tutti i campi e a tutti i livelli. Non vogliamo capire che o diventiamo un popolo, o stabiliamo rapporti di corresponsabilità, oppure sprofondiamo nella barbarie. Pardon, la barbaria. Tertium non datur. Fin quando preferiremo tenere la testa bassa e sperare di cavarcela, le mazzate continueranno a volare, come in una sorta di lotteria al contrario. E le nostre strade, le nostre aziende, le nostre istituzioni, saranno in balia della sfaccimma della gente, e delle loro scorribande. E poco poco la sfaccimma della gente ci scipperà il futuro.

mercoledì 5 febbraio 2014

Nun me piace 'o presepio. Ovvero, dell'etica e dell'estetica


- Ma come puoi dirlo, se quello ancora non è finito?

- E pure quando è finito non mi piace.

Che cos'è un pregiudizio? Proviamo a darne una definizione funzionale. Diciamo, per esempio, che il pregiudizio è un filtro che ci permette di non dover rimettere costantemente in discussione tutto quello che sappiamo e in cui crediamo. Ad esempio, se abbiamo una visione del mondo aridamente utilitaristica e amorale, il presepe non può piacerci

Adesso mi addentro in un'operazione che è scorretta se pretende di arrivare a conclusioni oggettive, ma secondo me legittima fintanto che si costruiscono ipotesi senza pretese di autorevolezza. Per me, quando alla fine del III atto Tommasino dice al padre che il presepe gli piace, sta dicendo la verità. Ha prevalso in lui l'aspetto migliore dela mentalità infantile: la capacità di trovare gioia e appagamento in ciò che è semplice. Di questo tratto della personalità del "nennillo" Eduardo ci aveva dato diversi indizi, dallo strummolo che porta sempre in tasca, fino alla pazziella di carta con cui si gingilla alla fine del I atto. Tommasino è un bambino viziato che non vuole crescere. Non cerca lavoro, non studia, non fa niente di niente. Pazzea co' strummolo. Non sente il bisogno di evolversi. Il presepe non gli piace, e basta.

Poi la tragedia colpisce, e allora Tommasino è costretto ad affrontare la realtà, e assumersi le sue responsabilità. Le scale del palazzo le fa trenta volte al giorno, come racconta la madre a Donna Carmela, correndo fra la farmacia, il medico e il capezzale del padre in fin di vita. Troppo tardi. Per meglio dire, troppo tardi Tommasino si è reso conto di non essere un bambino, ma un uomo, che con il suo operato crea ripercussioni nel mondo che lo circonda. Se Vittorio Elia finisce a cena in casa Cupiello, la sera della vigilia, è anche per l'intervento del nennillo. E sappiamo come finirà la serata. Mentre Concetta serve la prima portata, sperando che ci si possa mettere a tavola "in grazia di Dio", si consuma la fase culminante del dramma privato di Ninuccia e Vittorio. Ma non è troppo tardi per capire il valore dell'integrità. La famiglia non può funzionare senza la sincerità, la fiducia e il rispetto reciproci. Il presepe è bello. Chi lo denigra è semplicemente chi ne è rimasto fuori.

Ecco perchè ci corre l'obbligo di allestire un presepe che metta tutti d'accordo, perchè nessuno, ma proprio nessuno, ne rimanga escluso. Tranne Nicolino Percuoco, fabbricante di bottoni, che sarà anche "un grande galantuomo", ma non capisce che il brodo vegetale è meglio di quello di gallina, e soprattutto non capisce che una famiglia non si compra.

E qui arriviamo alla pietra angolare di questo post e del capolavoro che è Natale in casa Cupiello: Concetta. La nemica della casa, la nemica dei figli, la nemica mia. Io, cari lettori, sono un integralista della libertà. Per questo vi dico che Concetta ha torto, e Lucariello ha ragione. Se Ninuccia avesse avuto la libertà di scegliersi il marito che più le aggradava, la famiglia Cupiello si sarebbe fatto Natale veramente in grazia di dio. E invece Concetta le impone Nicolino, perchè non le piace il presepe, ma vuole che la figlia si distingua socialmente, che sposi quell'uomo che ha centinaia di operai.

