lunedì 28 settembre 2015

Pinocchio e i Carabinieri


Cari amici del Bradipo, buongiorno. Sapete, ci sono ancora, fra i miei amici e conoscenti, molti che non mi hanno ancora dato del fascista; e, se la sinistra oggi è quella che vuole far sposare gli omosessuali ed eliminare le "discriminazioni di genere" dal linguaggio, riempiendo la nostra bella lingua di asterischi e altre manifestazioni di fulgida idiozia, io pretendo di essere chiamato fascista. Provvediamo, dunque.

Poco più di un anno fa, a Napoli, un ragazzo di sedici anni perse la vita al termine di una rocambolesca fuga in scooter da un posto di blocco dei Carabinieri. L'indignazione fu immediata, e questo è comprensibile; un po' comprensibile fu per me, e continua ad esserlo, l'ostilità subito rivolta dalla sinistra cosiddetta antagonista, ma anche (seppure in forme un po' meno crasse) da parte del mondo "progressista" nei confronti del carabiniere che aveva fatto partire il colpo. Che si fosse trattato di una esecuzione in piena regola non era per molti un semplice, tremendo sospetto; era una certezza.

Qualche giorno fa un agente di polizia è rimasto gravemente ferito a Napoli. Insieme a un collega, stava cercando di cogliere sul fatto una banda di estorsori, a seguito di una denuncia da parte di un commerciante taglieggiato. In altre parole, stava facendo il lavoro per cui è pagato dal contribuente italiano. Scambiato evidentemente per un sicario (in questo momento Napoli, per chi non lo sapesse, è devastata da una guerra fra clan), è stato fatto oggetto di un fuoco ravvicinato al quale è sopravvissuto per miracolo, ed ora versa in condizioni definite gravi.

Bene, come era facilissimo prevedere, il grave ferimento di Nicola Barbato non ha suscitato nemmeno la metà del clamore che suscitò la morte di Davide Bifulco. Questo fatto a molti sembrerà ovvio. L'idea che io vorrei esprimere sembrerà assurda a molti come sembra ovvia a me. Ma qui ci vuole pazienza, perchè se vado dritto al punto non ci intendiamo.

Immaginate un paese popolato da milioni di Pinocchio. Non dovrebbe esservi difficile, perchè stiamo andando a vele spiegate in quella direzione. Siamo saturi di persone bugiarde, inaffidabili, irresponsabili e prive di rispetto per se stesse e per gli altri. Pinocchio è un burattino: non è in grado di essere libero. Anzi, peggio: crede pure di esserlo, senza che ve ne siano le premesse. Un paese popolato da milioni di Pinocchio è un paese in cui il Pinocchio più forte, più furbo, meglio attrezzato, schiaccerà sempre il Pinocchio più debole, più ingenuo, quello che parte da una posizione sociale meno favorevole. Per questo sono, ahimé, necessari i Carabinieri.

Se Pinocchio si vuole affrancare dai Carabinieri, dal grillo parlante e da tutti gli altri seccatori che lo privano della sua autonomia di pensiero e di azione, deve fare un passaggio concettualmente semplice quanto praticamente difficile: deve rendersi conto dell'esistenza degli altri, e che ognuno di quelli è un essere vivente esattamente come lui, con dei bisogni, delle aspirazioni, dei diritti. Questa reciprocità, quando e se dovesse essere completa, metterà a tacere le armi e renderà superflue divise e manette. Ma nel frattempo, chiunque auspichi che Pinocchio diventi un bambino in carne e ossa, e smetta di essere un burattino, dovrebbe sforzarsi di provare repulsione per il sopruso, e rispetto per il lavoro.

mercoledì 16 settembre 2015

Un dato costitutivo



Secondo la signora Bindi, la camorra è un dato costitutivo di Napoli. Non è nel suo DNA, come avevano erroneamente riportato alcune fonti. Ne è un dato costitutivo. Un po' come dire che il peperone ripieno si fa con le melanzane, ma uno volendo ci può mettere pure i cocozzielli, eh, mica lo arrestano. Però, certo, il peperone ripieno, o 'mbuttunato, come si dice a Gomorra, si fa da chissà quanto tempo con le mulignane. Serviranno molto tempo e grandi sforzi per cambiare questo dato costitutivo.

