martedì 1 dicembre 2015

Casa



Ho scoperto tardi il rugby, avevo già trent'anni. Uno dei primi ricordi che ho del Sei Nazioni è lo stadio di Murrayfield che canta Flower of Scotland, inno non ufficiale della Scozia. Questa canzone celebra la battaglia di Bannockburn, in cui gli scozzesi, guidati dal leggendario Robert Bruce, si guadagnarono sul campo il diritto all'indipendenza dall'Inghilterra. Ho un ricordo indelebile di quel momento: ottantamila persone la cantavano perfettamente all'unisono, senza sbagliare le parole, man, woman and child, come direbbero a Orta di Atella. 

In quinta stiamo affrontando il Modernismo, in particolare Joyce e la Woolf. Costoro, come saprete (e se non lo sapete ve lo dice lo zio Bradipo), saltavano di palo in frasca. Apparentemente. Io, nel mio piccolo, faccio lo stesso.

Oggi sono andato a vedere un appartamento, in quanto presto lascerò l'anfratto che ho in affitto (l'allitterazione è voluta, perbacco!) in quel meraviglioso letamaio che è Piazza San Luca, nel centro storico di Genova. Appena tornato dalla ordinaria via Canevari nel mio oscuro budello, sono stato preso da una ineffabile tristezza, degna quanto meno di una signora Dalloway, se non di un Leopold Bloom. Appena salito a casa, ho avuto modo di udire la melodiosa e sonora voce del solito balordo. E questo ha scatenato nel mio subconscio qualcosa.

Il concetto di casa è complesso. Io sono andato a vedere quattro mura in cui dormire, mangiare e preparare le lezioni o correggere le verifiche. Ma una casa è molto, molto di più. Senza una casa comune, siamo tutti stranieri a noi stessi e al nostro prossimo. Ancora più stranieri del malnato che ha innescato, con il suo sgraziato e probabilmente adirato gridare in arabo, la mia joycianissima epifania. 

Un dì, se non andremo sempre fuggendo, parafasando Gigione (era Gigione, vero?), troveremo anche noi una patria, calpestata e mal ridotta, ma miracolosamente viva. Non un coacervo di retorica e xenofobia, ma una casa da abitare insieme, da buoni vicini. Scavando scavando, forse anche noi ritroveremo il fiore sepolto nel fango del nostro essere italiani, e impareremo a cantare all'unisono di come ci siamo finalmente ritrovati in una casa bellissima, accogliente e pulita.

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