sabato 29 settembre 2012

Figli di nessuno


Equità, uguaglianza, pari opportunità. Che cosa? Non avete capito niente. Ebbè, certo. Scusate, ora la smetto di parlare sanscrito e comincio a esprimermi in italiano. Nella lingua di uno dei paesi più belli e più stantii del mondo; un paese nel quale, ormai da svariati secoli, uomini pii e responsabili, sfoggianti diversi livelli e tipi di pinguedine e calvizie, si adoperano alacremente perchè niente cambi. La nostra storia è un fiume placido e melmoso che segue il suo corso con diligenza e prudenza. Se qualche volta tracima, tutti gli uomini e le donne di buona volontà che ne abitano le sponde sono immediatamente chiamati a costruire nuovi argini, più belli e resistenti, per imbrigliarlo nuovamente. E con quanta lena si mettono all'opera! Non sia mai che la piena dovesse minacciare i loro orticelli, e quelle quattro galline che garantiscono un ovetto fresco ogni mattina.

Sì, proprio un bel paese. Un paese dove, per dirne una, continuiamo a permettere che lo Stato Vaticano celebri processi penali. Oggi alla sbarra c'era il maggiordomo del papa, accusato di aver trafugato documenti di natura confidenziale. Non ci è dato sapere quali torture abbia subito nelle cripte segrete di Castel Sant'Angelo, nè se gli sia stata offerta la possibilità di un'abiura dell'ultimo minuto. I più informati lo danno 5 a 1 arso in Campo de' Fiori, con la lingua in giova.

Ma non è di questo che volevo parlarvi. Perdonatemi ordunque la digressione. Ritornando all'oscura locuzione che apriva il post, parleremo della trasmissione ereditaria del benessere. Come dicevo, questo è il paese dove quando cambia qualcosa il 95% della popolazione viene presa dai tremori, e chiude i bambini in camera. Sarà che il potere politico non si è mai comportato troppo bene nei confronti delle popolazioni autoctone alla penisola, fatto sta che qualsiasi cambiamento sistemico spaventa a morte l'italiano medio. Si stava così bene con il feudalesimo...la verità è che ce la dobbiamo prendere con la Rivoluzione Francese e tutti quei brutti filosofacci atei e svergognati...potremmo stare nella pace degli angeli, e invece per colpa loro c'è la gente cattiva che costringe le mamme ad abortire...e poi, senza la lezione fuorviante di quei pervertiti gallici non sarebbero arrivati neanche quegli altri filosofi, brutti, sporchi e con le barbe lunghe, che hanno cominciato a parlare di redistribuzione della ricchezza, minacciando i nostri orticelli e le nostre gallinelle. 

Insomma, ci ha inguaiato, questo pensiero sovversivo di stampo nordeuropeo. Ci hanno costretti a modernizzarci, a creare istituzioni che per noi non avevano alcun valore, in nome di ideali che ci erano estranei e a dirla tutta ci facevano schifo. Ma noi abbiamo resistito. Strenuamente. All'interno delle loro istituzioni siamo riusciti a mantenere in vita i nostri antichi usi, e  continuiamo tuttora a praticare i nostri valori, quelli belli e sinceri di una volta. Così antichi e genuini che il Mulino Bianco ce fa 'na pippa. No, non possiamo più trasmettere titoli nobiliari, con annessi ducati e contee, e con i sacrosanti privilegi e prerogative sul contado che quelli conferivano. Ma possiamo trasmettere il nostro cognome. Hai detto cazzi...

Amici cari, diciamocela tutta, la verità: ma possiamo mai accettare, noialtri, che il figlio di un architetto, di un ingegnere, di un avvocato, se la giochi sul mercato del lavoro con i figli di nessuno? Con il rischio che quelli, magari più affamati, più determinati, o addirittura più dotati e meritevoli, lo lascino indietro? Con il rischio che un ragazzo per bene, cresciuto ai Parioli, a Posillipo, in una bella villa brianzola, finisca a lavorare in uno di quegli orridi call center per 400 euro al mese di fisso? Come possono essere tanto prive di cuore, le classi subalterne, da chiederci di equiparare i nostri figli, i figli di noi persone istruite, colte, sensibili, a quelli che loro continuano a sfornare con tanta irresponsabilità? Non vorranno venirci a dire che un buzzurro qualsiasi ha lo stesso diritto alla felicità e al benessere di un giovane cresciuto in un ambiente familiare sano, stimolante e vivace? Si mettano l'anima in pace: noi siamo la gente che conta, loro il contado


