lunedì 18 aprile 2011

Essere Clemente Mastella


Dopo il successo di "Essere Ignazio La Russa", i Quaderni del Bradipo vi propone il profilo di un altro grande uomo del nostro tempo. Per molti anni Clemente Mastella è stato sottovalutato, visto più o meno universalmente come il solito politicante meridionale che venderebbe l'anziana madre a un circo itinerante uzbeko, pur di rimanere incollato alla proverbiale poltrona. Recentemente, però, sono venuti alla luce importanti documenti che rimettono in discussione l'immagine pubblica di uno fra i più travisati uomini pubblici nella storia di questo paese.

L'insigne archeologo Sir Michael Hunt, già citato in questo blog per il suo importante lavoro sul mondo vichingo, ha riportato alla luce, rovistando in una soffitta di Tokyo, i diari del grande lottatore di sumo Tatsuya Tamagochi. Si tratta di migliaia di pagine autografe, in molte delle quali è menzionato il grande statista sannita; esse ci parlano di un giovane Clemente che la cultura italiana, veterocomunista e pedofaga, ha colpevolmente scelto di ignorare.

Clemente Mastella nasce nel 1947 a Ceppaloni (BN), come è facile verificare da qualsiasi biografia. Ma pochi sanno che prima di avvicinarsi alla Democrazia Cristiana e di iniziare la sua brillante carriera politica, il giovane Clemente si reca in Giappone per visitare il paese della cui cultura è innamorato fin dai banchi di scuola. Il senso dell'onore, della responsabilità personale, del dovere verso la collettività che caratterizzano la forma mentis del giapponese esercitano un enorme fascino sul ventenne Mastella. Mentre in Europa il maggio francese con i suoi casseurs mette paura alle nostre classi dirigenti, ancora tanto ingessate e inclini al manganello, Clemente brandisce la sua prima katana, sognando di fare con essa piazza pulita di tutta quella congerie di feudatari, vassalli, caporali, corruttori e corrotti che avvinghiano la sua bella terra nella loro morsa, e ne impediscono lo sviluppo.

Il giovane Clemente in tenuta da samurai.

Ma il sogno di samurai del giovane Clemente subisce una brusca battuta d'arresto quando il nostro, durante una banale lite di strada, decapita per sbaglio Jonathan, il pechinese di un conoscente che lo aveva accusato di barare a Mikado. Clemente è costretto a darsi alla macchia, a causa delle severe leggi che in Giappone puniscono il cinocidio con l'ergastolo, e giura che non maneggerà mai più una spada in vita sua.

Fortunatamente una nuova giappo-passione ridesta lo spirito guerriero del latitante Mastella: il sumo. Per anni si allena clandestinamente, e cerca disperatamente di prendere peso con una dieta a base di casatiello e pasta e patate. Purtroppo la difficoltà di reperire tali cibi in Giappone farà sì che Mastella non raggiunga mai la stazza necessaria per praticare il sumo a livello competitivo, ma è grazie a questo nobile sport che il "beneventano del Bushido" conosce Tatsuya, con il quale stringe una profonda e sincera amicizia. Scrive di lui il lottatore:

Di Clemente ricordo soprattutto la grande rettitudine e integrità. Quando eravamo entrambi dei giovani dilettanti, spesso loschi figuri lo avvicinavano, proponendogli di prendere dei soldi per perdere. Lui rifiutò sempre. A rifletterci ora, non riesco a spiegarmi perchè mai gli offrissero del denaro: Clemente non ha comunque mai vinto un incontro.

Con il fallimento sportivo arriva la depressione, e con essa l'alcolismo. Il sake diventa il compagno inseparabile delle giornate di Clemente:

Aveva perso la voglia di vivere. Aveva smesso di fare incontri, e non aveva più alcuna fonte di introiti. Viveva nella palestra, passava intere giornate su un materasso lurido delle sue secrezioni, con quella maledetta bottiglia sempre a portata di mano. Capii che dovevo fare qualcosa, o avrei perso il mio amico.

E così Tatsuya, che nel frattempo è diventato un campione nel suo sport, prende una decisione coraggiosa: interrompere la sua brillante carriera per accompagnare Clemente in un viaggio di ritorno alle sue radici, a quel casatiello e a quella pasta e patate che gli erano tragicamente mancati durante il suo soggiorno nipponico. Tamagochi resterà per ben tre anni a Ceppaloni, e non tornerà mai al sumo professionistico. Ma nei suoi diari non v'è traccia di risentimento nei confronti dell'amico Mastella, anzi:

Spesso mi chiedono se serbo del rancore verso Clemente per quello che mi è costato la nostra amicizia. La risposta è semplicemente: no. Lo scintoismo ci insegna a essere caritatevoli con il nostro prossimo, poichè solo l'amore può innalzare il nostro spirito e renderci veramente felici. Certo, avrei potuto essere il più grande di tutti, ma ciò non avrebbe avuto alcun valore se non avessi potuto condividerlo con il mio amico Clemente.

