sabato 5 maggio 2012

La penna e la spada

Sono costretto a scrivere un altro post sull'affair Delio Rossi. Vi sono costretto dall'ammirazione che provo per lui dopo il gesto, e soprattutto dopo la conferenza stampa di ieri; e lo ritengo opportuno per precisare il mio pensiero, che vi posso assicurare scevro da inclinazioni alla violenza.
Una frase mi torna alla mente, di quella bellissima conferenza stampa: "La penna può ferire più della spada". Che voleva dire mister Rossi? Dato che il neo-disoccupato non ha accettato domande dai giornalisti al termine della sua spiegazione di quanto accaduto, non possiamo dirlo con certezza. Io proverò a interpretarlo.

Tie giudice ca puerti la pinna mmanu,
nun la tracciare longa la mia condanna!

Così recita una canzone tradizionale salentina, che ha per protagonista un criminale. Canzone magistralmente interpretata da Bruno Petrachi e poi dal figlio Enzo, ma della quale io ebbi il piacere di ascoltare una straordinaria versione live cantata dai frequentatori di un bar di Felline (LE), durante il mio servizio civile. Dunque, lo stesso uomo ruvido e impavido che definisce il carcere una villeggiatura confessa di temere la penna del giudice. E perchè stupirsi, quando la stessa storia del nostro continente dimostra inequivocabilmente che la penna è più potente della spada? Il feudalesimo non è stato spazzato via dalle penne di mercanti e banchieri? La penna sancisce, fissa, sentenzia. Scripta manent. La penna è la spada del giudice, del  notaio, dell'avvocato. Ed ha un enorme vantaggio rispetto all'arma bianca: i danni che provoca non sono immediatamente visibili, e non provocano dunque riprovazione, se non da parte di chi ha gli strumenti per discernere quei danni.

Lu giudice ca puerta la pinna mmanu

Questo non vuol dire che la penna non sappia infliggere ferite. La differenza fra la violenza della spada e quella della penna è la episodicità della prima, a fronte del carattere permanente della seconda. Scripta manent. A qualsiasi conflitto, anche il più lungo e sanguinoso, seguirà la pace. Ma la guerra della penna, quella non finisce mai. La guerra delle penne che scrivono una cifra  su una colonna piuttosto che un'altra, sentenziando così che questo o quel popolo è discolo e spendaccione, e va rimesso in riga; la guerra delle penne che stabiliscono di chi è questo e quello, in base a principi tracciati da altre penne, in una catena di rimandi e riferimenti lunga secoli, e che porta invariabilmente al genocidio e al saccheggio. La spada, rispetto a questa vera e propria arma di distruzione di massa, è un giocattolo.

Non so a voi, ma a me i cazzotti di Peppone e Don Camillo mi fanno tenerezza. Non lo sa, il sanguigno dirigente del PCI di Brescello, che a Yalta Stalin ha preso la penna in mano e ha sancito una divisione, una spartizione che preclude all'Italia e a tutto l'Occidente la via del socialismo? Del resto, la penna in mano l'aveva presa già il suo Ministro degli Esteri nel 1939, per firmare un patto di non aggressione con la Germania nazista. E Don Camillo, con tutta la sua bonaria umanità, forse dimentica che la sua chiesa è scesa a patti con un regime dittatoriale responsabile di atti difficilmente definibili cristiani, firmando i Patti Lateranensi. E fanno a cazzotti. E fanno ridere. Perchè un occhio nero o uno zigomo spaccato sono danni di entità risibile, rispetto alla tragica realtà di un paese preso d'assalto da tutte le maggiori potenze mondiali, bombardato da chi poi lo avrebbe "liberato", ridotto in uno stato di pesante asservimento a logiche che parlano altre lingue. 

Ma si era partiti da Delio Rossi. Forse gli eroi non sono tutti giovani e belli, come recitava la famosa canzone; forse qualche volta sono di mezza età e presentano una inquietante rassomiglianza con Braccio di Ferro. Di sicuro il mio eroe oggi ha quel volto. Perchè? Perchè con quel gesto, autodistruttivo quasi quanto quello del macchinista di Guccini, ci ha ricordato la violenza della penna. La violenza sistematica che una nutrita cricca di affaristi, finanzieri, avventurieri, giornalisti incompetenti e prezzolati sta facendo al calcio. Se non lo capite, non ho nè il tempo nè la voglia di spiegarvelo. Pazienza, continuerete a non comprendermi e a tacciarmi di esprimere opinioni incivili e rozze.Mi direte che Rossi non è uno stinco di santo, che anche lui fa parte di quel mondo. E che problema ho ad accettare questa osservazione? Io non cerco role models, a campare me lo hanno insegnato mammà e papà, bene o male lo lascio giudicare a chi mi conosce. Ma certamente me lo hanno insegnato meglio di quanto non sia stato insegnato a quel lazzaro che mercoledì sera si è preso un paio di schiaffi. Dovrete però convenire con me che non è la fine del mondo: una penna ha scritto sul contratto di quel ragazzino maleducato una cifra tale da lenire il dolore di qualsiasi ferita o ematoma. E il violento è stato allontanato. State tranquilli, uomini di penna: giustizia è fatta.

Gli eroi, qualche volta, non sono giovani e belli. Ciao Delio, buona fortuna.

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