venerdì 19 novembre 2010

Lacrime, sangue e muco: e vi lamentate delle manovrine?


Dunque, è fatta. Martedì 16 novembre il vostro entra in sala operatoria, all'ospedale Monaldi di Napoli. Dopo una lieve anestesia e un breve intervento si sveglia con un'impalcatura al posto del naso. Gli sembra, nella foschia del risveglio, di udire anche le garrule, vivaci esclamazioni tipiche dei muratori partenopei...
Ma no, non vi sono industriosi, seppur lillipuziani, operai sul mio naso. Esso, raddrizzato con abile manovra dal sapiente chirurgo (cosa della quale ho un vago e stranamente rilassato ricordo), è ora protetto da una robusta armatura, quale cavaliere medievale abbigliato per il nobile ufficio della guerra.
Seguono due giorni penosi, durante i quali il vostro Bradipo è costretto a tenere dei fastidiosi tamponi nelle narici, al fine di evitare pericolose emorragie e stabilizzare il nuovo assetto dell'appendice (si parla sempre del naso). Due giorni fatti di noia, brodini e diarrea, dei quali il primo passato in ospedale, il secondo a casa (la formula era quella del day hospital). Ci tengo ora a precisare, per evitare grotteschi fraintendimenti, che i brodini e la diarrea seguivano un senso di marcia obbligato all'interno del mio organismo, ovvero dalla bocca verso lo sfintere: mangiare diarrea sarebbe stato davvero troppo!
Ordunque, scontata la condanna della tamponatura, antica tortura medievale citata peraltro nel Malleus Maleficarum, alla quale si dice sia stato sottoposto anche il Campanella, mi reco dal simpatico cerusico per la rimozione dei tamponi stessi. Con un'altra abile manovra quest'ultimo mi sfila dalle narici due corpi estranei di mezzo metro l'uno, che probabilmente avevo conficcati nel cervello, senza farmi fare il tiro a segno con i santi del paradiso. Non altrettanto delicata è l'infermiera, la quale, in un impeto di calvinismo, si mette in testa di pulire i grumi di sangue che ho intorno al naso. Ne fanno le spese Sant'Antonio da Padova, San Giovanni decollato e San Crispino, scelto non a caso in quanto protettore degli scarpari. A questo punto, non ancora disposta ad arrendersi, la donna propone di versarmi dell'acqua ossigenata sulla parte, mentre mi tiene chiusa la bocca con della carta assorbente. Quello che segue è praticamente una sessione di waterboarding, come se il vostro Bradipo fosse un fanatico seguace di una religione che gli precluderebbe i suoi spuntini notturni a base di salame e vino rosso. Tale è il trauma che rimango in silenzio, in uno stato di completo shock, per alcuni secondi, al termine dei quali fortunatamente Giovanna D'Arco desiste dai suoi propositi e mi lascia quieto.
Non resta altro all'operatore, del quale non faccio il nome per non associarlo in alcun modo al mio, con probabile grave detrimento per lui, che indicarmi le terapie da seguire per i prossimi giorni e darmi appuntamento a martedì per togliere ciò che resta dell'armatura, ovvero un gessetto che mi stringe la parte centrale del naso, per cause a me ignote.
Per ora l'appendice (sempre il naso) è un turgido ricettacolo di sangue, muco e pomata per curare le piaghe. Ma un giorno, lo so, guarirà. Sarà libero e funzionale, e io correrò per prati fioriti gridando "Allelujah". Tornerò ad abusare di vino e salame (possibilmente piccante) senza dover più temere fastidiose irritazioni della mucosa. Danzerò nella pioggia come Gene Kelly, facendomi beffe dell'umidità come uno che indossa la fascia del dott. Gibaud.
Ma diamo tempo al tempo. Il decorso è appena cominciato, anche se il peggio ce lo siamo già lasciato alle spalle. Tornerò a raccontarvi del mio naso, amici. Nel frattempo, annusate un fiore per me, che ancora non posso.

1 commento:

  1. Questo è un misterò, Pierpà...ho postato un commento a questo post, è apparso e poco dopo è scomparso!
    Che ci sia la censura qui su blogspot?!?

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