martedì 29 gennaio 2013

Il diritto alla stortura

 Cari lettori, dopo una serie di post polemici il vostro Bradipo, in un'ottica di riconciliazione e distensione, ha deciso di allietarvi con una bella favoletta. Procuratevi dunque una coperta, una sedia a dondolo, e un paio di pantofole. Lasciate che una tazza di tè caldo vi scaldi le mani e il pancino, ché io vi scalderò il cuore.

Orbene, eravi in un luogo non ben precisato, in un tempo che non ci è dato di conoscere, un giovinetto amante dei giuochi e dei sollazzi. Costui, figlio di un ricco barone, e abituato ad avere tutto ciò che desiderasse  a un semplice schiocco delle dita delicate, non avvezze alle tribolazioni che compravano il pane quotidiano dei suoi servitori, era egoista e arrogante. Non v'era modo di contraddirlo, per quanto educatamente e rispettosamente lo si facesse, senza suscitarne le rimostranze e l'indignazione.
Un giorno questo fanciullo si imbattè in un vasaio che lavorava nel grande cortile del patrio ostello, alla fattura di alcune suppellettili che il facondo patrizio gli aveva ordinato.
"Tu sei in grado di plasmare la materia!" esclamò il bimbetto, stupefatto e incredulo. E non v'è da stranirsi d'una tale reazione: il pargolo, cresciuto in un mondo traboccante di ricchezze costruite dalle altrui braccia, aveva scoperto per la prima volta in vita sua il lavoro.
"O domatore della volubile argilla! O rustico demiurgo! Tu costruirai per me una città in miniatura, affinché io possa tiranneggiare su di essa nella fantasia, e prepararmi così ad assumere in età adulta quei compiti e quelle responsabilità che il mio rango mi assegna".
L'artigiano imprecò sotto voce contro l'assurdo capriccio del paffuto pre-adolescente, che lo avrebbe condannato a molte ore di lavoro in più del previsto; ma non poté rifiutarsi, perché in tal caso avrebbe rischiato di perdere la benevolenza di uno dei pochi signori che gli offrivano impiego. Dunque, si mise al lavoro, e in poche ore presentò al giovinetto la riproduzione in scala di un'intera città, con i suoi palazzi, giardini, officine, botteghe e via dicendo. Prima di consegnargliela, gli rivolse però un bonario ammonimento:
"Fate attezione, padroncino, l'argilla è un materiale malleabile, e bisognerà attendere qualche ora prima che si asciughi del tutto, e quindi si indurisca. Fino ad allora resterà sensibile al più leggero contatto, alla più lieve pressione."
Il nobile omettino non prestò ascolto alle sagge parole del vasaio, tutto preso com'era dall'impazienza di sollazzarsi con il suo nuovo balocco. Lo fece portare nella sua stanza da un paio di servitori, e subito iniziò a gingillarvisi. Inutile dire che il modellino, sotto le mani inesperte e incoscienti del rampollo, subì alterazioni sostanziali della forma iniziale, che lo resero disarmonico e sgradevole a vedersi. Il ragazzetto, tuttavia, non se ne avvide punto. Non aveva idea di come fosse fatta una città, conoscendone solo i luoghi di svago e diporto. Della bottega di un fabbro o quella di un panettiere egli non aveva alcuna nozione. Dell'ingegno e della fatica che generavano tutto quanto la sua famiglia consumasse in abbondante quantità, non sospettava. Dunque, deturpò il bel lavoro del vasaio in maniera considerevole, per quanto involontaria (ma non sarà questa un'aggravante?), mentre si divertiva ad amministrare, tassare, governare, incarcerare e appendere alla forca i suoi sudditi invisibili. Al termine di svariate ore di giuoco, il giovinetto sentì le membra oltremodo fiacche, e decise di cedere al richiamo del soffice materasso, uno dei tanti privilegi del suo lignaggio."A domani, miei amati sudditi" furono le ultime parole che profferì, prima di smorzare la candela.

