martedì 9 settembre 2014

Via, via, la polizia!


Cari lettori, vi tocca un altro post sulla tragedia di via Cintia. Mi ha così colpito la reazione dell'opinione pubblica a quell'evento, che non riesco a smettere di pensarci, e quindi di scriverne. Forse ricorderete il post sull'ispettore Callaghan, e le accuse di fascismo che gli venivano mosse dalla mia augusta genitrice. In numerose occasioni il babbo ed io, a cui invece piaceva lo sporco Harry, ci siamo beccati epiteti poco lusinghieri. "Criptofascisti" non andava ancora di moda, ma il senso era quello. Il motivo credo, o almeno spero, di averlo spiegato a sufficienza: la società italiana non riesce a concepire il concetto di delitto e castigo. Eppure a me, da studente di Scienze Politiche, bastò aprire il Barile (non quello di birra, che pur ci è congeniale, ma il manuale di diritto pubblico) a pagina uno per incontrare il concetto dello stato contemporaneo come fondato su una cosa denominata monopolio della forza. Occhio a questo concetto, che è centrale nel mio (tentativo di) ragionamento. Callaghan si batte contro una società corrotta, in cui il denaro ha distrutto ogni più elementare norma di buona convivenza. Insomma, è un amico dell'ordine. Se qualcuno non riesce a distinguere l'ordine dal fascismo, non è colpa mia.

In questi giorni ho letto analisi che paragonano l'episodio del Rione Traiano a quello di Ferguson. Mi sembra un paragone un po' forzato. Al di là del fatto che negli Stati Uniti esiste una minoranza etnica creata dallo schiavismo che ancora oggi, per quanto ci faccia schifo e/o meraviglia, è vittima di pregiudizi razzisti, lì l'opinione pubblica radicale non mette in dubbio che Ferguson, Missouri, sia parte degli Stati Uniti d'America, e che debba essere soggetta alle sue leggi. Le quali poi si potranno contestare sul piano politico, contro le quali si potranno anche organizzare iniziative di disobbedienza; ma perchè si vogliono, si reclamano, si pretendono regole diverse, NON la totale assenza di regole. Mi fa sorridere che molti non si accorgano di come deplorare l'orrore neoliberista da un lato, e giustificare certi atteggiamenti di spavalda, antisociale strafottenza dall'altro, sia una contraddizione grande come una casa. Se stabiliamo che dobbiamo essere corresponsabili, solidali, cooperativi, e che le nostre società devono essere organizzate intorno a quei principi, dobbiamo stigmatizzare tutti quei comportamenti e quelle logiche antitetici ai nostri valori, che oscurano i nostri orizzonti. 

Naturalmente la risposta emotiva alla guapparia implicita in un discorso di Marchionne non può essere la stessa che avremo di fronte alla guappparia esplicita e primitiva di chi, per colpe non sue, non è in grado di immaginare una vita diversa. Ma far passare quest'ultima, rinunciare a contrastarla come va contrastata l'idea che il lavoro sia un privilegio e non un diritto, è un grosso errore. Significa consegnare ragazzi come Davide Bifolco a personaggi come quelli che hanno approfittato della sua morte per dire che loro la polizia, nel loro quartiere, non ce la vogliono.

Io penso che la polizia debba essere soggetta come tutti a regole e leggi, e come vi ho già detto chiaramente non voglio sceriffi nella mia città e nel mio paese; ma non voglio neanche che abbandoni le nostre strade, perchè vorrebbe dire lasciarle all'arbitrio, alla violenza sconsiderata e incosciente di chi, lungi dal desiderare di porre fine alla propria oppressione, desidera solo restituire qualche colpo. Io voglio che la polizia ci resti, in quelle strade, ma non più da sola, a esercitare una funzione di repressione che da sola è unicamente, torniamo sempre lì, arbitrio e violenza. Io voglio che lo Stato si prenda le sue responsabilità, perchè il Rione Traiano è Italia, non una cazzo di riserva indiana. Napoli è Italia, ed è in credito con la Storia. Il Sud è Italia, e la sua popolazione tanto italiana quanto quella di Treviso o Alessandria.

Chi pensa che Davide Bifolco sia stato ucciso dallo Stato secondo me si sbaglia di grosso. La sua morte si è prodotta in un vuoto lasciato proprio dallo Stato, che un tempo non si limitava a reprimere. Non so chi può salvare il Rione Traiano, ma sono certo che non lo farà chi dice "la camorra ci difende, lo Stato no!". Se questa istituzione obsolescente e corrotta, ma per il momento insostituibile, completa il suo ritiro dal "teatro di guerra", abdicando a una delle poche funzioni che ancora svolge, il Rione Traiano è perduto, i ragazzi sono perduti, noi tutti siamo perduti. E adesso che mi avete fatto sentire un vecchio acido e bofonchiante mi reco ai giardinetti ad agitare il mio bastone e gridare che si stava meglio quando si stava peggio.

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