lunedì 14 maggio 2012

Un largo adiós que no se acaba


Queste le parole proferite dal luogotenente di Cutolo, ne Il Camorrista di Giuseppe Tornatore, prima di essere accoltellato in una doccia del carcere in cui è detenuto.
Non c'è niente, nella cultura dell'Italia Meridionale, di più disonorevole del tradimento. Siamo gente chiassosamente emotiva, prona a morbosi attaccamenti, e spesso abbastanza provinciali da non renderci conto di quanto il resto del mondo, nella sua quasi totalità, sia diverso da noi. Se una donna ci ha detto di sì 'na sera 'e maggio, come può poi avere il coraggio di lasciarci? E come può un giocatore di calcio, arrivato a Napoli imberbe e sprovveduto, cresciuto indossando l'azzurro e idolatrato forse leggermente al di là dei suoi pur notevoli meriti, decidere che la sua avventura in questa squadra e in questa città finisce qui?

¿Serás, amor
un largo adiós que no se acaba?
Vivir, desde el principio, es separarse.

Reminiscenze di remoti studi universitari mi vengono in soccorso, e mi suggeriscono queste parole di Pedro Salinas, che sembrano scritte apposta per l'occasione. La vita è separazione, dall'istante in cui ci strappano al grembo di nostra madre fino a quello in cui prendiamo congedo dai vivi. La straordinarietà dei sentimenti che chiamiamo "amore", "affetto" e "amicizia" sta proprio nel superamento della solitudine a cui ci condanna la nostra stessa natura. Ma per godere di questi sentimenti è necessario che essi siano reciproci; diversamente, avremmo qualcosa di morboso, una dipendenza emotiva, il tentativo di tenere alla catena qualcosa che può nascere solo dalla famosa corrispondenza di amorosi sensi di foscoliana memoria. Ci si vuole bene in due.

Ora, è già da un po' che il Pocho non vuole più bene a Napoli e al Napoli. Segni di insofferenza sono emersi spesso nelle dichiarazioni alla stampa del suo paese, se ne è chiacchierato sui blog, i nemici del Napoli li hanno sfruttati per creare turbolenza intorno al calciatore. In particolare, Ezequiel si è spesso lamentato  dell'eccessiva invadenza dei tifosi partenopei, dell'impossibilità di avere una vita normale, uscire per strada senza essere aggredito dall'affetto straripante, eccessivo dei calciofili di questa città. Chi comincia ad avere qualche capello bianco, come me, ricorda che queste stesse lamentele furono espresse da un altro argentino, ben più determinante del pur bravo Lavezzi, qualche anno fa. Fin quando il suo rapporto con la società rimase accettabile, Diego Armando Maradona sopportò di buon grado le limitazioni della sua privacy, probabilmente ancora maggiori di quelle che deve subire il Pocho; quando poi il rapporto con la dirigenza si incrinò, il più grande numero 10 del mondo cominciò a mostrare sintomi di insofferenza. Insomma, il problema di Ezequiel Lavezzi non siamo noi, ma Aurelio De Laurentiis.

Che problema ha Lavezzi con il cazzaro di Castelvolturno? Esistono due aspetti, uno sportivo e l'altro economico. Cominciamo dal primo.
Lavezzi ha oggi 27 anni: l'età perfetta per fare un salto di qualità. Dal momento che appare fievole la probabilità di poter fare questo salto di qualità con il Napoli, data la limitatezza delle risorse messe a disposizione dalla dirigenza, il Pocho deve necessariamente pensare a un'alternativa. Con l'Inter, il Man City o il PSG si può pensare di vincere qualcosa; con il Napoli, purtroppo, no. 
L'altro motivo, come accennavo, è di natura economica. L'attaccante argentino può, andando via da Napoli, aspirare a guadagnare più o meno il doppio dell'ingaggio che percepisce qui. 
Un terzo motivo, che a momenti dimenticavo, è il desiderio della compagna del Pocho di lasciare Napoli per una capitale della moda. Ora, il mio giudizio su questo desiderio è assolutamente irrilevante in questa sede, per cui ve lo risparmio; mi limiterò a dire che, se tuo marito guadagna milioni di euro all'anno, sarebbe forse il caso di lasciare un posto di lavoro a chi ne ha più bisogno di te. Magari resta a casa e impara a fare la pasta e fagioli. Ma Yanina Screpante non la pensa così, ammesso e non concesso che abbia familiarità con l'attività del pensare.

Rispetto a queste aspirazioni, che spero troverete legittime, qual è l'atteggiamento della società? Una subdola criminalizzazione, esattamente come si fece con Quagliarella. Il furbacchione sa benissimo che, se vuole dare via uno dei pochi pezzi pregiati in rosa, deve prima metterlo in cattiva luce con la tifoseria. Il Pocho, che tutto sommato è un po' tontolone, è una preda facile per uno come Mac Laurentiis: non sa gestire il rapporto con la stampa, si rende protagonista di atteggiamenti che ne fanno dubitare l'attaccamento alla maglia (che cazzo ti sorridi ogni volta che sbagli un gol???), parla con i giornalisti argentini come se vivessimo nel XV secolo, e non in un villaggio globale, in cui qualsiasi cosa faccia un personaggio famoso il giorno dopo è su Youtube. Ma non è un traditore. Nossignore. E' un professionista che vuole migliorare, un compagno ricettivo ai desideri della sua donna, un uomo che non vuol essere preso in giro. Per questo io sto dalla sua parte.
Adiós, Pocho. Que tengas suerte.

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