venerdì 9 gennaio 2015

Some, any e l'infanzia della specie umana

Cari amici, presto vi parlerò di una grande novità che sta per migliorare la qualità della mia vita qui nella bella Genova, e per certi aspetti mutarne il corso in misura non indifferente. Ma oggi vorrei riflettere con voi su un aspetto della mia professione che mi farebbe mettere le mani nei capelli, se ne avessi la possibilità.
 
 Dovete sapere che io non do mai compiti per casa: penso che sia sufficiente partecipare alle lezioni con costanza e impegno per raggiungere un livello accettabile di competenza (commisurato naturalmente agli standard mediocri della scuola italiana, e in particolare degli istituti professionali). Se poi qualcuno sente la voglia o il bisogno di ripetere o approfondire, sa bene (o dovrebbe saperlo, se avesse svolto il suo lavoro in classe) come fare. In qualche modo questa concezione, che a me pare estremamente vantaggiosa per i ragazzi, risulta a loro ostica o poco congeniale. Tornato dalle vacanze natalizie ho cominciato a interrogare in vista degli scrutini, e mi sono sentito dire da molti dei miei simpatici mostricciattoli che non erano preparati perché non avevano studiato. Mi chiedevano di rimandare il fatidico momento, e cosa studiare per non trovarsi in difetto. Insomma, in classe si cazzeggia, a casa si imparano a memoria due belinate dal libro di testo; questo è, per i miei alunni, studiare. Temo che un giorno di questi finirò per chiavare qualcosa in faccia a qualcuno.
 
Eppure la chiusura del quadrimestre si avvicina, e molti non hanno ancora una valutazione sull'orale. Dunque, non posso fare a meno di chiamare qualcuno alla lavagna, generando così orrore e raccapriccio fra le fila di questi strani gremlins che fanno di tutto per non venire a contatto con la competenza dell'inglese come seconda lingua, apparentemente temendo chissà quali nefasti effetti. Il mio argomento preferito è: some ed any. Sfido chiunque a darmi una regoletta semplice e chiara che ne spieghi l'uso. Sfido qualsiasi docente a insegnarlo, e qualsiasi discente a capirlo, senza dedicarci almeno una lezione, con frasi di esempio e una riflessione a posteriori. E infatti i ragazzi che lo studiano unicamente dal libro di testo non sono mai, dico mai in grado di dar ragione dell'uso di some ed any in alcune semplicissime frasette che io scrivo, non senza una certa sadica senazione di trionfo, alla lavagna. Godo, amici miei, nel dimostrare ai miei pargoli che la mia intelligenza, la mia preparazione e la mia visione del mondo sono superiori - ma non c'è proprio partita - all'intelligenza, alla preparazione e alla visione del mondo di quei/quelle quattro sventurati/e che li hanno rovinati e me li hanno consegnati in queste condizioni. Soffro nel constatare che le vittime di questi abusi educativi non imparano dagli errori. Soffro, ma non mi meraviglio. Sono stati istruiti, ammaestrati, a imparare solo in modo verticale, sempre dall'alto in basso, a non riporre fiducia in se stessi, a credere che ogni bene sia una concessione fatta da qualcun altro. E, cosa più tragica di tutte, si sono formati la convinzione che il prof è un antagonista a cui strappare una sufficienza con qualsiasi mezzo. Quindi non lo si ascolta in classe, si imparano due fesserie dal libro di testo, e si prega il santo di riferimento.
 
Oggi un bimbetto fra i più timidi e impacciati della mia seconda preferita si è sommamente stupito di essere riuscito a capire, grosso modo, come si usano gli stramaledetti some ed any dagli esempi che ho fatto alla lavagna. Deh, fanciullo, perché cotanta meraviglia? Io ho un cervello, tu ne hai un altro, li abbiamo fatti funzionare insieme e la magia si è compiuta. Ed è così, solo così, collegando miliardi di cervelli in rete e ragionando insieme, che la nostra specie uscirà dalla sua infanzia e non dovrà più temere gli scrutini della Storia.  

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