Il presepe, cari amici, non deve essere bello per essere bello. L'importante è farlo. Poi, se pure non esce l'acqua vera, perchè l'enteroclisma non era disponibile, non fa niente. Ma chi non fa il presepe, chi non lo apprezza, sono coloro che non capiscono e non apprezzano il valore dell'armonia, dell'inclusione, del rispetto reciproco, e della LIBERTA', che solo questi presupposti rendono veramente possibile. Il resto è arbitrio, è violenza, è raggiro. Vittorio Elia, che aveva schernito il presepe di Don Luca, torna disperato da lui per baciargli la mano prima che la morte se lo porti via. E finisce lui stesso in un amaro, tragico presepe, mano nella mano con Ninuccia.

Quello, cari i miei lettori, è il presepe che dobbiamo fare noi, con la differenza che noi dobbiamo farlo consapevolmente. Un  presepe che raddrizzi i torti, riavvicini gli scettici e i cinici come Tommasino, e dimostri a Donna Concetta che TUTTI devono partecipare alla vita della famiglia. Pertanto concedetemi di esprimere il mio biasimo per Concetta Cupiello e la sua gestione fallimentare della casa. E quando arriverà da Roma Nicolino Percuoco non fatelo entrare. Nel presepe c'è il macellaio, il pescivendolo, la lavandaia...la fabbrica di bottoni con centinaia di dipendenti, no. E Ninuccia nun te vo' bbene. Vittorio, vieni qua. Dai la mano a Ninuccia. Tommasì, hai visto come è bello il presepe? Certo che è bello. Lo abbiamo fatto noi. E' casa nostra.

lunedì 3 febbraio 2014

Tra il dire e il fare


Cari lettori delle mie elucubrazioni, buondì. Siete profondamente scandalizzati dall'inaccettabile e becero sessismo che costituisce la più profonda essenza del M5S, e che ne determina l'agire politico? Non ne potete più di questa progenie culturale dei film di Alvaro Vitali, che inneggia allo stupro di una ineccepibile garante delle nostre istituzioni, costantemente vilipese dai turpi grillini? Siete convinti della necessità di cancellare dalla faccia della terra questa armata Brancaleone di energumeni antidemocratici? Tranquilli, non sono impazzito. Sto facendo ironia, perchè solo con l'ironia mi sembra di poter rispondere alla insensatezza che ormai permea il discorso mediatico in questo nostro povero paese.

Ora vi dico di cosa sono veramente stanco. Sono stanco di vedere che si investe sempre di meno nella scuola, nell'università, nella formazione, nella sanità, nell'occupazione. E questo, a beneficio di sparute elite industriali e finanziarie. Sono stanco di vedere amici disoccupati che emigrano per trovare lavoro, o restano qui e rinunciano a cercarlo. Sono stanco di vedermi proporre lavori improbabili, mal pagati e qualche volta addirittura loschi. Sapete, io ho fatto l'università, non una carriera criminale, e sarei dunque portato a dare per scontato di poter lavorare e guadagnare qualche spicciolo nell'alveo della legalità. Sono stanco di vedere che, mentre nel mio Sud mancano infrastrutture essenziali, il governo del mio paese insiste su un progetto di alta velocità ferroviaria che molti giudicano inutile, e che la popolazione osteggia in modo evidente. Sono stanco di furbetti, sodali, amici, amici degli amici e della loro manovalanza, con la pistola o senza. Sono stanco del sottoproletariato abbrutito che si vende il voto per una spesa al discount. Sono stanco di dover tollerare la presenza di associazioni criminali dal carattere medievale nella mia città, modellata a immagine e somiglianza delle sue ignobili classi dirigenti.

