venerdì 24 giugno 2016

Una chitarra da riaccordare

Cari lettori, buongiorno! Vi sarete accorti del panico generato dal voto britannico. Si è scatenata un'isteria millenaristica intorno alla decisione di questo popolo evidentemente becero e razzista, salviniano senza sapere di esserlo. Geova li punirà, non c'è dubbio. Fire and brimstone, come dicono a Pontecagnano. La quasi totalità dei miei amici su Facebook ha detto la sua, in termini prevalentemente apocalittici. Potevo mai io, re indiscusso degli idioti, perdere un'occasione per confermarmi tale?
 
Saprete, e se non lo sapete ve lo dico io adesso, che fra le tante onte che arreco all'Universo c'è quella di violentare orrendamente la chitarra, cercando di estorcerle suoni dotati di un minimo di armonia e costrutto. Ovviamente non ci riesco, ma non è quello adesso il punto. Il punto è che io ed alcuni dei miei amici suoniamo la chitarra, o ci proviamo. Il primo ostacolo, nel prendere lo strumento in mano, è costituito dall'accordatura. La chitarra è uno strumento che la perde facilmente. Ora, fin quando le corde sono in dissonanza fra di loro è facile: ti accorgi subito che la chitarra è scordata. Il difficile è quando tutte le corde si sono abbassate o alzate di tonalità nella stessa misura, e dunque lo strumento risulta apparentemente intonato. Sospetti che non lo sia quando ti metti a suonare insieme al tuo amico e senti che le vostre chitarre non sono in assonanza. Verifichi che non lo è quando ti affidi alla oggettività del diapason (tiempe belle 'e na vota...) o di un accordatore elettronico. C'è, dunque, una prova del nove che dirime ogni dubbio, una fonte di certezza terza rispetto alle due chitarre. 
 
Ma se invece  entrambe le chitarre fossero scordate in modo da risultare accordate fra loro? Questo è difficile che accada, perlomeno a me non è mai capitato di sentirlo. A meno che... 
 
Oggi - e per la verità già da un po' - la "destra" e la "sinistra" mainstream si sono accordate, è proprio il caso di dire, su uno spartito quasi perfetto. Hanno dato il LA a una profonda ristrutturazione della psicologia collettiva dei popoli, del nostro modo di percepire la realtà e, soprattutto, noi stessi. Si suonano un contrappunto continuo che, più che marcare differenza, esprime complementarietà. Non sono visioni alternative del mondo; sono visioni perfettamente atte a convivere (e, anzi, interdipendenti) destinate a diversi segmenti del mercato del consenso. L'effetto è un'armonia rassicurante, che ci culla nelle nostre certezze, fino a che... fino a che il diapason della realtà irrompe sulla scena e ci fa capire che sono tutti fuori tonalità.
Lavoro, giustizia sociale, libertà innanzitutto economica, diritti. Questo è il LA. Su questo va accordata la chitarra. Facciamolo, per la miseria, e poi ci renderemo conto degli stucchevoli barocchismi dietro i quali si nasconde il trasversalissimo partito dell'ingiustizia, del privilegio, dello sfruttamento. E poi magari mettiamo via le velleità da concertisti e lo spartito di Segovia, e iniziamo a suonare la canzone semplice e autentica che parla di chi siamo e dove vogliamo andare.

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