Mettiamo subito in chiaro una cosa: non è che io mi offendo perché una vecchia bizzoca ha parlato male della mia città. Voi dovete pensare alla signora Bindi un po' come alla mamma di Cardone: quando non c'è la novena, che deve fare? Dove la mettiamo a sbariare? Il problema è che questa donna, fra una novena e l'altra, è stata messa a combattere la criminalità organizzata. E questo, cari amici a cui voglio bene - non ve lo scordate mai - come se foste dei bimbi normali, è un altro dato costitutivo.

Vi ricordate quando abbiamo parlato dell'albino della funicolare? Quello che non è non un tossico e non un ladro? Ecco, per trovare napoletani onesti non c'è bisogno di andare al Vomero, come in un servizio di non ricordo quale telegiornale Mediaset. Li trovi in qualsiasi milieu sociale, pure int'e ssaittelle, come si dice da noi. E se pensi che salire sopra al Vomero ti dia la garanzia di essere circondato solo ed esclusivamente da persone oneste, senti il consiglio di un fesso, e ricordati che l'abito non fa il monaco. Eh sì, perché il criminale non è solo quello che fa i "pacchi", lo scartiloffio, all'angolo di strada, ma anche quello che truffa dietro una scrivania; e se qualcuno ti deruba con la pistola in pugno, qualcun altro lo fa con la penna; e certi prodotti finanziari che hanno contribuito a scavare il baratro economico in cui ci troviamo non erano meno tossici dei rifiuti atterrati dal famigerato clan dei casalesi.

E andiamo a concludere, perché se Joyce ha fatto la uallera alla pizzaiola a me con l'Ulisse, figuriamoci quali risultati nefasti posso ottenere io nel dilungarmi. La "camorra", mannaggia tutte cose, è la parola jolly per metterlo in culo a chi vorrebbe uscire dalle suddette saittelle, con le buone o con le cattive. 'O cane ca mozzeca sempe 'o stracciato, che con i suoi cenci offende i signori vestiti bene e con la laurea appesa in faccia al muro, quelli che fra le grida di indignazione sacrosanta ma ingenua creano i dati costitutivi, le saittelle e i morti uccisi.

 

venerdì 11 settembre 2015

Fascismo 2.0


Cari lettori, a volte mi sento proprio vetusto e fuori dal mondo, per la semplice ragione che questo mondo, nel rifiutarsi ostinatamente di essere ragionevole, mi estromette. Abbiamo già riflettuto, di recente, su come il genere umano, nella sua pochezza e soprattutto nella sua preoccupante carenza di autonomia di pensiero e giudizio, riesca a travisare tutto il travisabile. A beneficio di chi? A beneficio di coloro che architettano il travisamento, che poi sono, detto in parole povere, i padroni del mondo. Oggi è 11 settembre, e posso citare due semplici fatti a sostegno della tesi appena esposta: il primo è il fatto che quella che è senza alcun dubbio la peggiore delle due grandi tragedie consumatesi in questa data (l'11 settembre 1973, data dell'inizio del colpo di stato del generale Pinochet) è quasi del tutto ignota alle masse incolte; il secondo fatto è che l'11 settembre che invece tutti conoscono, quello statunitense, è tuttora privo di una ricostruzione plausibile che metta tutti d'accordo, e che miliardi di persone in tutto il mondo siano convinte che un pugno di dilettanti del terrore abbia messo in ginocchio la prima potenza militare del mondo. 

Eppure non c'è, forse, da essere così pessimisti. L'umanità si evolve, seppure nella direzione meno incoraggiante che si possa immaginare. Il fascismo storico si serviva di manganelli e olio di ricino, e con i suoi metodi di palese prevaricazione creava malcontento e dissenso; quello odierno si è così perfezionato nella prepotenza da riuscire a instaurare una forma di dominio praticamente irreversibile: non reprimo il tuo dissenso, ti impedisco di generarlo. Creo, attraverso le nuove tecnologie, l'illusione di un dibattito libero e aperto, ma sto bene attento a limitare al massimo, in questo mare magnum di informazioni, l'accesso a quelle veramente critiche, quelle che potrebbero generare maggiore consapevolezza dei sottili meccanismi di oppressione che ho messo in piedi. E ti organizzo un bello spettacolo di marionette, in cui la libertà di pensiero si degrada a quella di scegliere se fare il tipo per Arlecchino o per Pulcinella. I veri conflitti, se posso, te li nascondo; se non posso nasconderteli, te li inquadro nel contesto del teatrino al quale farò di tutto per farti appassionare.

