venerdì 29 novembre 2013

Pane, rose e paraculi

Cari lettore del Bradipo, vi ricordate di quando Ken Loach rifiutò il premio del Torino Film Festival per esprimere solidarietà ai precari sottopagati (e alcuni di loro licenziati senza giusta causa) dalla Rear, che rendevano possibile quella kermesse con il loro lavoro? Bene, c'è un seguito. Al Festival di quest'anno ha vinto Carlo Mazzacurati, il quale non solo si è preso il premio, ma si è anche permesso di criticare Ken Loach per la sua scelta. In questo articolo si spiega in modo abbastanza chiaro la polemica, tornata a infuriare quando il regista inglese è stato informato dall'USB, che segue la vertenza e lo tiene aggiornato sulla vicenda, delle nuove dichiarazioni sul suo conto. Dice Mazzacurati: "Prendo anche quello di Ken Loach. Ha fatto male a non venire, se avesse saputo che umanissimo festival è questo non avrebbe fatto questo sgarbo. È stato male informato."
Bene. Siccome io non volevo commettere lo stesso errore del buon Ken, dopo aver letto le dichiarazioni del cineasta recentemente premiato a Torino, sono andato a guardarmi su Youtube il documentario Dear Mr Ken Loach, che racconta di come un regista famoso e acclamato in tutto il mondo si sia interessato della sorte di alcuni oscuri lavoratori e della lotta portata da un piccolo sindacato contro l'umanissimo festival di cui sopra. E mi sono persuaso che i male informati, semmai, sono quelli che nel loro cinema raccontano e denunciano realtà che poi, con il loro agire, contribuiscono a perpetuare. 

Di Virzì ricordo un film dal titolo Tutta la vita davanti, che al di là di alcuni limiti estetici dei quali non è il caso di mettersi a discutere adesso, sembrava essere, se non proprio dalla parte dei lavoratori precari, almeno fortemente solidale con la loro condizione. Ne emergeva una certa sensibilità, una amara constatazione della ferocia e della insostenibilità, tanto nella sfera lavorativa quanto in quella dei rapporti umani, della società in cui viviamo. Trovo quindi desolante e imbarazzante che questo signore, in quanto direttore dell'edizione di quest'anno del TFF, abbia preso le parti del suo amichetto (perchè a questo livello siamo, questi non sono persone serie e non meritano di essere trattati da tali) dopo la ovvia replica di Loach. Virzì esprime stima per il collega (si fa per dire) inglese, e ipotizza che sia stato "strumentalizzato", forse dall'USB, o forse anche dal M5S, che attraverso una sua deputata invita Mazzacurati a restituire il premio. Intervistato da Repubblica per l'edizione online, Virzì non trova di meglio che attaccare "i cialtroni del Movimento Cinque Stelle" e dare a Ken Loach del disinformato. A mio modesto avviso, pensare che il filmmaker di Bath parli di qualcosa di così serio senza prima informarsi vuol dire non aver visto neanche uno dei suoi lavori, o essere un cretino a tutto sesto. 

Ma la cosa più bella, la vera e propria ciliegina sulla torta, è che questo omuncolo, che se avesse il minimo senso della decenza se ne uscirebbe con un più dignitoso "no comment", ammette candidamente che non è il suo lavoro, non gli spetta informarsi su cosa faccia e abbia fatto la Rear (e di che stiamo parlando allora, Virzì?), per poi scagliarsi contro chi vorrebbe tagliare i fondi alla "cultura". Laddove cultura vuol dire pane e rose per me e i miei amichetti, che ci allisciamo il pelo a vicenda, ci consegnamo premi l'uno con l'altro, e andiamo avanti a ranghi serrati senza buttare l'occhio al paese reale, se non quando si tratta di raccontarlo nei nostri lavori cinematografici. Sarà una forzatura, ma a me Virzì ha fatto pensare al poeta de Il maestro e Margherita di Bulgakov, che si suicidava perchè capiva di aver sempre scritto poesia in cui non credeva veramente. Non che io speri tanto da Paolo Virzì. I paraculi come lui sanno che le pietre piovono sempre e solo sui poveracci. Basta tenere al suo posto la riff raff, la gentaglia che si permette di non coprire con i propri cenci le pozzanghere quando i signori scendono dalla carrozza. Certo, come si fa a pretendere che l'artista scenda dal piedistallo che gli spetta e si mischi con la classe lavoratrice

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