Tornato a Ceppaloni, Mastella cerca una nuova ragione di vita, un percorso che lo riporti sul sentiero del guerriero. Non è una ricerca facile, in un paese che ha dimenticato Ettore Fieramosca e la Disfida di Barletta, e si interessa solo al campionato di calcio e a certi filmacci con Alvaro Vitali e la scollacciata di turno. Clemente attira l'attenzione dei compaesani, con i suoi discorsi incomprensibili e i suoi toni esaltati:

Arrivava la sera al circoletto e cominciava a parlare dello shogun Tokugawa e di Toshiro Mifune, gesticolando animatamente e scattando in piedi all'improvviso. Aveva gli occhi spiritati, e il suo tono di voce era sempre troppo alto. Credo che la gente del luogo lo considerasse pazzo, o quanto meno eccentrico.

Quando ormai il giovane Mastella è isolato e messo alla berlina da tutti, accade il miracolo. In una fredda sera autunnale, con la fragranza della castagna nell'aria e l'umidità che penetra nelle ossa, entra in una tabaccheria di Montesarchio. Il fato vuole che in quella stessa tabaccheria si sia recato Ciriaco De Mita, astro nascente del maggior partito italiano. Tamagochi racconta così quell'incontro:

Clemente ed io entrammo in un Sali e Tabacchi di Montesarchio per acquistare un pacchetto di nazionali senza filtro e un biglietto della Lotteria Italia. In quel periodo non frequentavamo più Ceppaloni, la gente non ci vedeva di buon occhio, soprattutto dopo l'ennesimo cineforum su Akira Kurosawa. A pensarci oggi mi sembra un segno del destino: se ci fossimo recati da un tabaccaio di Ceppaloni Clemente non avrebbe mai incontrato quell'uomo. Personalmente, non trovai in lui nulla di rimarchevole, anzi: il suo sguardo aveva un non so che di bovino. Ma Clemente
ne fu subito colpito, e ne fece il suo maestro di vita.

De Mita convince Mastella che il maggior pericolo per una società ben ordinata non viene dai soprusi e dall'arbitrio dei potenti, ma dalle idee pericolosamente egalitarie dei comunisti, con l'assurda enfasi che esse pongono su concetti come la giustizia e la dignità umana. Sono loro i nemici da combattere, contro i quali levare lo scudo crociato della moderazione e di un'interpretazione più ragionevole dei concetti di legalità ed onestà.

Clemente s'accende di nuovo fervore. Si iscrive alla sezione DC di Ceppaloni, e si fa aiutare da Tamagochi nel tesseramento:

Personalmente, quel partito politico non mi ha mai convinto. Ma la mia amicizia con Clemente era così forte che avrei fatto di tutto per vederlo finalmente felice. Come lottatore di sumo, non mi era difficile spingere fisicamente qualche passante a caso nella sezione in cui era attivo Clemente. Una volta dentro, non so quali argomenti di persuasione venissero usati, e preferisco continuare a non saperlo. Quelle persone non mi davano l'impressione di essere troppo per bene.

Tuttavia, più Clemente si integra nel nuovo partito e nelle sue attività, più si allenta il rapporto che lo lega a Tatsuya. Ormai il divario culturale è troppo ampio, con un Mastella che in nome dei principi trasmessigli dal suo mentore scambia voti per scrofe, e pratica discreti fori nelle reti dei pollai di chi vota comunista.

Dissi a Clemente che il mio affetto per lui rimaneva immutato, ma che avevo deciso di tornare in Giappone. Sulle prime, non mostrò alcun segno di dispiacere, a parte la preoccupazione per l'effetto che questo avrebbe avuto sul tesseramento. Capii che aveva trovato la sua missione: era il samurai dello scudo crociato, il suo campo di battaglia era la politica. Non aveva più tempo per  un campione di sumo mancato. Così tornai a casa, dove mi sarebbe stato meno improbo discernere fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Cosa accadde dopo ce lo hanno raccontato i biografi ufficiali del samurai di Ceppaloni. La RAI, la poltrona di sindaco del paese sannita, e una brillante ascesa che lo ha portato a fondare un partito tutto suo e a oscillare fra centro-destra e centro-sinistra con un'agilità che farebbe invidia a un ninja. Ma sappiamo che Clemente non ha mai dimenticato l'amico devoto di un tempo, e che con lui è rimasto in contatto epistolare. Il loro carteggio, costituito da centinaia di missive, è stato ritrovato insieme ai diari di Tamagochi. Per quanto riguarda quest'ultimo, sappiamo che al suo ritorno in Giappone è tornato allo sport che amava, insegnando ai ragazzini il sumo e i suoi valori. Pochi anni fa la morte lo ha sorpreso mentre si dedicava alla soluzione di un sudoku. Era arrivato alla veneranda stazza di duecentoquarantasei chili di peso per un metro e sessantatre di altezza, e nemmeno il suo grande, grandissimo cuore, è riuscito più a reggere. I vicini lo hanno trovato riverso su di un tavolo; accanto al suo corpo esanime un casatiello in decomposizione, e una foto autografata di un sorridente Clemente Mastella.