Ma è anche colpa nostra. Non avremmo mai dovuto permettere che deponessero la zappa e l'aratro per venire a lavorare nelle nostre fabbriche. Li abbiamo lasciati inurbare, abbiamo lasciato che si facessero la lavatrice e il frigorifero, e ora pretendono di essere come noi. Spalleggiati dai potentati mitteleuropei (ci rompono i coglioni dai tempi di Massimiliano d'Asburgo, e non hanno ancora finito) tuonano contro la corruzione e il malaffare... Pazzi! Ma non capiscono che da secoli il nostro paese si regge proprio sul tacito rifiuto e aggiramento di legislazioni sostanzialmente imposteci, ma di fatto estranee a quella che, facendo una piccola concessione all'antico nemico teutonico, potremmo chiamare la nostra Weltanschauung

Maledetti lanzichenecchi! Lasciateci in pace! Lasciate che il popolo italiano si autodetermini, nel segno della continuità storica. Aridatece l'antica Roma! I patrizi, i plebei, i clientes e i postulantes. A noi piace così. Anzi, dirò di più. Torniamo alla terra, alla natura. Torniamo a quel Mulino Bianco dove i figli dei patrizi sono patrizi, e i figli di nessuno zappano, dissodano, arano e quant'altro richieda un'agricoltura da II secolo a.C. Voglio vedere se, dopo una giornata di lavoro come quella, hanno ancora la forza di vaneggiare in sanscrito.

martedì 25 settembre 2012

Branchi di lupi


Che grande invenzione, Internet. Da quando c'è, o comunque da quando ha raggiunto una certa diffusione, tutti possiamo leggere notizie online, imparare da Wikipedia di cosa si ciba l'armadillo, scrivere su un blog tutte le idiozie che ci passano per la testa, così come leggere le idiozie scritte da altri deficienti come noi. Tutto questo ci fa spesso illudere di vivere in un mondo in cui il sapere sia più accessibile, a portata di click; e siccome, parafrasando Gianfranco Marziano, l'evoluzione della specie ha portato dall'uomo primitivo all'uomo debosciato, non ci poniamo eccessivi problemi nel prendere per oro colato qualsiasi cosa ci capiti di leggere in rete. Pensate ad esempio alle citazioni false dei personaggi famosi. Non a quelle volutamente ironiche, ma a quelle che vogliono passare per autentiche, e non lo sono. Si tratta in realtà di concetti che qualcuno ha estrapolato dalla sua personale (magari imperfetta) conoscenza della celebrità in questione, e ha poi racchiuso in una massima che potrebbe anche non rifletterne il pensiero. Ma basta che la frase abbia appeal per il debosciato medio, e vedrete come piovono le condivisioni.

Una volta, quando Internet non c'era, l'accesso al sapere era più difficile. Dovevi comprare i libri, i giornali, o al massimo guardare programmi educativi in TV. Questo voleva dire maggiore difficoltà di condivisione, ma anche un maggiore "peso specifico" del sapere, che veniva assunto in modo più selettivo, attingendo a fonti di maggiore qualità. Se sbaglio a citare un autore in un libro, ben presto qualcuno mi farà notare l'errore; se attribuisco a Martin Luther King una frase che non ha mai detto su Facebook, probabilmente nessuno se ne accorgerà.

Fin quando si tratta di frasi fasulle che scaldano il cuore, nessun problema. Ma quando la comunicazione viene utilizzata con secondi fini, da persone che hanno interesse a convincerci di questo o di quello, bisognerebbe stare un pochino più attenti. Tutti possono scrivere su Internet; questo vuol dire automaticamente che la comunicazione sia diventata più democratica? No, per niente. Perchè fra te, ingenuo sognatore che posti citazioni errate di Gandhi, e i professionisti dell'indottrinamento mediatico non c'è partita. Se non hai senso critico, se non hai la consapevolezza di vivere in una società tutt'altro che omogenea e tesa al raggiungimento del bene comune, ma divisa per definizione fra chi lavora e chi si arricchisce, finirai per ripetere quello che ti ha messo in bocca la fabbrica delle opinioni. Se non capisci che Gandhi, prima che una brava persona, era uno statista di eccezionale intelligenza, ti illuderai che il mondo si cambia con la bontà, con le fiaccolate e postando foto strappalacrime sul tuo muro. E alla fine scriverai quello che ti ha messo in testa qualcuno che a Gandhi l'avrebbe bruciato vivo, probabilmente dopo averlo torturato.

Perchè il punto sta nel nostro bisogno di far parte di un branco, di una fazione, di una tribù. E tu, debosciato che vorresti il mondo a portata di click, e che aderisci a un'idea perchè è bella, non perchè è giusta e corrispondente al vero, sei facilmente arruolabile. Alla fine difenderai le cose che hai letto e sentito in modo feroce, sarai irremovibile nelle tue convinzioni. Questo non è vero solo per Internet, ormai vale anche per la carta stampata e la televisione. La Rete ha cambiato il nostro modo di vedere molte cose, e gli altri media hanno seguito la scia di quel cambiamento. Tutti i dibattiti che vediamo nei cosiddetti "programmi di approfondimento" hanno come unico scopo quello di dare l'impressione di un confronto, laddove invece c'è o semplicemente una masturbatoria riproposizione in mille salse di concetti già saldamente radicati nel sentire comune; oppure nel migliore dei casi, uno scontro fra posizioni opposte e inconciliabili, senza che si faccia il minimo tentativo di capire da dove nasce realmente lo scontro, e di spiegarlo al pubblico. Ormai l'informazione è indottrinamento inconscio o, quando ci va bene, liturgia.