Pensiamo alle due fazioni in cui si è spaccata l'Italia dalla seconda metà degli anni Novanta, generando una rivalità che non è ancora del tutto esaurita: il berlusconismo e l'antiberlusconismo. Il problema dei problemi era diventato la collocazione dell'organo riproduttivo di Silvio Berlusconi, seguito a breve giro dall'evasione fiscale di Silvio Berlusconi e dalle mille magagne di cui, più o meno come qualsiasi altro imprenditore italiano di alto livello, si era reso colpevole negli anni. Nel frattempo governi di centro-destra e centro-sinistra si alternavano, licenziando leggi e decreti sostanzialmente equivalenti nell'indirizzo politico, sebbene marcatamente differenti nel linguaggio. Ma, parafrasando il megadirettore di fantozziana memoria, è tutta questione di intendersi: tu dici CIE, io dico CPT; tu dici clandestini, io dico migranti, ma alla fine la pensiamo essenzialmente allo stesso modo. Entrambi abbiamo intenzione di depotenziare lo stato sociale, tagliare la sanità e la scuola, ledere i diritti dei lavoratori. Entrambi siamo in effetti portatori di una visione antisociale del mondo e dello stato.  

Per questo mi sento vetusto, amici miei. Perchè sono già spacciato. Il resto della mia vita lo passerò, fatalmente, sotto il giogo di questo fascismo raffinatissimo che non mi darà quartiere, che mi aggredirà in mille forme diverse, veicolato ora da questo, ora da quello dei miei simili. Sarà nel comportamento dei miei alunni, nei commenti che sento per strada quando vado a fare la spesa, nelle opinioni (che fastidio mi procura solo la parola...) degli amici con cui vado a fare l'aperitivo, nelle conversazioni in uno scompartimento di treno. E, soprattutto, sarà nei social network, nelle chat di Whatsapp, in quella strana versione di 1984 apparentemente scritta da Maria De Filippi che è diventata la dimensione pubblica della vita. La soluzione sarebbe chiudermi in casa a leggere l'opera omnia di Charles Dickens e riguardare tutte le puntate di Only Fools and Horses e del Flying Circus fino a conoscere ogni battuta a memoria. Purtroppo, ahimè, non posso. Sarò vittima degli sgherri del regime. Perchè quegli sgherri, perdindirindina, siamo tutti noi.

giovedì 10 settembre 2015

La dittatura di Mario Merola

Ultimamente ho avuto modo di riflettere su una delle principali ragioni per cui questo paese è finito nel cesso, forse la principale in assoluto. Sì, ho riflettuto. Adesso fatevi bene i vostri conti, e se continuate a leggere non potrete cetro dire che non ve la siete cercata. Un po' di tempo fa scrissi un post intitolato La dittatura dell'opinione, in cui criticavo la tendenza di una certa sinistra (l'unica, purtroppo, ad essere numericamente rilevante in Italia) a trattare i punti di vista come prodotti di consumo. Personalmente credo che i punti di vista siano tutti legittimi, fino al momento in cui non si dimostrano errati. A quel punto qualsiasi essere che ambisca a definirsi dotato di moralità ha il preciso dovere di abbandonare il proprio punto di vista e aderire a quello che gli si è dimostrato più valido, fino a quando non ne emerga un terzo che risulti più valido dei due precedenti. E così via, fino a che la specie umana non si sarà levata dalla faccia lo scuorno di millenni di imbarazzanti quanto perniciose sviste.
 