All'indomani, appena sceso dal letto, il nostro baroncino si fiondò sulla città d'argilla, alla quale aveva in animo di imporre un nuovo editto, forse partorito nel sogno, e consistente nell'obbligo di leva militare per tutti i maschi di età superiore ai sedici anni. Ma prima che potesse consegnarlo all'araldo perchè se ne facesse tramite, qualcosa lo lasciò a bocca aperta. Una scoperta molto più sorprendente di quella fatta il giorno prima: la sua città d'argilla era popolata di gente in carne ed ossa. Piccoli come lillipuziani, ma reali. Artigiani, contadini, studenti, servi, preti, soldati, ladri, assassini, prostitute, scienziati, filosofi. C'era di tutto. Rumori di vario genere e voci si mescolavano gli uni agli altri. La maggior parte, notò il pargolo, provenivano dalla piazza principale della città, nella quale si erano riuniti molti dei suoi sudditi. Avevano tutta l'aria di essere irritati per qualcosa. Il ragazzuolo, a cui piaceva pensare di essere un sovrano illuminato, volle capire perché.
"Ebbene, di che vi lagnate? Non ho forse provveduto a tutte le vostre necessità? Non ho amministrato la giustizia in modo equanime? Non regnano fra voi il progresso, l'abbondanza, la virtù?"
Il giovinetto fu investito da una gragnuola di epiteti, uno meno lusinghiero dell'altro. Finalmente, dopo molto vociare e inveire, un anziano cittadino riuscì a placare gli animi, e prese la parola:
"Mio signore, il popolo ha ben donde rimostrare; la vostra città è colma di storture. Le nostre case hanno i soffitti troppo bassi, le botteghe hanno il pavimento mal livellato, gli argini del fiume che l'attraversa non sono sicuri. Qui la strada è troppo stretta, lì è piena di buche. Lavoriamo male e riposiamo peggio. Insomma, un vero disastro. E alcuni dei nostri giovani più irrequieti cominciano a pensare che in una città così storta non possa regnare il diritto."
Il pargolo fu così turbato e contrariato da queste parole che decise di rispondere con una repressione durissima. Ordinò ai suoi soldati di arrestare e imprigionare i facinorosi, e mettere a morte i loro capi. Dovette aggiungere alla sua città una prigione, plasmata da lui stesso con un po' d'argilla sottratta a strutture che riteneva meno importanti, come la scuola o l'ospedale. Non poteva rivolgersi al vasaio, poiché temeva che la città gli sarebbe stata sottratta dagli adulti, se avessero scoperto la sua prodigiosa particolarità. E così i suoi cittadini persero il diritto all'istruzione e alla salute, ricevendo in cambio un luogo orribile ma, quello sì, spazioso. I soldati riempirono questa sgarrupata galera in pochi giorni, mentre il giudice e il boia, lavorando sulla pubblica piazza un po' per mancanza di un trubunale vero e proprio, un po' per impartire un terribile esempio, sradicavano il dissenso con l'eliminazione fisica dei dissidenti. Presto la popolazione insorse, e quello che era iniziato come una ragionevole protesta sfociò in una guerra civile. La fonderia che aveva prodotto martelli e chiodi prese a sfornare moschetti e cannoni; il dotto che fino al giorno prima era immerso nella contemplazione dei misteri dell'universo ora si dedicava alla balistica, ed esortava gli studenti alla pugna.
E non mancavano, in cotanta babilonia, coloro che, traendo vantaggio personale e collettivo dalle storture prodotte dalle mani insipienti del fanciullo, si opponevano strenuamente a qualsiasi cambiamento in tal senso. "Abbiamo diritto alla stortura! In essa è il segreto della notra prosperità!" gridavano, mentre la guardia regia proteggeva i loro cortei. Ora dopo ora, battaglia dopo battaglia, l'argilla si macchiava del sangue di quei minuti cittadini. L'odore ferroso di quello si mescolava all'acre e pungente puzzo di polvere da sparo, e le urla dei feriti si sovrapponevano al cupo ruttare delle bocche di fuoco e ai nitriti dei cavalli lanciati alla carica negli ampi viali in cui si riversavano i rivoltosi.
Il pingue giovinetto, vista l'impossibilità di riconciliare i propri sudditi, e stanco del frastuono insopportabile, chiuse la stanza a chiave dall'esterno e si recò in giardino per raccogliere le idee. In fondo temeva anche, grande e grosso com'era, che i rivoltosi potessero avere la meglio, e rivolgere verso di lui quell'artiglieria che, seppur piccina, sparava vero piombo. Dopo alcune ore il nostro fanciulletto si decise a tornare nella sua stanza, per informarsi sull'andamento del conflitto. Con un po' di fortuna, avrebbe constatato che l'ordine era stato ristabilito. Aprì la porta, se la richiuse dietro, e si avvicinò trepidante alla città d'argilla. Fu allora che per il bamboccio arrivò una seconda prima volta, nel giro di pochi giorni: la città era ormai ridotta a un cumulo di macerie, e i cadaveri dei suoi abitanti marcivano nelle strade. Nella piazza principale, un manipolo di soldati e cittadini sopravvissuti al massacro esultava: nella città non vi era la benché minima traccia di simmetria e armonia: il diritto aveva trionfato.

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