giovedì 16 maggio 2013

Tra il dire e il fare...


Ormai ho capito la mia missione: argomentare posizioni che sarano puntualmente contestate e detestate dalle genti. Ma siccome a me risulta che gli anatemi li lanciano i preti, devo dire che mi sento abbastanza a mio agio dalla parte di chi li riceve.

L'ultimo me lo sono beccato per aver candidamente ammesso di non trovare niente di razzista in questo post di Belzebù Grillo, nuova nemesi della sinistra. Che si spari sul satiro brianzolo o sul comico genovese, una cosa sembra definitivamente stabilita e consolidata: il mondo non si divide più in oppressori e oppressi, identificati in base a criteri che sono di natura economica e politica, e non hanno nulla a che vedere con le qualità personali, ma in buoni e cattivi. I buoni sono quelli che dicono le cose giuste, i cattivi quelli che viceversa dicono le cose sbagliate.Saper distinguere le cose giuste da quelle sbagliate è la chiave per essere riconosciuti come parte della gang.

Vi sono, poi, categorie che trascendono la realtà, calate su di noi tramite un discorso completamente slegato da analisi serie e minimamente rigorose dei fenomeni socio-economici o politici. Una di queste categorie è l'immigrato. L'immigrato è buono a prescindere. Il bisogno che induce centinaia di migliaia di persone a Napoli, Bari, Palermo o Reggio Calabria a rubare, truffare, simulare falsi incidenti e via discorrendo, non ha il minimo effetto sull'immigrato: egli attende serafico la morte per inedia, ritenendosi pienamente ricompensato dall'articolo con cui lo elogerà il giornalista de sinistra, o dal film in cui il regista de sinistra lo immortalerà nella coscienza dell'Italia giusta. La vita di strada, lo sfruttamento, la prevaricazione dell'elemento criminale sulla marginalità incattiviscono l'italiano, non l'immigrato; costui porge cristianamente l'altra guancia, anche se è musulmano, il che semmai è un punto a suo favore.

Adesso, siccome il Bradipo non è un intellettuale, ma un fesso qualsiasi, vi racconta una storia. Almeno quello mi si riconoscerà di poter fare, spero. Correva l'anno 2006, ed ero a Roma per uno sciagurato corso di formazione che si rivelò poi del tutto inutile. Era sera, intorno alle dieci, ed ero su un autobus (o auto, come dicono a Roma) che mi avrebbe riportato a casa, nel quartiere Montesacro, dal centro. A Viale Libia salì un tizio ubriaco fradicio, con una bottiglia di birra in mano. Dopo averne rovesciata una discreta quantità per terra e sui sedili, cominciò ad avvicinarsi alle signore presenti e a molestarle. Il fatto che il signore fosse uno straniero, probabilmente di origine nordafricana, non impedì alle donne a cui si accostava di esprimere evidente fastidio nei suoi confronti. Quasi tutte quelle donne avevano tutta l'aria di essere a loro volta extracomunitarie.

A questo punto l'autista, un giovane che da qualche minuto bestemmiava sotto voce, sbotta, ferma il mezzo e invita l'alticcio individuo a scendere. Dopo qualche resistenza, il gentiluomo in questione si degna di togliere il fastidio. SEmbrerebbe tutto risolto, senonché il coglione di turno, probabilmente de sinistra, attacca un pippone esagerato sul presunto razzismo del conducente, il quale, avendo evidentemente capito di avere a che fare con un deficiente, taglia corto e gli fornisce l'indirizzo di casa. Se vuoi approfondire la discussione sai dove trovarmi. Vi devo specificare l'estrazione sociale dei due personaggi, o ci arrivate da soli?

Bene, per quanto mi riguarda ho detto tutto. Se voi vi volete interrogare sulla differenza che passa fra gli immigrati molestati in questa storia e il molestatore, avete tutti gli elementi per farlo. Se provate il desiderio di spiegarvi le opposte reazioni dell'autista e del passeggero, idem. Se poi il cervello vi è andato in tilt perchè non riesce a processare un evento in cui l'immigrato non è il sorridente suonatore africano di bonghi, ma il fetente abbrutito che si butta addosso alle femmine, o la donna che torna a casa stanca morta dopo una lunghissima giornata di lavoro, come potrebbe fare qualsiasi italiano, mi dispiace di avervi creato disagio. Ma purtroppo, come ebbe a dire un pensieroso principe di Danimarca, ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la vostra filosofia.

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