Senza il senso critico non c'è la ragione e non c'è il torto, le idee diventano prodotti da acquistare: ognuno si compra quello che preferisce. I ragazzi di Salò e quelli che hanno combattuto il nazifascismo sono uguali, a parte il colore dei fazzoletti. E diventa accettabile, in nome della libertà di espressione, una pubblicità come questa, comparsa sugli autobus di San Francisco:


Ci sarebbe da capire chi è l'uomo civilizzato; non credo si possa definire tale chi ha partorito questa oscenità, nè chi la legge senza provare un moto di ribrezzo. Ma che volete, lui agisce nell'interesse del branco. Il lupo non è cattivo, è un animale con una forte struttura sociale, e obbedisce al maschio alfa. Preso individualmente, è amabile e cordiale. San Francesco e Kevin Costner possono testimoniare in tal senso. Purtroppo però il lupo non ha senso critico. Infatti, provate a intavolare un discorso con un lupo...tanto vale prendere acqua e sapone, e lavare la capa al ciuccio.

venerdì 21 settembre 2012

Del rum e della realtà


Cari amici del Bradipo, buongiorno. Dovete sapere che io sono uno di quel 33% di italiani che abitano con mammà e papà, non potendo contare su un reddito costante e sufficiente al mantenimento di una casa, o anche soltanto di una stanza in affitto. E dovete sapere anche che la mia cara mammina, come tante donne napoletane della sua generazione, ha una vera e propria ossessione per la pulizia della casa. Dunque, ogni venerdì mattina sono costretto a levatacce disumane (voi lavoratori dovete capire che è disumano per un debosciato di lungo corso doversi alzare prima delle dieci) per cedere la mia stanza alla collaboratrice familiare che viene a pulirla. Nel mentre, io inganno il tempo leggendo (se il mio stato psico-fisico me lo consente) oppure, come questa mattina che ero e sono in grave debito di sonno, mi piazzo davanti al televisore in cerca di qualcosa di guardabile.

Ebbene, quello che si nota quando si accende il televisore di tanto in tanto, come faccio io, è il progressivo allontanamento dei palinsesti dalla realtà quotidiana che vive il 95% della gente. Gli stessi reality show, ben lungi dall'essere rappresentazione della realtà, ne sono un sovvertimento in piena regola. La realtà non sei tu, la tua vita, i tuoi problemi, i tuoi dilemmi, i tuoi drammi grandi e piccoli; la vita è quello che dico io. Adesso vai, e modella i tuoi dilemmi, i tuoi drammi e le tue aspettative su ciò che ti ho mostrato. Cerca di somigliare a Tizio e Caio, imitane il linguaggio, le movenze, il modo di vestire. Adotta il mio sguardo, e vedrai il mondo esattamente come lo vedo io. Bello, vero?

Mo' io, stupido e ignorante, ma certamente meno della media, ho sempre pensato che l'arte fosse innanzitutto mimesi della realtà, naturalmente "deformata" e trasfigurata dallo sguardo dell'artista. L'artista guarda la realtà e, attraverso la propria sensibilità, avvalendosi delle potenzialità espressive del mezzo e della propria padronanza dello stesso, ne estrae una cifra. Quello è il "contenuto" dell'opera d'arte. Che poi verrà giudicata soprattutto per la forma in cui è espressa, come è giusto che sia, ma che rischia di non suscitare interesse, di risultare inutile, se non la si riempie di qualcosa che abbia rilevanza per i suoi fruitori. Morrissey voleva impiccare il DJ, perchè la musica che selezionava non gli diceva niente sulla sua vita. Io sono contro la pena di morte, ma capisco lo sfogo dell'arguto quanto infelice mancuniano. Evidentemente è per questo che Caravaggio ci abboffava di temi religiosi, mentre già nell'800 le crocifissioni si fanno più rare nel panorama delle arti figurative. 

