venerdì 11 settembre 2015

Fascismo 2.0


Cari lettori, a volte mi sento proprio vetusto e fuori dal mondo, per la semplice ragione che questo mondo, nel rifiutarsi ostinatamente di essere ragionevole, mi estromette. Abbiamo già riflettuto, di recente, su come il genere umano, nella sua pochezza e soprattutto nella sua preoccupante carenza di autonomia di pensiero e giudizio, riesca a travisare tutto il travisabile. A beneficio di chi? A beneficio di coloro che architettano il travisamento, che poi sono, detto in parole povere, i padroni del mondo. Oggi è 11 settembre, e posso citare due semplici fatti a sostegno della tesi appena esposta: il primo è il fatto che quella che è senza alcun dubbio la peggiore delle due grandi tragedie consumatesi in questa data (l'11 settembre 1973, data dell'inizio del colpo di stato del generale Pinochet) è quasi del tutto ignota alle masse incolte; il secondo fatto è che l'11 settembre che invece tutti conoscono, quello statunitense, è tuttora privo di una ricostruzione plausibile che metta tutti d'accordo, e che miliardi di persone in tutto il mondo siano convinte che un pugno di dilettanti del terrore abbia messo in ginocchio la prima potenza militare del mondo. 

Eppure non c'è, forse, da essere così pessimisti. L'umanità si evolve, seppure nella direzione meno incoraggiante che si possa immaginare. Il fascismo storico si serviva di manganelli e olio di ricino, e con i suoi metodi di palese prevaricazione creava malcontento e dissenso; quello odierno si è così perfezionato nella prepotenza da riuscire a instaurare una forma di dominio praticamente irreversibile: non reprimo il tuo dissenso, ti impedisco di generarlo. Creo, attraverso le nuove tecnologie, l'illusione di un dibattito libero e aperto, ma sto bene attento a limitare al massimo, in questo mare magnum di informazioni, l'accesso a quelle veramente critiche, quelle che potrebbero generare maggiore consapevolezza dei sottili meccanismi di oppressione che ho messo in piedi. E ti organizzo un bello spettacolo di marionette, in cui la libertà di pensiero si degrada a quella di scegliere se fare il tipo per Arlecchino o per Pulcinella. I veri conflitti, se posso, te li nascondo; se non posso nasconderteli, te li inquadro nel contesto del teatrino al quale farò di tutto per farti appassionare.

Pensiamo alle due fazioni in cui si è spaccata l'Italia dalla seconda metà degli anni Novanta, generando una rivalità che non è ancora del tutto esaurita: il berlusconismo e l'antiberlusconismo. Il problema dei problemi era diventato la collocazione dell'organo riproduttivo di Silvio Berlusconi, seguito a breve giro dall'evasione fiscale di Silvio Berlusconi e dalle mille magagne di cui, più o meno come qualsiasi altro imprenditore italiano di alto livello, si era reso colpevole negli anni. Nel frattempo governi di centro-destra e centro-sinistra si alternavano, licenziando leggi e decreti sostanzialmente equivalenti nell'indirizzo politico, sebbene marcatamente differenti nel linguaggio. Ma, parafrasando il megadirettore di fantozziana memoria, è tutta questione di intendersi: tu dici CIE, io dico CPT; tu dici clandestini, io dico migranti, ma alla fine la pensiamo essenzialmente allo stesso modo. Entrambi abbiamo intenzione di depotenziare lo stato sociale, tagliare la sanità e la scuola, ledere i diritti dei lavoratori. Entrambi siamo in effetti portatori di una visione antisociale del mondo e dello stato.  

Per questo mi sento vetusto, amici miei. Perchè sono già spacciato. Il resto della mia vita lo passerò, fatalmente, sotto il giogo di questo fascismo raffinatissimo che non mi darà quartiere, che mi aggredirà in mille forme diverse, veicolato ora da questo, ora da quello dei miei simili. Sarà nel comportamento dei miei alunni, nei commenti che sento per strada quando vado a fare la spesa, nelle opinioni (che fastidio mi procura solo la parola...) degli amici con cui vado a fare l'aperitivo, nelle conversazioni in uno scompartimento di treno. E, soprattutto, sarà nei social network, nelle chat di Whatsapp, in quella strana versione di 1984 apparentemente scritta da Maria De Filippi che è diventata la dimensione pubblica della vita. La soluzione sarebbe chiudermi in casa a leggere l'opera omnia di Charles Dickens e riguardare tutte le puntate di Only Fools and Horses e del Flying Circus fino a conoscere ogni battuta a memoria. Purtroppo, ahimè, non posso. Sarò vittima degli sgherri del regime. Perchè quegli sgherri, perdindirindina, siamo tutti noi.

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