lunedì 16 maggio 2011

Il prezzo della vittoria

 Lo sguardo di Walter sembra scrutare un futuro nebbioso...
 
Ebbene, finalmente il Napoli ha conquistato la matematica certezza del terzo posto, e dunque dell'accesso diretto alla competizione europea per club più prestigiosa. Possiamo allora trarre le somme di una stagione che neanche una eventuale sconfitta contro la Juventus nell'ultima gionata di campionato rischierebbe di macchiare. Gli azzurri sono stati protagonisti di un'annata straordinaria, considerato l'organico non stratosferico e la deludente campagna acquisti dell'estate scorsa. Da ieri sera il Napoli è entrato di prepotenza nel salotto buono del calcio europeo, un po' come il proverbiale zappatore, e senza cercare permesso si accinge a ballare sulle note dell'inno ufficiale della Champions League.

Una fitta nube incombe però sul futuro di questa nostra amata squadra, dispensatrice di emozioni e cardiopatie: l'incapacità di intendere e di volere del nostro presidente, Aurelio Mac Laurentiis. Analizziamo il suo comportamento ieri sera, al termine della partita. Prima l'abbiamo visto incedere con il passo lento e cadenzato del pavone per il terreno di gioco, tutto impettito e fiero, come se quello che si è fatto un culo così, settimana dopo settimana, fosse stato lui. Poi ha chiesto un microfono, per dare inizio a un indegno spettacolo di caudillismo. Nemmeno il Perón dei giorni migliori riusciva a essere così populista. In più, come al solito, dalle sue labbra sono uscite una serie di frasi incomprensibili (come quando ha lodato i tifosi per la loro "professionalità"?!?!?), di quelle che mi spingono a paragonare i discorsi del cazzaro di Cinecittà a una indigestione da peperoni. Ma questo è ormai una routine a cui siamo abituati. Ciò che deve preoccuparci è che lui e Mazzarri non hanno festeggiato insieme, anche se bisogna ammettere il fair play del presidente nel ringraziare il suo allenatore. Insomma, il divorzio fra il Napoli e il tecnico che l'ha trasformato in una bella favola sembra adesso ancora più probabile.

Ci fu una mezza rivoluzione a Napoli l'estate scorsa, quando Quagliarella fu ceduto alla Juventus. Devo dire che quella reazione mi parve esagerata, di fronte all'addio di un giocatore che, diciamoci la verità, aveva piuttosto deluso in maglia azzurra. Se tanto mi dà tanto, l'addio di Mazzarri dovrebbe scatenare una sommossa da far impallidire quella del 1799. Dovremmo prendere d'assalto Castel Sant'Elmo, e da lì cannoneggiare casa del cazzaro maledetto, fino a quando costui non si arrendesse al popolo sovrano e cedesse tutte le sue ricchezze (frutto di orrendi misfatti cinematografici) alla santa causa del Napoli, per fare una squadra finalmente degna di questa città. Perchè, incidentalmente, nessuno deve avere il minimo dubbio sul fatto che questi ragazzi si siano superati, e che un'altra stagione così la potremo fare solo se ci rafforziamo considerevolmente .

Sapete, io provo un certo fastidio quando mi si dice che il Napoli non sarà mai all'altezza di Milan, Inter o Juve. Volete sapere perchè? Perchè questo giudizio implica la minorità della nostra città rispetto a Milano o Torino. Questa, cari amici, è una città che vive di calcio e poco più. Questa è una città che è già stata nell'Olimpo del calcio italiano, riuscendo a vincere due scudetti proprio negli anni in cui Berlusconi cercava di fare grande il suo Milan, senza badare a spese, ma anzi regalando ai suoi tifosi campioni del calibro di Van Basten, Gullit e compagnia bella. Non siamo diversamente abili: quando ci mettiamo d'impegno, siamo capaci di fare grandi cose. Abbiamo però un grosso limite: ci crediamo molto, ma molto più furbi di quello che siamo in realtà. Quanti napoletani hanno abboccato alle cazzate di Mac Laurentiis sul fair play finanziario e sulla politica dei piccoli passi? Sono ovviamente mastodontiche stronzate, come risulta evidente a chiunque abbia un'istruzione superiore e un quoziente intellettivo appena adeguato. Tutte le grandi squadre vanno sotto col bilancio, e anche il Napoli dovrà farlo, se vuole essere una grande squadra. L'alternativa è emulare quelle compagini di centro classifica che lanciano giovani sconosciuti per poi rivenderli a società più danarose quando le loro quotazioni sono salite a sufficienza. Ma io sono un cittadino di Napoli, non di Udine. Non ho un lavoro decente, e non l'ho mai avuto (forse mai lo avrò); i miei amministratori locali sono tradizionalmente dei ribaldi senza pari; la mattina, quando esco di casa, devo farmi largo con grande fatica fra catene montuose di rifiuti; e allora quando arriva la domenica mi voglio arricreare.

Si dice che Walter Mazzarri sia molto vicino alla Juventus, e che comunque Mac Laurentiis non gli darà le garanzie tecniche necessarie per restare. Vedremo. E rendiamoci conto che da questo si vedrà quanto vale il cazzaro come presidente. Perchè il calcio è una strana industria: un'industria in cui chi vince, perde. E chi non vuole perdere, non vince. Al massimo gioca a fare l'imperatore di fronte alla plebe incolta e ottusa.

 La plebe incolta e ottusa ascolta il cazzaro di turno

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