Ma che c'entra l'arte? Non parlavamo di televisione? Non dovete scalpitare, cari amici. Vi sembrerà che io salti di palo in frasca, ma non preoccupatevi: ho un piano, come disse Chopin. La televisione, oltre che spunto di riflessione contingente, è anche un fedele specchio del cosiddetto zeitgeist. Lo stesso discorso che si applica all'Isola dei Famosi lo potete applicare al cinema, alla letteratura, all'informazione e così via. In una parola, chi partecipa alla vita culturale di questo paese, in una veste o in un'altra, è quasi immancabilmente portatore di quella logica essenzialmente autoritaria e "demofoba". Logica che, se a un giornalista o un autore televisivo può tornare utile, è fatale per l'artista. Dice che i cinema sono vuoti. E 'sti cazzi. Le librerie chiudono, perchè gli italiani non leggono. Andate immediatamente a comprare un libro! Prima o dopo la confessione.

E veniamo finalmente al punto. Perchè la televisione, il cinema, l'editoria cercano di farci ingoiare a forza un'immagine della realtà che non è mimesi o racconto fedele (nel caso dell'informazione) ma sostituzione bella e buona? Come sono riusciti a trasformare la realtà in evasione, e perchè lo hanno fatto? A Napoli si dice che vano è l'affanno di colui che cosparge di rum le feci, poichè esse non si transustanzieranno in un appetitoso babà. Ma se un vile stronzo è tutto ciò che rimane al tuo desco, quando ti danno il rum non lo rifiuti. E così quelli che si mangiano il babà ti raccontano meraviglie dolciarie, e tu alla fine ti convinci che sì, è proprio così, la tua vita ha lo stesso sapore! Ti mangi la merda, questo vero; ma una merda che sembra proprio un babà con tanto, ma tanto rum.

Babà o merda? Ai posteri l'ardua sentenza...

domenica 16 settembre 2012

Capire prima di parlare


Come è bello avere delle opinioni. E come è facile! Siamo bombardati da ogni genere di messaggi nell'arco della giornata, da ogni direzione. Praticamente un assedio. E come sorprenderci, dal momento che esiste una vera e propria industria delle opinioni, che ci coscrive a questo o quel partito, a questa o quella sponda, fazione o tribù, e ci fa anche pagare per il privilegio di appecoronarci? Noi usiamo le opinioni come beni di consumo, e nel farlo ci sottomettiamo a un'intelligenza che non è la nostra.

Come è difficile, di contro, capire. Ci si deve sforzare. Il ragionamento, il senso critico, l'autonomia di pensiero non si vendono da nessuna parte. E siccome siamo consumatori, sopra ogni altra cosa, spesso ci riesce più facile allinearci a qualcuno che consideriamo autorevole o semplicemente carismatico, e poter così disporre di munizioni a buon mercato da sparare contro chiunque non condivida la posizione che ci siamo comprati. Certo, perchè adesso abbiamo delle opinioni, e non avrebbe senso non usarle. E dunque parliamo, replicando discorsi che per la maggior parte non abbiamo nemmeno capito: se così fosse la nostra sarebbe una idea, non un'opinione.

"E quale sarebbe, di grazia, la differenza fra un'idea e un'opinione?" odo chiedermi dalla platea. Permettetemi dunque di ricorrere alla mia seconda lingua per illustrarvi il mio pensiero, all'idioma della perfida Albione, con il quale ho una storia d'amore di lunga data. L'italiano mi fu madre crudele e sprezzante; l'inglese mi avviluppò nei suoi fonemi apparentemente "duri", ma che in breve si fecero melliflua musica per le mie orecchie. Orbene, "capire" in inglese si dice "understand". Under - stand, ovvero stare sotto: capire significa sottostare a un'idea. Non siamo noi a dominare l'idea, è esattamente il contrario. Quanto sia sconveniente e scomoda questa realtà è facilmente intuibile. Da un momento all'altro ci si trova nel terreno minato e filospinato della morale, con un Kant che ti punta il dito come un certo medico tedesco di troisiana memoria. E allora meglio comprarsi un'opinione (dai giornali, dalla TV, da un sito Internet), tenerla in tasca (le cose piccole e leggere non ingombrano molto) e all'occorrenza sbandierarla come il vessillo della tua contrada al Palio di Siena. 

Però poi io, che non amo vessilli e guerricciole, provo fastidio quando interagisco - verbalmente o attraverso la lettura - con i fan delle opinioni. Ad esempio, stamattina, cercando come faccio spesso il senso della vita sul mio muro di Facebook, mi cade l'occhio su questo articolo. Immagino che chi lo ha scritto si senta colto e arguto. E invece io penso che sia un po' fessacchiotto, e vi spiego perchè. Innanzitutto, premetto che la mia non è una difesa dell'astrologia, che conosco quel poco necessario per fare il farinello con le fanciulle. Però penso che, se la si vuole criticare, si dovrebbe prima capire che cos'è. L'astrologia è un sistema di simboli e corrispondenze, che si propone di dare una chiave interpretativa del divenire, del modo in cui A diventa B e poi, magari, C. Non è psicologia, non è scienza nel senso moderno del termine, e non è nemmeno un sistema per prevedere quello che ci succederà domani o dopodomani. Che la si usi per questi scopi è fuor di dubbio, ma una disciplina non può essere certo criticata per l'uso scorretto che ne fanno le persone. Un certo tipo di pensiero "nazi-razionalista" (leggi CICAP e affini) prima affibbia all'astrologia una definizione che non corrisponde alla sua reale essenza, poi la inculca nella mente di coloro che non hanno passato nemmeno quei 3-4 pomeriggi che ho passato io a cercare di capirla (under-stand, stare sotto), e infine la demolisce in effige.