E mi fermo qui, perchè faremmo notte. Ci hanno detto che questo sarebbe stato il governo del fare. In un certo senso, stanno mantenendo la promessa. Se quel "fare" vuol dire accelerare il naufragio di un popolo nel mare in tempesta della barbarie neoliberista, si stanno dando da fare. Certo, lo fanno con il massimo dell'educazione, con i modi impeccabili e il rispetto del protocollo che contraddistinguono chi gestisce il potere. Del resto, perchè dovrebbe sbracciarsi, alzare la voce, ricorrere al turpiloquio colui che sa di essere più forte della sua vittima designata, e di poterla angariare nella più completa impunità? Chi ruba caramelle ai bambini lo fa con aplomb. Qualche crepa si comincia a intravedere, ma essenzialmente il volto di questa classe politica è Gianni Cuperlo, impassibile di fronte all'accusa di collaborare allo sfascio di un paese. Non so voi, ma io di uno che, di fronte alla sfuriata di Di Battista, resta impassibile, non mi fido. Uno che si regola così a me fa paura.

A molti italiani fanno più paura invece,a quanto pare, il linguaggio colorito, i toni accesi, le cadute di stile, le battutacce da osteria. Mi stupirei di più di tutto questo se Fukuyama e i suoi proseliti non mi avessero avvertito. La storia è finita, la lotta di classe non c'è più, non è forse così? Perchè stupirci, allora, se un'opinione pubblica intrisa di questa deprecabile ideologia non riesce più a capire la differenza fra il dire e il fare, e ha perso di vista l'essenziale verità che è la realtà a produrre i discorsi, e non viceversa? Questi consumano narrazioni, perchè da soli non sono più in grado di rappresentarsi il mondo. Si fanno raccontare se stessi e le loro vite dagli altri. Da quello che un tempo era "il nemico di classe". E basta con tutte queste puttanate sul rapporto fra fascismo e piccola borghesia: il ceto medio è il proletariato col frigorifero e la lavatrice, nient'altro. Ora che è colpito dalla crisi, che non è un terribile accidente, ma un vero e proprio episodio di lotta di classe (i padroni sanno ancora farla benissimo), va aiutato a capire come e perchè lo stanno attaccando.

Se invece scegliamo di prendercela con l'unico soggetto politico di una certa rilevanza numerica, l'unico movimento di massa che oggi difenda questo paese dal saccheggio a cui lo stanno sottoponendo, perchè manda la gente a fare in culo, facciamo un torto al futuro, alla Storia, e a noi stessi. E la sofisticata cultura umanistica, l'impeccabile proprietà di linguaggio che ci fanno gridare allo scandalo di fronte alla rozzezza e volgarità degli esasperati le potremo mettere a frutto scrivendo un'elegia per una Patria inghiottita dal mare.

domenica 2 febbraio 2014

L'Italia giusta

Cari amici del letargico mammifero, ho capito tutto. Ho capito perchè, da quando ho dichiarato al mondo (leggi Facebook) di aver votato per il M5S, non mi fanno più stare un pomeriggio quieto. Voi pensate che io scherzi quando mi dichiaro fesso; e invece no. Vi sto esortando, senza offesa per nessuno, a prendere atto della vostra insignificanza, proprio come ho fatto io. Potete aver letto tutti i libri che volete, potete avere due lauree, potete avere un quoziente intellettivo stellare; tutto ciò è assolutamente ininfluente ai fini della vostra fessaggine. Siete fessi perchè le vostre vite sono in balia di personaggi che vanno dal mediocre al losco, passando per il diabolicamente machiavellico. Perchè, come nel famoso sonetto del Belli, li soprani possono vendervi a tanto al mazzo. E se vi impiccano, non vi strapazzano. Perchè se a un certo punto una combriccola di questi illuminati governanti decide che il vostro potere d'acquisto (per quanto scarso) deve diminuire a vantaggio delle elite economiche e finanziarie che dettano la loro agenda, il vostro potere d'acquisto diminuisce. E la profondità, la complessità, la dottrina che sciorinate nelle vostre ineccepibili (forse...) analisi non altera di una virgola la vostra subalternità.

