giovedì 22 settembre 2011

Realtà parallele

No, miei cari lettori, non preoccupatevi. Se, leggendo il titolo del post, avevate sospettato che Sandro Giacobbo si fosse impossessato del mio PC con l'aiuto degli alieni, delle mummie spaziali e dei morti viventi di Atlantide, tranquillizzatevi pure. Il paranormale non c'entra. In questo mio scritto assonnato e mattutino vorrei affrontare invece un tema caro al Novecento (secolo che rimpiango per tanti aspetti): il perenne conflitto fra realtà psicologica e realtà sociale.

Sì, alcuni saranno delusi perchè, dopo un risultato e una prestazione imbarazzanti del Napoli contro una squadra modesta come il Chievo aspettavano l'ennesima giaculatoria contro Aurelio De Laurentiis. Ma ormai sapete come la penso sul cazzaro di Castelvolturno. Il match ha dimostrato chiaramente l'inadeguatezza delle seconde linee, gente acquistata da Mac Laurentiis a tanto al chilo, con i saldi di fine stagione. Se ancora non convenite con me sul fatto che il Napoli non sia ben attrezzato per igli impegni che lo aspettano, non so che altro dirvi. Chiusa parentesi.

E torniamo all'argomento di questa dotta disquisizione. Ieri sera, dopo la partita, sono salito come faccio spesso in questo periodo da Gallo's, un simpatico pubbettino sito nella mia bella Napoli, in via Morghen, di fronte alla stazione della funicolare. Lì il vetusto si reca a prendere il fresco della sera, e a disquisire del più e del meno di fronte a una bella birra. Grazie alla compresenza di menti eccelse e all'uso di sostanze psicotrope, la conversazione si arricchisce spesso di spunti interessanti quanto insoliti, e acquista molteplici chiavi di lettura, quasi tutte deliziosamente criptiche. Di ciò il vetusto si bea. Uno dei principali temi toccati nell'occasione è stata la difficoltà del succitato vetusto di comprendere l'assurda pretesa di alcune persone di tenere un piede in due scarpe. Come se Pirandello non ci avesse insegnato niente! E da Pirandello a Eduardo (che ultimamente sta monopolizzando l'attenzione nel circolo filosofico in questione) il salto è breve.

 La funicolare di Montesanto, stazione Via Morghen

Nell'ultima puntata vi ho parlato di Natale in casa Cupiello. Stavolta vorrei accennare invece a un'opera più leggera, quantunque non certo frivola: Ditegli sempre di sì. In questa briosa commedia vediamo Michele Murri, un paziente psichiatrico appena uscito dal manicomio, interagire con una serie di persone "normali", all'interno di situazioni più o meno convenzionali. L'ostinazione di Michele a voler razionalizzare ogni comportamento, ogni frase, ogni slancio, lo porta a una rovinosa ricaduta che lo farà tornare nel luogo dal quale era uscito. Il problema sta proprio nello scarto fra la realtà psicologica, soggettiva dei personaggi, esseri umani dotati di sentimenti, passioni, paure e via discorrendo, e la realtà sociale, che ci vorrebbe sempre univoci e coerenti. Passa facilmente per pazzo Luigi Strada, con le sue stravaganze, il suo disprezzo delle convenzioni, il suo ridere e piangere a scopo dimostrativo. E allora Don Luigi Altamura (uomo serio e pratico) ostacola l'amore fra lui e sua figlia Evelina, subordinando una incontrovertibile realtà psicologica alla meschina realtà sociale del non avere una "posizione".

L'amore non guarda in faccia a certe minuzie, si sa. Romeo e Giulietta non si amano, alla faccia dei dissapori di lunga data fra i Capuleti e i Montecchi? Vanno stimati, perchè fanno una scelta di campo. Rinnegano le famiglie che ostacolano il loro amore, arrivano a disprezzare i loro cognomi, che li vorrebbero nemici. Romeo e Giulietta avrebbe avuto il successo che ha avuto se i due giovani veronesi si fossero limitati a incontri sporadici, fugaci connubi, per poi tornare a fare pubblica mostra di freddezza reciproca? Se Romeo e Giulietta avessero voluto tenere un piede in due scarpe oggi Verona sarebbe nota solo come Città dell'Aids.

 Romeo e Giulietta. Pare che anche loro avessero l'Aids

Bisogna lottare, lottare strenuamente contro il divario fra ciò che è e ciò che noi vorremmo che fosse. Tutti gli equivoci di cui rimane vittima Michele Murri sono figli del modo condizionale. Il poverino non riesce a capire che esiste una realtà ipotetica, che coltiviamo nella nostra immaginazione, perfino di fronte al più insormontabile degli ostacoli. Se smettiamo di immaginare, il mondo si ferma, smette di progredire. Se releghiamo l'immaginazione agli spazi lasciati vuoti dalla realtà sociale la mortifichiamo, e la nostra realtà psicologica si impoverisce, nel migliore dei casi; nel peggiore, facciamo la fine di Michele Murri. 

Eh no, qua bisogna ragionare!

Ed è inutile e fuori luogo qualsiasi richiamo alla realtà sociale come metro di valutazione oggettivo. Passando da Eduardo ad Almodovar con l'agilità di una bertuccia su una liana, chiuderò questo già troppo lungo delirio con le parole del travestito Agrado in Tutto su mia madre: "una è più autentica, quanto più somiglia all'idea che ha sognato di se stessa".

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