E questo fa, senza il minimo problema, chiunque si renda conto che le idee non sono qualcosa che si debba possedere. E questo deve fare, nel modo più assoluto e tassativo, chiunque dica di volere un mondo più giusto. Perchè su questo pianeta, amici miei, non c'è posto per tutti. La tolleranza è un valore finchè è reciproca. Ma chi fonda la propria esistenza, come individuo o come gruppo, sulla distruzione di quella altrui non può e non deve essere tollerato. Urge una dittatura di Mario Merola, non è più procrastinabile l'avvento di un Regno del Terrore della mana smerza, che proceda a paccariare l'errore, l'inganno, il sopruso, per stabilire il lecito e l'illecito. Perchè dietro le opinioni ci sono montagne di arbitrio, di violenza, di asservimento.
 
Non so quanto possiamo resistere senza un Mario Merola collettivo che aggredisca con blasfemo furore l'idiozia dei nostri mezzi di informazione, che scaraventi per aria il bau-bau che si è fatto di Matteo Salvini, additando alle insipide genti ciò che nasconde quella buffa sagoma, ovvero un ordine mondiale che non so dire se sia più iniquo o pericoloso. Siamo persi senza questo omaccione rozzo, ignorante, incapace di raffinate analisi ma capacissimo di vedere la ragione e il torto nella vita vissuta. E avete voglia a deriderlo per i congiuntivi che sbaglia e gli eccessi di modulazione nella sua tecnica canora: lui ha ragione e voi avete torto.

lunedì 7 settembre 2015

Trasfusioni di idiozia


Cari amici del Bradipo, l'estate sta finendo. Tra poco ricominceranno a piovere le convocazioni delle scuole, che mi contenderanno come è giusto contendersi un giovanotto brillante e lavoratore, e chi mi fa il pernacchio è fetente. Tra poco non avrò più tanto tempo per scrivere, perché sarò travolto dai mille impegni e dalle mille problematiche che riempiono la giornata di un docente di scuola superiore, fosse solo per macerarsi nel dubbio di come provare a salvare gli infelici che gli hanno affidato. Approfittiamo di questi ultimi scampoli di ozio per scrivere qualche altra scempiaggine.

Ieri parlavamo di come la maggior parte degli utenti di Internet, e soprattutto dei social network, non abbia capito o non abbia voluto sviluppare nella prassi le potenzialità positive del mezzo; quelle negative, invece, vengono sistematicamente esplorate e sfruttate. Quando mi iscrissi a Facebook, nel 2007, gli utenti erano relativamente pochi e condividevano contenuti personali (foto, video, blog) o notizie. Oggi, ogni volta che entro nel social network, mi sembra di essere nella sala d'attesa del dentista. Sì, perché nelle sale d'attesa del dentista non mancano mai i rotocalchi di pettegolezzi ai quali ormai Facebook e i suoi fratelli somigliano tanto. Notizie non verificate, foto ritoccate, chiacchiere da bar, pregiudizi di destra e di sinistra. Ed è questa, amici miei, la grandissima vittoria riportata dai professionisti della comunicazione. I quali, come è naturale, si vendono a chi ha soldi per pagarli. Non esiste più nessuna possibilità di reale cambiamento sociale, politico, economico. Esistono chiese, sette, coacervi di identità affini che si attraggono per paura di essere sole, di essere niente. Il logos è finito, o è reliquia custodita gelosamente, si spera, da pochi eletti. E coloro che si credono e si dicono intellettuali sono i peggiori. Non c'è differenza, al di là delle eventuali supercazzole, fra il becero livore del salviniano o del neofascista e il buonismo aeriforme del sinistrato laureato e informato. Quest'ultimo non riesce a far altro che sbraitare e trasudare inane moralismo  di fronte alla deriva politica e morale del suo naturale uditorio, le masse di lavoratori e marginali bisognosi di soluzioni, non certo di liturgie.