Oserei dire, a questo punto, che magari io sono addirittura un po' meno fesso, nel momento in cui prendo atto di tutto ciò. E, una volta presone atto, concludo (ma correggetemi se sbaglio) che solo l'unione d'intenti, la compattezza, la visione d'insieme, può salvare i fessi dal loro destino di sudditi inconsapevoli. E qui scatta, nel mio cervellino atrofico e raggrinzito come una prugna secca della California, una riflessione. Se un fesso come me è arrivato a questa conclusione; se circa nove milioni di fessi hanno realizzato di essere sudditi, e si sono in qualche modo ribellati a quella condizione, è mai possibile che li soprani der monno vecchio restino a guardare? Mentre masse di scontenti si rendono protagonisti di una vera e propria fuga cognitiva, possiamo pensare che il potere costituito si astenga dal rielaborare modi nuovi di riproporre e rilanciare la loro egemonia?

A me pare di no. Di questo, cari amici, sono abbastanza certo. Sebbene quelli che mandano avanti siano i meno dotati (i lestofanti si regolano sempre così) quelli che stanno dietro, i cosiddetti backroom boys, sanno il fatto loro. Sanno comunicare, e anche molto bene. Non pensate all'espressione bovina di Renzi, o al grigiore senza eminenza di Cuperlo. Quelli sono la fanteria, la soldataglia sacrificabile. Dietro ci sono le teste pensanti. Quelle che hanno prodotto uno degli slogan politici più geniali che questo fesso abbia mai sentito: "L'Italia giusta".

Di domenica mattina il vostro Bradipo non ha nè la testa nè la voglia di imbarcarsi in un post impegnativo. E ve l'ho detto che sono un fesso, un nonnulla mi surriscalda il cervello come un processore ante-Pentium alle prese con un sofisticato programma di grafica vettoriale. Vi invito solo a solo riflettere sul doppio significato della parola "giusto". Giusto perché equo o giusto perché esatto, come la risposta giusta a una domanda? Siamo sempre lì, cari adepti: l'uomo contro dio. Io, che sogno uomini come dei, punto sull'equità. E, se la risposta sarà sbagliata, non avrò perso niente. Fesso ero, e fesso rimarrò.

sabato 1 febbraio 2014

Il negro di casa e il negro di campo

Cari amici del Bradipo, buonasera. Lo sapete che sono un populista, qualunquista, giustizialista e forcaiolo, vero? Fuori da questo paese bislacco, azzardo l'ipotesi che qualcuno mi potrebbe definire semplicemente una persona per bene, che si sforza di distinguere ciò che è morale da ciò che non lo è; ma in questo, che ha un senso della moralità quanto meno peculiare, io sono tutte quelle cose di cui sopra. E quindi adesso vi ammorbo l'anima. Se pensate che questo incipit sia pesante e moraleggiante, vi conviene smettere di leggere, perchè andremo solo a peggiorare.