Un procedimento simile a quello che si è usato per convincere gli acquirenti di opinioni, dopo la caduta del Muro di Berlino e il successivo sfascio del blocco sovietico, che il tempo delle ideologie era finito, che non esisteva più un modello alternativo al capitalismo (quello che c'era aveva fallito, no?), addirittura che la storia era finita. Ora, trascurando il dettaglio piuttosto significativo che dietro queste affermazioni c'è un'ideologia eccome (ideologia tanto più sinistra e pericolosa perchè così potente da potersi permettere di travestirsi da semplice buonsenso), questo argomento è parente a quello di chi critica l'astrologia perchè Paolo Fox aveva detto che oggi sarebbe piovuto e invece c'è il sole. Se vuoi criticare l'idea socialista, criticala per quello che è, non per quello che tu pensi che sia. Capiscila, poi semmai la critichi. No? Va bene, come non detto. Torna a leggerti Paolo Attivissimo. Io vado a interrogare le stelle, un po' per gioco un po' per disperazione, su quando sorgerà all'orizzonte umano il tanto temuto astro della libertà.

mercoledì 12 settembre 2012

Le guarattelle e la politica



Un post veloce veloce, stasera mi attende la prova in sala con la mai abbastanza celebrata Banda degli Onesti, il gruppo che un giorno ricorderà a questa città di merda che vuol dire fare veramente schifo nel profondo dell'anima. Di solito mi do un po' più di tempo per costruire i miei elaborati, ma durante l'atto della minzione mi è tornata in mente una discussione fatta al pub con un amico, e adesso mi devo atteggiare un po' a maitre a penser (si scrive così? Se no, chi se ne frega, Francia merda!) e darvi il mio verbo.

Ecco, vedo che sono riuscito a concentrare più cazzate in sei righe di quanto l'italiano medio riesca a fare in mezz'ora al bar, e me ne beo. Ed ora, la vexata quaestio: che cos'è una democrazia? E cosa la differenzia da una dittatura?

Un paio di settimane fa mi reco ad acquistare una pasta e patate in una nota friggitoria del centro storico di Napoli, e fra una chiacchiera e l'altra scopro che il proprietario è un feroce avversario di Hugo Chavez, al quale augura una presta morte. Perchè, a suo dire, è un dittatore. Perchè è un dittatore? Perchè ha espropriato beni immobili (se ho ben capito) appartenenti ai suoi figli. Circa una settimana dopo, bevendo una birra con il suddetto amico, vengo informato che Chavez è un dittatore perchè ha abolito il pre-esistente limite dei mandati presidenziali. Adesso, io non è che voglio santificare Chavez, il culto della personalità è una cosa remota dal mio carattere e dal mio modo di pensare. Io posso ammirare o criticare qualcuno per quello che fa o per quello che non fa. E Chavez per me non è un dittatore, perchè governa con il consenso popolare. Come si può dare del dittatore a qualcuno per cui il popolo venezuelano è sceso in strada durante un colpo di stato? E questo in un continente ben avvezzo a brutali repressioni (v. Cile, 1973). 

Dov'è il problema? Nel fatto che la democrazia, nel suo senso liberal-borghese, è un semplice strumento di produzione e legittimazione del consenso di cui una classe economicamente e culturalmente egemone ha bisogno. In parole povere, per creare un clima sociale favorevole ai consumi che permettono di ritrasformare le merci in denaro, creando così profitto, la gente deve essere convinta di vivere in una società ben organizzata e libera. E quale modo migliore per farlo che organizzare un bel teatrino del dissenso in cui un pupazzo dice A e un altro B?

Una volta in Italia esisteva la politica, quella vera. Sporca, corrotta, inquinata da ingerenze esterne, ma esisteva. Vero, siamo sempre stati un paese a sovranità limitata, non è che Berlinguer poteva andare in televisione e dare il via alla rivoluzione, come auspicava un Benigni d'annata in uno dei suoi più bei film. Non lo poteva fare perchè gli americani, che hanno più basi in Italia che in qualsiasi altro paese, lo avrebbero stroncato immediatamente; e non lo avrebbe fatto comunque, perchè il PCI aveva già da tempo rinunciato a quell'opzione. Però parlare di giustizia sociale, diritti dei lavoratori, laicità dello stato, quello lo si poteva fare, e lo si faceva. Esistevano diversi modelli, e la realtà che veniva fuori dalle loro sintesi era qualcosa che in qualche modo si approssimava a una democrazia. Quell'era ci ha regalato la scala mobile, l'equo canone, la giusta causa, il divorzio e l'aborto.

