martedì 1 novembre 2016

Narcodemocrazia

Da un po' non scrivevo, tutto preso com'ero dall'erculeo quanto vano sforzo di salvare qualche vita umana dal baratro del che "cazzo sta succedendo?" perpetuo. Il ponte dei morti mi ha portato consiglio. Questa pausa di riflessione e riposo, unita alla più recente delle mie periodiche ossessioncine, mi ha spinto a scrivere la presente. Se, come me, siete affascinati dalla figura di Pablo Escobar, vi consiglio due serie televisive e un documentario: le serie le trovate entrambe su Netflix, e sono Narcos e Pablo Escobar, el patron del mal. La prima è una produzione statunitense, e quindi è fatta molto bene, ma è parecchio romanzata e non coglie, a mio modestissimo parere, certi aspetti della vicenda del "capo dei capi"; la seconda è stata prodotta dalla televisione di stato colombiana, ed è quindi più modesta dal punto di vista qualitativo, ma certamente più attenta alla cornice politica e sociale della Colobia negli anni Ottanta e all'inizio dei Novanta. Il documentario, che consente di separare quanto c'è di reale nelle due serie dall'inventato (che è tanto, soprattutto in Narcos), si intitola Los tiempos de Pablo Escobar, e lo trovate qui.
Prima di addentrarci nella vicenda del "Robin Hood paisa", come fu definito Escobar, vi linko un articolo di Diego Fusaro. Che cosa c'entra? C'entra, in qualche modo. Parla della fine della borghesia, quella classe sociale che, tanto vituperata e tanto demonizzata, ha prodotto Charles Dickens, tanto per dirne uno. Ecco, Charles Dickens, uno che quando scriveva (e ha scritto tanto, come sappiamo), si occupava e si preoccupava del giusto e dello sbagliato, del morale e dell'immorale. La borghesia imperialista, razzista, classista dell'Ottocento sottoponeva a giudizio se stessa. Si assolveva, il più delle volte, ma si giudicava. 
E torniamo a  Escobar. Con i soldi della cocaina la Colombia si è arricchita, e di brutto. Ecco perché Escobar è diventato il criminale più ricco di tutti i tempi, ed ecco perché la società colombiana gli ha offerto per molti anni un sostegno più o meno unanime, con il silenzio e l'omertà, quando non proprio con l'aperta ammirazione. Con la sua politica di plata o plomo, denaro o piombo, Escobar ha creato un paese in cui l'accettazione della corruzione, ovvero della completa rimozione di ogni sistema di regole a favore del potere assoluto del soldo, spalancava le porte al benessere; ha inventato la narcodemocrazia. Non si fondava solo, né forse prevalentemente sulle armi, il potere di Don Pablo. Il popolo lo amava, per il suo impegno nella lotta alla miseria (Escobar avviò un programma edilizio per dare alloggi ai poveri di Medellin), per il suo ruolo di mecenate dello sport, ma quasi certamente anche perché vedeva in lui un uomo semplice che si era tirato fuori dalla povertà grazie alla sua berraquera, che sarebbe la cazzimma colombiana. 

Leggete l'articolo di Fusaro, leggetelo con attenzione. Forse converrete con me che Pablo Escobar, finalmente sconfitto dai suoi rivali (cartello di Cali in testa) più che dalla società cosiddetta "civile", è stato un araldo della nostra democrazia, dei nostri valori, della nostra visione della vita e del mondo. Berraquera, plata y plomo. Forse con questa faccia da Nobel per la pace vi piace di più.



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