Forse avrete letto che la Corte d'Appello ha pronunciato la sentenza sul caso di Meredith Kercher, la studentessa inglese uccisa a Perugia nel 2007. I verdetti di colpevolezza emessi in primo grado sono stati confermati per Amanda Knox e Raffaele Sollecito, già assolti in un processo d'appello annullato dalla Cassazione. Amanda ha ascoltato la sentenza dalla sua casa di Seattle, dichiarando chiaro e tondo di non avere la minima intenzione di venire a scontare la sua condanna. Del resto, il nostro ruolo nei confronti dell'alleato atlantico è sempre stato quello del negro di casa. Non c'è da stupirsi se non ce la restituiscono. Ci hanno forse reso giustizia quando a un posto di blocco alla perifieria Baghdad Mario Lozano aprì il fuoco sull'auto in cui viaggiavano Giuliana Sgrena e Nicola Calipari, uccidendo quest'ultimo? Ci hanno reso giustizia quando un loro top gun, per dimostrare la propria abilità a un collega pilota di livello intellettivo evidentemente pari al suo, tranciò i cavi della funivia del Cermis, uccidendo venti persone? Va da sé che, se un comune cittadino italiano si macchiasse di sangue statunitense, l'ergastolo sarebbe il minimo che dovrebbe aspettarsi.

Ma non è per inveire contro gli yankee che scrivo questo post. Gli imperi hanno sempre attuato politiche imperialistiche. Altrimenti, che imperi sarebbero? Il punto è che Amanda Knox ci ha già fatto ciao ciao, e la possiamo anche bruciare in effigie, a lei je rimbarza, come dicono nell'Urbe. Il semi-furbo Sollecito, rampollo di una famiglia influente della Bari bene che nemmeno la carogna riesce a fare come si deve, ha tentato di espatriare. Nel paese europeo con più chilometri di coste, questo genio ha tentato di raggiungere l'estero via terra, anzichè affidarsi al mare, una via di fuga meno controllata ma decisamente più scomoda. Perfino davanti al pericolo di una lunga detenzione si è confermato figlio di papà viziato e apatico. Una volta almeno questo paese aveva dei criminali seri. Vallanzasca avrebbe certamente fatto perdere le sue tracce, e nel farlo magari ci avrebbe rimediato pure una scopata. Niente, ormai ci toccano i Sollecito...

Dove voglio andare a parare? Ebbene, vi ricordate di Rudy Guede? In tutta questa vicenda, è l'unico che abbia già ricevuto una condanna definitiva, che sta scontando. Lui è il negro di campo, quello che da piccolo veniva picchiato se il figlio del padrone combinava una marachella. Quello che viene sfruttato come una bestia da soma. Quello che viene frustato se osa guardare la moglie del padrone, mentre questo abusa impunemente delle schiave presenti sulla piantagione. Un altro uomo di colore, Patrick Lumumba, fu arrestato e dovette subire l'onta del carcere, in seguito alle false accuse della signorina Knox. Fu poi scagionato da un professore universitario che si trovava nel suo locale, mentre Meredith veniva uccisa. Per Lumumba, il principio giuridico apparentemente scontato in base a cui l'onere della prova spetta a chi accusa si capovolge: è lui a dover dimostrare la falsità delle dichiarazioni "creative" di una giovane che faceva la "ruota" nei corridoi del commissariato in cui stava per essere interrogata, a pochi giorni dall'omicidio della Kercher.

Qulasiasi cosa accada in questo disgraziato paese, cari amici del Bradipo, riflette la convinzione profondamente radicata di una essenziale diseguaglianza fra gli esseri umani. Gli italiani, per la maggior parte, trovano perfettamente naturale che ci siano padroni e schiavi, fra gli individui come fra le nazioni. Io no. per questo dovete perdonarmi se ogni tanto vi sembra che io sragioni. Io credo veramente che siamo tutti uguali, e credo che la costruzione di una società di uguali passi anche, se non soprattutto, dal nostro interiorizzare veramente questo principio. I bianchi, i neri, gli statali, i commercianti, i milanesi, i palermitani, gli interisti e perfino gli juventini. Tutti uguali, cittadini dello stesso paese, con gli stessi diritti e doveri. Un popolo, come forse direbbero fuori da questo paese bislacco.

E adesso, per chiarire il messaggio o aumentare il senso di straniamento e di fastidio che devo avervi causato, chiudo il post con una simpatica scenetta di dave Chappelle, in inglese sottotitolato. Buonanotte e buona domenica.