Riposa in pace, Tatsuya. Che il casatiello ti sia lieve...

giovedì 7 aprile 2011

Essere Ignazio La Russa


Tutti abbiamo i nostri guai: il lavoro (ove mai ce l'abbiamo) non ci soddisfa, la salute ci da qualche problemino, la ragazza ci ha lasciati, lo scaldabagno si è rotto e l'idraulico non può venire a ripararlo prima del mese prossimo. Ma nonostante tutto ciò, la mattina ci alziamo, ci guardiamo allo specchio e vediamo un volto umano. Ignazio La Russa no. Poca attenzione è stata dedicata dai media di questo paese al mistero della natura di Ignazio La Russa, vuoi perchè distratti da altro, vuoi perchè insensibili alla questione. Io, invece, ogni giorno dedico svariati minuti alla riflessione sull'argomento, e sono giunto a una cocnlusione: Ignazio La Russa è una delle manifestazioni del Maligno.

Quali sono le prove a sostegno di questa mia tesi? Innanzitutto, le sembianze di La Russa, così sorprendentemente simili a quelle del demonio, come viene comunemente rappresentato nell'iconografia giudaico-cristiana. Questa foto, scattata da un paparazzo munito di teleobiettivo a un inconsapevole La Russa mentre si godeva il calduccio del focolare domestico, lo dimostra:


Vi è poi un'abbondante letteratura a suffragio dell'ipotesi. Cominciamo dal celebre Paradise Lost, il poema epico-religioso pubblicato nel 1667 da John Milton:

Soon after Lucifer from Heav'n  fell,
lest he be lonely in the pit of Hell
a demon joined him, boist'rous and ungracious
nasty by nature, and by name Ignatius.

Così il poeta inglese descrive l'arrivo di Ignazio La Russa all'Inferno, subito dopo la caduta di Lucifero. Il demonio dalla parlantina sciolta terrà compagnia a Lucifero per l'eternità che è stato condannato a passare nelle viscere della Terra. Ma la partnership si scioglie quando l'angelo caduto pronuncia la famosa frase:

Better to reign in Hell than serve in Heav'n

A quel punto Ignazio si fa due conti e decide che forse è meglio vivere da servi ma stare in Paradiso, o magari essere un po' servo e stare a metà strada, e fugge dall'Inferno: cominciano così le sue peregrinazioni sulla Terra.
Nel XVIII secolo si trova in Francia, ed ha modo di conoscere Lavoisier. Il grande chimico avrà poi a dire: "Nulla si crea, nulla si distrugge, ma cazzo, dovrà esserci un modo per distruggere quella merda di La Russa!"
Passa la Rivoluzione a lavorare come boia, ma rifiuta di farsi pagare, sostenendo di intendere quell'attività come una sorta di volontariato. Segue poi le armate napoleoniche in qualità di becchino, ed anche in quel caso svolge le sue mansioni del tutto gratuitamente, e di gran lena.
Con la sconfitta del leggendario generale, Ignazio passa dalla parte degli Asburgo, iniziando una brillante carriera nella polizia segreta del Metternich come torturatore. In cerca di nuove sfide, si reca poi in Inghilterra per reprimere il nascente movimento operaio. La seguente frase è attribuita al leggendario Ned Ludd: "Fratelli, lasciate perdere quel telaio meccanico, e fracassate la testa a quello sgradevole individuo!"
Lo stesso Karl Marx ha modo di entrare in contatto con La Russa, il quale gli ispira una delle sue più citate massime: "Da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni; a La Russa un calcio ben assestato sulle gengive".
Sfuggito miracolosamente a una congiura liberale ordita da alcuni massoni di rito scozzese, ripara in uno degli angoli più remoti del pianeta: le isole Galapagos. Avrebbe potuto restare lì per chissà quanti altri secoli, e non avremmo mai più sentito parlare di lui, se Charles Darwin non avesse scelto proprio quell'arcipelago per studiare l'evoluzione delle specie. E lo studio del celebre scienziato inglese avrebbe avuto assai più rapido corso, se non avesse dovuto fare i conti con la natura inclassificabile di Ignazio La Russa. In quella pietra miliare delle scienze che è L'origine delle specie il buon Charles descrive così l'abominio che aveva avuto la disgrazia di incontrare:

"Durante il mio soggiorno in quel remoto arcipelago conobbi le più bizarre specie di animali: enormi lucertole verdi, tartarughe grosse come vitelli, temibili granchi capaci di staccarti un dito con la potenza delle loro chele; ma la creatura più incredibile che io abbia mai visto in vita mia resta Ignazio La Russa."