Alla fine tutti, ma proprio tutti, subiscono credendo di essere protagonisti in prima persona. La vostra identità, le vostre priorità, perfino le vostre emozioni rispetto a quella parodia di vita pubblica che sono diventati i social... vi stanno sparando tutto in vena. Perché non mi metto nel novero di quelli che subiscono? Perché penso di essere meglio di voi? Lungi da me. Semmai, io sono peggio. Però io, se proprio mi devo fare un complimento, cerco di guardare le cose per quello che sono. E mi sono convinto che nessuna liturgia, nessuna appartenenza, nessuna interpretazione precotta della realtà che mi circonda cambierà di una virgola il fatto che fra due o tre settimane io ricomincerò a lavorare, da precario, in una scuola sempre più penosa, mirabile espressione e organo di riproduzione di una società sempre più imbecille, egotista e fregnona.

domenica 6 settembre 2015

Un cuore grande, due spalle fragili


Cari amici, è con amarezza che sono costretto a fare la seguente constatazione: l'idiozia umana è in grado di sviluppare al massimo tutte le potenzialità negative di una qualsiasi innovazione, e minimizzare quelle positive. Così è stato, purtroppo, anche con Internet. Quello che poteva essere uno straordinario strumento di comunicazione orizzontale si è trasformato non solo in un ricettacolo di povertà intellettuale e pressappochismo, ma anche di povertà intellettuale e pressappochismo prevalentemente verticali. Negli ultimi giorni ha spopolato sui social network l'immagine di un bambino siriano privo di vita sul bagnasciuga. Ne è seguita un'indignazione che si spiega solo con secoli di cultura cattolica, e non me ne vogliano gli amici credenti. Ci si indignava, ma genericamente. Contro chi? Boh! Vergogna!!! Ma chi è che deve vergognarsi? Ah, ecco: i razzisti. Quelli che non vogliono accogliere i migranti. 

Allora, io ve l'ho detto svariate volte che sono nato per rompere le scatole e sfrocoliare la gente con i miei punti di vista originali. E quindi adesso, come se niente fosse, mi metto a ragionare senza vergogna e senza finte indignazioni. Non è normale, non è fisiologico che maree di uomini, donne e bambini fuggano da un paese o da una determinata area geografica. Questo è ovvio. Eppure sta cominciando a farsi strada, nel campionario dei nostri luoghi comuni, la subdola frase "scappano dalla guerra". Da quale guerra? Aylan, bambino siriano della foto in questione, scappava da Kobane, città del Kurdistan siriano stretta fra l'Isis a sud e un governo tradizionalmente ostile ai Curdi, nonché testa di ponte della Nato nel Vicino Oriente, a nord. Dunque, i problemi di Aylan si chiamavano "fondamentalismo islamico finanziato e fomentato da GB e USA insieme alle monarchie del Golfo" e "ostilità del governo turco". Eppure, dal sempre colmo cilindro dell'idiozia i nostri giornalai hanno lestamente tirato fuori Al Assad e Salvini, strana coppia che però risulta perfetta per l'occasione. Chiunque sia critico dell'ordine mondiale sciagurato e antisociale che si sta costruendo sull'asse Washington-Berlino-Londra è un bersaglio legittimo e opportuno. Il Vicino Oriente va destabilizzato, va diviso, è necessario per impedire che alzi la testa come fecero negli anni Settanta, lasciandoci letteralmente a piedi. I migranti in Europa devono arrivare in massa, è necessario ad aumentare la competizione sul mercato del lavoro e distruggere quello che resta del welfare state, nella realtà e nella nostra concezione del vivere sociale.

Ora in Europa c'è  una corsa alla solidarietà, commovente e lodevole. E quanto più è nobile lo slancio dei comuni cittadini che dimostrano umanità e affetto alle vittime di una guerra targata USA-UE, tanto più gli architetti di questo ordine mondiale disastroso si sentiranno esautorati dall'agire per porre fine alla tragedia. Arriveremo a considerare normale l'esodo di un popolo dalla terra che gli appartiene di diritto e nella quale nessun Salvini lo costringeva a restare sotto la pace antidemocratica del perfido Assad. Gli Aylan si moltiplicheranno e passeranno di moda, soppiantati da altri stimoli all'indignazione calati su di noi dai think tank della comunicazione massmediatica. L'impatto dei flussi migratori farà salire la popolarità del tanto odiato, ma tanto utile Salvini, e la catena dell'indignazione si alimenterà di nuovi oltraggi alla nostra umanità. E ci troveremo sulle spalle, già debilitate da cinque lustri di barbarie neoliberista, il peso di un mondo tutto sbagliato. Chissà per quanto reggerà, sotto quel peso, il nostro grande cuore.