Oggi la nostra "democrazia" consiste nell'assistere alle beghe di quattro squallidi personaggi senza carisma, intelligenza, nè tantomeno contenuti da proporre. Bersani litiga con Renzi, Maroni con Bossi, quello dice "Padania libera", quell'altro ruba, quell'altro va con le puttane, e quell'altro ancora con i travestiti. Vendola si fa afferrare per pazzo perchè non lo vogliono far sposare (mentre ai ricchioni senza la scorta gli rompono la faccia per strada), e infine il professore dall'aria distinta (che deve morire urlando e contorcendosi) dice con tutto il candore di questo mondo di essere ben consapevole che le sue riforme rallenteranno la crescita, perchè tanto uno stuolo di servi senza dignità che abusano della qualifica di esseri umani ci martella dalla mattina alla sera dicendo che le riforme sono necessarie. E molte di queste persone si dicono di sinistra. Io non mi sento e non mi considero un estremista, un passionario, non ho mai rotto una vetrina, e quindi se ve lo dico io mi potete credere: sinistra vuol dire socialismo, in quella che preferite delle sue tante accezioni, ma se si esce da quell'area si esce dalla sinistra. Se credi nella proprietà privata non sei di sinistra. Se credi nel diritto dell'uomo di sfruttare l'uomo non sei di sinistra. Ti piace il pupazziello di sinistra, tutto qui. E sappi che sono intercambiabili: o ci metti Pulcinella o Colombina, il risultato non cambia: tu te lo prendi in culo, e il burattinaio incassa.

E allora datemela, questa "dittatura" in cui la politica agisce, sceglie, trasforma la società. Certo, non potranno essere tutti contenti. Non potranno certo esserlo quelli che fanno il tifo per il pupazziello di sinistra, però poi hanno la terza e la quarta casa, e temono che il perfido miliziano gliela sottragga come in un romanzo di Bulgakov. Ma che volete? Forse è un male minore torcere il collo a qualche canarino, se in gioco c'è una società meno schifosa e grottesca.

lunedì 10 settembre 2012

Il guscio


"Eh, che vuol fare dottore, i soliti pensieri..." Così si rivolgeva Michele Mirabella a un medico in servizio presso quel posto dove va "la gente normale", in Ricomincio da tre. E siccome la "gente normale" ogni tanto ... capisci a mme...ma che ffà, abballa? No, si interroga, elucubra, si pone domande che non hanno facili risposte. Sia ben chiaro, fin quanto la vita non mi darà queste risposte, ponendo fine a una post-adolescenza che ormai potrebbe anche avere la decenza di finire, io sarò imprigionato non già in una godibile e garbata commedia, bensì in un insopportabilmente melenso film di Muccino, come uno Stefano Accorsi qualsiasi. E capirete bene che a quel punto c'è veramente poco da ridere. Fatemi uscire da questo incubo, per amor di dio. Fatemi uscire, o perlomeno insegnatemi a recitare.

Insegnatemi, ché io sono predisposto a imparare. La conoscenza è potere. Senza conoscenza non c'è azione, o quanto meno non può esserci azione mirata, consapevole, e dunque efficace. Ma è vero anche il contrario: spesso non si impara senza esporsi in prima persona a questa o quella lezione. Insomma, è tutto difficile, faticoso e complicato. Per quello tante volte uno dice "sai che c'è? Adesso me ne resto nel mio bel guscio, e chi s'è visto s'è visto". Il familiare e rassicurante aspetto della nostra stanzetta. Il tanfo della deboscia, che ci avviluppa come un bozzolo e tiene alla larga la spaventosa prospettiva dell'investimento emotivo. Perchè è chiaro, quello che esce dall'uovo è un pulcino indifeso e incapace di badare a se stesso. E se ti scamazzano? No, non dare retta. Stattene dentro il guscio, almeno lì sei relativamente al sicuro.