Fuggito dalla gabbia nella quale il naturalista aveva avuto il buon senso di chiuderlo, La Russa, attratto dall'assonanza, si dirige verso la Russia, dove si dedica all'attivismo politico, battendosi per il mantenimento della servitù della gleba. Pare che, avendolo incontrato una serà in un caffè di Pietroburgo, Fedor Dostoevskij abbia cominciato la mattina dopo la stesura de I demoni. Resta al servizio degli Zar fino alla Rivoluzione d'Ottobre, e dopo la presa del Palazzo d'Inverno si arruola nell'Armata Bianca. A lui Majakovskij dedica una breve poesia:

All'armi, compagni!
Imbracciate il fucile, figli del Don e del Volga!
Sparate a quel figlio di troia!

Ma le cose si mettono male per i reazionari, e Ignazio fugge ancora una volta.
Fingendosi per la prima volta siciliano, si imbarca dall'Italia per gli Stati Uniti, mescolandosi con i tanti emigranti presenti sul bastimento. Giunto in America, inizia a battere in New England come commesso viaggiatore per una ditta che fabbrica bare. Al processo contro Sacco e Vanzetti la sua testimonianza - naturalmente falsa - è decisiva per il verdetto di condanna. In un assolato mattino newyorchese Howard Phillips Lovecraft gli si siede accanto su un tram, e prova ad avere con lui una conversazione; il giorno seguente inizia la stesura di un racconto intitolato Ignarlarussotep, il grande interruttore, mai pubblicato perchè ritenuto troppo impressionante per i gusti del pubblico di allora.
Ma cosa ci fa un diavolaccio a New York, quando in Spagna è scoppiata una sanguinosa guerra civile? Ignazio rimedia subito una camicia nera e si precipita dove è più forte l'odore del sangue. Se lo ritrova davanti il grande Ernest Hemingway, corrispondente da quel paese per la stampa statunitense, ma ne attribuisce la visione a un eccesso di assenzio. Eppure il contributo di La Russa è decisivo per la vittoria dei franchisti.
Una volta finita la guerra, la prossima destinazione appare scontata: quale posto migliore per una creatura infernale della Germania nazista? Ignazio arriva in tempo per l'invasione della Polonia, e partecipa attivamente a tutte le più sordide attività delle SS e del Partito Nazionalsocialista. C'è bisogno che vi dica chi si cela dietro la nota passione di Hitler per l'occulto?
La fortuna però continua a non arridere al nostro, che quando vede l'Armata Rossa avvicinarsi a Berlino, memore delle batoste prese qualche anno prima in Russia, scappa a gambe levate.
A quel punto un'idea balena nella mente di La Russa: dovunque sia stato fino ad allora, il Male ha preso il sopravvento per un certo periodo, ma alla fine è stato sempre sconfitto. Esisterà una terra che affoga placidamente nella merda senza accennare a una reazione? E così Ignazio La Russa si stabilisce in Italia, il bel paese che, dopo un numero imprecisato di milioni di morti in una guerra contro il nazifascismo, ha ancora una classe dirigente pressochè interamente fascista. Qui, finalmente, Ignazio riesce a mescolarsi alla popolazione locale e passare inosservato. Nel Movimento Sociale Italiano trova quegli amici, quegli spiriti affini che mai fino ad allora aveva trovato nelle sue mille peregrinazioni. Col passare degli anni e l'alternarsi di governi e gruppi di potere, il nostro Ignazio riuscirà sempre a stare dalla parte dei peggiori, fino ad approdare alla corte di un uomo che è praticamente la personificazione del torto.
Tuttora, egli si fa passare per uno di noi. Ma osservatelo bene, quando è ospite ad Annozero o a Ballarò: vi sembra plausibile che si tratti di un essere umano? Non intravedete in lui il rumoroso e sgraziato demonio descritto da Milton? O il formidabile e raccapricciante interruttore del racconto di Lovecraft? O forse, come Hemingway, credete che non possa essere reale, e che sia il cartone di pessimo vino da tavola che vi siete scolati a cena a proiettarne l'orrenda immagine? No, cari amici. Non si tratta di un'allucinazione, dei vostri peggiori incubi che si materializzano. Ignazio La Russa esiste, ed è il Ministro della Difesa. Ebbene sì: abbiamo armato la mano del Demonio. Che il Signore abbia pietà di noi...