Ebbè, io evidentemente dovrei proprio andarci, in mezzo alla "gente normale". Evidentemente sono pazzo, se non riconosco il valore del guscio, tanto universalmente apprezzato. Dio, Saviano, Grillo, il Tg della 7, il libero mercato: in tutto siete capaci di riporre la vostra fiducia, pur di non ammettere che la libertà è una necessità ineluttabile, a meno che non vogliate rimanere in uno stato fetale. E la libertà vuol dire che nessuno vi prende per mano e vi porta a fare la pipì. Che dite? Avete paura di farvela sulle scarpe? E va bene, allora papà vi prende e vi mette seduti sul water. E non scendete fin quando non lo dice lui. E vivrete di quello che vi viene somministrato. Come la famosa casalinga di Voghera, che si è fatta incanalare dalla vita in un matrimonio che non aveva la benché minima ragion d'essere con un uomo che ne ha ancora di meno, e vive voyeuristicamente storie d'amore per giunta banali guardando la soap opera o la telenovela. Magari, mentre il marito ormai grassoccio e stempiato circuisce la segretaria, che lo fa fare perchè così fan tutte. E allora la casalinga stringe il telecomando (anche quello racchiuso nel suo guscio) quando Fernando, il figlio ribelle del perfido latifondista Don Pablo, travolge con un bacio la bella Florencia, figlia del campesino che aveva osato sfidare il padrone ma aveva pagato questo affronto con la vita. Si emoziona, le scorre anche la lacrimuccia, quella che non si è mai azzardata a versare per se stessa.

La casalinga è perfettamente contenta di avere Fernando e Florencia, perchè certo una storia d'amore come la loro non capita mica nella realtà... Nella realtà a una sciampista di Voghera con il diploma magistrale le va di culo se riesce a sposare un piccolo imprenditore che porta a casa i soldi tutti i mesi, e l'estate le fa fare la crociera del Mediterraneo. Poi certo non puoi pretendere che ti baci come il personaggio di una telenovela, e un giorno ti potrebbe anche capitare che ti lascia perchè ha trovato una con vent'anni di meno e un corpo ancora non devastato da decenni di abuso emotivo e alcolico. E allora che fai? Prendi l'assegno di mantenimento e te lo metti in tasca, che altro vuoi fare? A quel punto è tardi, per venire fuori dal guscio.

Ve lo ricordate Frogger? Se la risposta è no, siete ggiovani e tendenzialmente mi fate schifo. Bene, immaginate il pulcino, al posto della rana. Un pulcino appena venuto fuori dall'uovo, che deve attraversare la strada. Potrebbe essere schiacciato da uno dei tanti veicoli che transitano, tutti a diverse velocità; potrebbe riuscire ad arrivare dall'altra parte. Dipende dal giocatore, dalla sua abilità, dalla sua pazienza, dalla sua applicazione. C'è chi completa il quadro in pochi secondi, e chi ha uno stile di gioco più cauto. L'importante è giocare, perchè una partita a Frogger sarà sempre meglio di una telenovela. E perchè dovete sapere che alla fine dell'ultimo quadro, quando il pulcino è ormai diventato un gallo da combattimento, dall'altra parte c'è il perfido Don Pablo: se lo uccidi vinci una vita migliore per i campesinos, Fernando, Florencia e la casalinga di Voghera. E pure per te.


venerdì 7 settembre 2012

La febbre dell'oro


Cari amici del Bradipo, ho fatto un sogno. Siccome ritengo che il sogno si trovi in una condizione superordinata rispetto alla realtà, e particolarmente a una realtà preoccupantemente vicina all'incubo come quella che mi/ci tocca vivere, come spesso accade ve lo racconto. Siamo nel "selvaggio" West. Prendete una birra dal frigo, aprite una busta di popcorn, e se trovate similitudini fra questa storia e la trama di un famoso film di Howard Hawks sappiate che

1) i sogni non possono essere accusati di plagio;
2) i poveri cristi plagiano, io cito e rielaboro. Il che comunque non esclude che sia un povero cristo per altri motivi.

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Me ne stavo nascosto in una catapecchia mezza fradicia sugli Appalacchi, dopo il fiasco della rapina al treno ad Amarillo. Joe aveva vuotato il sacco con i Federali, così mi era sembrato che fosse il caso di starmene buono per un po', lasciare che la situazione si tranquillizzasse. Ma una bella mattina mi affaccio alla finestra, e chi ti vedo? Il vecchio Flanaghan, che viene al galoppo su per il sentiero. Gli do un goccio di whisky, aspetto che prenda fiato, e mi dice che hanno trovato l'oro in California. Lui l'ha sentito da Trey Wallace, che si è già messo in marcia verso l'Ovest. E' una corsa. Hanno tutti una maledetta fretta di mettere mani sulla pepita più grossa che riescono a trovare, prima che sia troppo tardi. Non c'è tempo da perdere. Sello il cavallo, metto gli speroni e parto a briglia sciolta verso un tramonto pieno di promesse. 

Cavalco per non so quanto, con lo stomaco vuoto e senza una goccia d'acqua nella borraccia. Sento i coyote ululare nelle notti gelide, dalla mia tenda nella prateria, ma che io sia dannato se mi lascio prendere! Venite sotto se avete il coraggio, maledette bestiacce! Le vostre zanne contro la mia Colt. No? Preferite stare alla larga dalla mia sei colpi e da me? Una scelta saggia.

Dunque, non so quante volte ho visto il sole sorgere e tramontare, e neanche un'anima in giro, quando finalmente mi imbatto in questo carro con una ruota spezzata. Seduta vicino al carro c'è la più bella fanciulla del West che abbia mai visto. Viaggiava di città in città col suo uomo, un baro che conosco di nome perchè una volta si era azzuffato con Pat Kilkenny durante una partita di poker. Un giorno il furbacchione si trova davanti qualcuno più deciso di Pat a non farsi spennare, che alza la posta con del piombo caldo. Da allora la ragazza è sola al mondo, sbarca il lunario come può e prova a stare lontano dai guai. Ma poi questo sceriffo vede una faccia nuova in città e si ricorda che proprio nuova non è: era insieme alla canaglia che deve dei soldi a mezzo Oklahoma. Il resto si indovina facilmente: lei ruba un carro e scappa per il rotto della cuffia con lo sceriffo, il suo vice e un piccolo esercito di creditori alle calcagna. Non ho bisogno di chiederle perchè non continua la sua fuga a cavallo: deve esserci qualcosa di veramente prezioso in quel carro. Riparo la ruota e decidiamo di farci compagnia per un po', proseguendo verso ovest.


La vita del fuorilegge è dura e solitaria, e non mi dispiace unirmi a una signora, specialmente se è un incanto di ragazza come questa. Ma finisce sempre così: pensi di saper badare a te stesso perchè dopo tutto quello che hai fatto la legge non è ancora riuscita a scovarti e metterti una corda al collo, e  prima che tu riesca a rendertene conto sei tutto in subbuglio per una damigella in pena. E così quando arriviamo al fiume in una notte stellata, con il riflesso della luna sulla superficie dell'acqua placida, le chiedo di venire con me. Costeggiamo questo fiume, le dico, ci porterà ad Ovest e lontano dal passato. Possiamo vivere del pesce di cui pullula, e trovare un po' d'ombra nella vegetazione che cresce sulle sue sponde. Lei risponde che non ne è sicura, e si allontana per raccogliere qualche margherita. Dannazione, non ci eravamo resi conto che questo è territorio Comanche! Ci piombano addosso da ogni direzione, urlando e tirando frecce. Lei corre verso il carro, io mi fiondo verso la mia pistola. I selvaggi mi tempestano di frecce, così mi nascondo dietro una roccia. Ci hanno divisi. Maledizione, gli Indiani stanno facendo l'immancabile carosello intorno al carro! Non posso sparare, rischio di colpire la ragazza. Siamo bloccati qui. Possiamo solo tenere la testa bassa e aspettare la cavalleria. Alla fine arriva sempre, non è così?


domenica 2 settembre 2012

La vita del salmone


Il salmone nasce in acque dolci, in genere ruscelli di montagna, non lontano dalle sorgenti. Una volta schiusesi le uova, i piccoli salmoncini si guardano un po' attorno, ma presto sono attratti dall'istinto verso il mare e la sua acqua salata. Qui vivono per buona parte della vita, fino a quando non sentono il bisogno di riprodursi, e allora risalgono il fiume in cui sono nati per andare a deporre e fecondare le uova (a seconda del sesso) esattamente dove sono nati. Questo perchè l'amore è essenzialmente ritorno, anche se il salmone probabilmente non la metterebbe in questi termini. Risalire un ruscello o torrente è impresa ardua: i pesci arrivano così stremati nel luogo della riproduzione che il 90% di loro muore subito dopo. E questo senza neanche la soddisfazione di farsi una sciammeria, dopo tanto tribolare: i pesci, come è ben noto, non trombano.

Fin qui s'è fatta della zoologia spicciola. Adesso però bisognerebbe cercare di capire perchè io, come certamente tanti di voi, faccio la vita del salmone. Sempre a nuotare controcorrente, a risalire un torrente. Se mi rilasso un attimo, finisco a mare. Mai che ci si possa abbandonare, lasciarsi trasportare dal placido fiume. Sforzi sovrumani per fare pochi metri nell'acqua gelida. Distanze interminabili da coprire, mentre le forze ti vengono a mancare, e nemmeno la promessa dell'acqua cheta e limpida della sorgente ti sostiene. Er barcarolo va controcorente, ma almeno è dotato di un'imbarcazione, e il Tevere non è un impetuoso torrente. Ecco, questa sarebbe una discreta soluzione. Una bella barca. Una scialuppa di salvataggio. Con tanto posto dentro.

E ora vi lascio. Mi tocca dare qualche bracciata bella vigorosa, ho già perso parecchi metri. Se non sto attento, domani mattina si rischia che mi trovate al mercato del pesce di Torre Annunziata.